SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il piacere di ascoltare. Così potremmo sintetizzare l’incontro che si è svolto nel pomeriggio di giovedì 16 marzo all’Auditorium Comunale Tebaldini di San Benedetto, all’interno del corso di Comunicazione Sociale organizzato dalla cooperativa Ama Aquilone. Moderato dal giornalista del settimanale Vita No Profit (co-organizzatore del corso) Lorenzo Alvaro, Fofi, davanti ad un numeroso pubblico composto in gran parte di giovani studenti, ha letteralmente deliziato la platea partendo dal tema “Salvare gli innocenti. Una pedagogia per i tempi nuovi”.

Pedagogia, ruolo della scuola nella storia e oggi, mutamento della società: una carrellata di citazioni, idee, risposte, domande e anche qualche provocazione, non gratuita ma con l’obiettivo di stimolare una riflessione. Così il grande intellettuale ha incantato. “Oggi l’Università ha l’obiettivo di formare imprenditori, non uomini: è una truffa ai danni dei giovani. Viviamo in un mondo che dopo gli anni ’80 e ’90 è entrato in una fase nuova: il post-modernismo non era solo una invenzione degli scrittori americani, ma la realtà. Nel Terzo Mondo i bambini così sono sfruttati come mano d’opera a basso costo, mentre qui in Occidente l’infanzia non esiste più, i genitori hanno perso il ruolo di guida educativa e a tutto ci pensa il mercato, creando dei consumatori fin dalla primissima età”.

E ancora: “In Occidente non si governa con il manganello, ma con il comando dei mezzi di comunicazione e della cultura. Che da strumento di rivolta e riflessione è diventato uno strumento che addormenta: avevano ragione don Milani e Pasolini, la televisione andrebbe chiusa perché il potere vuole dei servi, delle menti addormentate. Eppure tra giornali, musei, case editrici, impiegati, tantissime persone vivono di cultura, ma senza legami, a fronte di un aumento delle pubblicazioni dell’otto mila per mille in trent’anni”.

Difficile trovare una cultura libera: oggi la cultura nei casi migliori ci lascia trascorrere bene del tempo ma non interviene nella società: ci vogliono pensiero e azione, come diceva Mazzini. Noi abbiamo tanti pensieri ma poche azioni”. E uno degli aneddoti più divertenti riguarda una telefonata di D’Alema, quando era Presidente del Consiglio: “Mi telefonò di notte per chiedermi se volevo diventare presidente della Rai, e dissi di Sì a patto che potessi chiudere Tv e Radio per tre anni tranne un’ora di trasmissione per gli anziani e i bambini. Il giorno dopo Enzo Siciliano divenne presidente della Rai, ma credo che D’Alema m’avesse chiamato soltanto perché ero antipatico a Veltroni”:

 

Una cultura che in Italia si va accentrando, mentre in passato anche “città come Catania riuscirono ad esprimere scrittori e intellettuali di altissimo livello. Oggi persino Firenze e Bologna sono scomparse come centri culturali, restano Milano dove ci sono i soldi e Roma con le tv, la politica e i salotti: quindi per fare carriera occorre stare lì, non a Fermo o San Benedetto, e questo è insopportabile e contrario alla storia italiana”.

“I conflitti sono necessari, sono la chiave di volta della storia, invece noi siamo dei castrati: capiamo cosa accade ma non reagiamo più. Io appartengo alla tradizione della non violenza attiva, non quella delle anime belle. Gandhi parlava di disobbedienza civile intendendo: non mentire, non fare il male e non collaborare con il male. Io riconosco che c’è bisogno di uno Stato e di leggi dello Stato, ma c’è anche il dovere di dire No, e l’unico esempio di disobbedienza civile in Italia è quello della Val di Susa, il movimento No Tav. Poi ovviamente la stampa italiana appena arriva un black bloc che tira un sasso ci va a nozze, anche perché chi paga la stampa italiana?” aggiunge Fofi.

E ancora, sulla scuola: “Mi sono diplomato maestro elementare nel 1955 a Gubbio, e non ho fatto per mia fortuna l’università”, oppure: “La scuola pubblica non è esistita sempre, è nata con la società industriale e a mio parere è finita con la società industriale. Nell’800 i socialisti e i laburisti rifiutavano la scuola di Stato in quanto borghese e monarchica. Poi, caduto il fascismo, tutto in un colpo abbiamo avuto la Repubblica, la Costituzione, il voto alle donne. La democrazia insomma, per quanto imperfetta. Eppure la classe dirigente è molto più ristretta rispetto al passato perché la democrazia è andata in tilt, e solo in pochi possono permettersi di studiare all’estero per diventare degli squali come i loro genitori”.

“La scuola ahimè a qualcosa serve ancora. Ma questo mondo non ha bisogno di questa scuola, ha bisogno di altro, sta mandando a morire questa scuola come nata nella società industriale, non so se c’è un piano del capitale per distruggere la scuola, ma di fatto sta avvenendo. Il ruolo di internet è impressionante ma in questi anni vediamo la fine del mondo che io ho conosciuto: la fine della fabbrica, la fine del cinema come alfabetizzazione di vaste fasce di pubblico. Quel momento storico è finito. La parola post-moderno è una realtà, c’è stato il Medioevo, poi l’Evo Moderno che è finito negli anni ’80-’90 del secolo scorso, anni di cui capiamo ancora molto poco perché il potere si è mosso diversamente rispetto al passato“.

E qui Fofi tocca aspetti come “la finanziarizzazione dell’economia, o la fine del lavoro che deriva anche da questo. Don Milani e Pasolini sono stati gli ultimi che hanno capito come agire in qualità di pedagogisti dalla parte dei poveri. Ad esempio Esprit è la rivista degli intellettuali cattolici francesi, molto vivace, e hanno fatto un numero intitolato: Dove sono i profeti? Rispetto allo spavento della post-modernità, siamo pieni di psicologi e intellettuali che non riescono ad entrare nella realtà, perché scrivono per i loro colleghi e i loro rivali. Oggi c’è bisogno di profeti e utopia, per guardare all’orrore delle cose che accadono e che ci succederanno. Per questo associo al concetto di scuola il concetto di democrazia”.