Aridità 7,5: Di gran lunga il migliore in campo fra i rossoblu, si produce in diverse parate che tengono in piedi i suoi compagni di squadra che, sotto di un gol e in dieci uomini, a un certo punto sembravano sul classico orlo del precipizio. Alla fine sono le sue “manone” che permettono di portare a casa da Salò un punto insperato.

Rapisarda 6: Michele Serena costruisce due catene formidabili a tratti, sia a destra che a sinistra. Il duo Tassi-Parodi mette in difficoltà più di una volta Rapisarda ma va detto che nell’economia del duello pesa troppo il pachidermico centrocampo rossoblu, troppo ingessato per dare una degna copertura e l’aiuto di cui il terzino siciliano avrebbe avuto bisogno.

Mori e Mattia 5,5: Presidiano abbastanza bene il centro dell’area e sono fin troppo bravi a non farsi prendere in velocità dagli avanti della Feralpi. Qualche errore grossolano lo fanno anche loro però: il modo in cui Guerra sfugge via a tutti centralmente grida ancora vendetta. Per fortuna l’attaccante verdeazzurro grazia Aridità e spedisce la palla alta.

Pezzotti 6: Il discorso fatto per Rapisarda vale allo stesso modo per Pezzotti, troppo solo contro Settembrini e Gambaretti che producono cross e discese sulla fascia neanche fossero una catena di montaggio. I raddoppi dalle mezze ali faticano ad arrivare, nella ripresa però, l’entrata del più dinamico Lulli assieme all’espulsione del terzino lombardo, gli evitano brutti sogni.

Sabatino 5: Dove sei? Il Sabatino di Salò è ancora più brutto della brutta copia che ammiriamo da qualche mese, lontano parente del baluardo della mediana di inizio campionato e dello scorso anno. Sempre in ritardo e in evidente debito di ossigeno e lucidità, paga l’attuale condizione regalando pure un rigore alla Feralpi, nato da un suo intervento fuori tempo.

Bacinovic 5: “Lavoro per dimostrare a tutti che si sbagliano quando dicono che non sono più il Bacinovic di una volta” queste le parole dello sloveno dopo la partita contro  il Bassano. Dopo Salò possiamo affermare, senza paura di essere smentiti, che di lavoro l’ex Palermo ne deve fare ancora, perché i ritmi che dà al centrocampo sono più da partita di cricket che da match di calcio.

Damonte 5: Da una mezz’ala ci si aspetterebbe un certo dinamismo e una velocità, sia in inserimento che in ripiego, che vada un po’ più in là della “modalità tartaruga”. Le caratteristiche di Damonte, però, sono quelle e forse l’errore è stato schierarlo in campo dall’inizio. (Dal 74′ Lulli 6: A vedere come cambia il dinamismo della Samb dopo il suo ingresso verrebbe da dire: “Perché non è entrato prima?”)

Agodirin 5: Fatichiamo, per tutti i 90 minuti, a capire di preciso quale sia la sua posizione. Tremendamente difficile per l’attaccante riuscire a trovare spazio, lo cerca fra le linee ma il massimo che riesce a produrre è un tiro sgangherato da 35 metri.(Dal 75′ Vallocchia 6: Va a un’altra velocità rispetto ad Agodirin e quello che mostra quando entra (pronti e via una bella progressione con tanto di mancino insidioso che poteva pure regalare alla Samb un incredibile vantaggio) fa sorgere altri dubbi sulle scelte iniziali di Sanderra.

Sorrentino 5: Fa fatica a tenere su qualsiasi pallone, è lento nei movimenti e prevedibile in ogni giocata tanto che il mister lo sostituisce, dopo un’ora, con Bernardo (5 pure lui) ma la situazione non cambia affatto.

Mancuso 6,5: E’ l’unico che almeno ci prova davanti. Non stiamo dicendo che ci riesca particolarmente bene, ma almeno prova a muovere l’encefalogramma piatto dell’attacco rossoblu, è lui di fatto l’unica fonte di pericolo che la Samb riesca a produrre a Salò. Nell’economia della sua prestazione conta pure il rigore realizzato, dopo qualche errore nel girone di andata sembra in stato di grazia e ora come ora infilerebbe in rete qualunque pallone buono, figuriamoci un rigore.

Sanderra 5-: Che la Feralpisalò avrebbe fatto della scaltrezza e rapidità delle sue mezze ali e ali il punto focale della partita si sapeva e alla luce di questo sorprende la scelta di un centrocampo davvero troppo statico per caratteristiche, scelta che condanna la Samb sempre sull’orlo dell’affondamento quando, forse, avrebbe potuto galleggiare molto meglio.