SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Sabato 4 marzo si è svolto il coordinamento delle Imprese esercenti la pesca con le reti gemelle, rappresentanti la quasi totalità dell’armamento del Porto di San Benedetto del Tronto, che all’unanimità ha approvato un importante documento.

La marineria sambenedettese ha aderito allo sciopero e partecipato alle manifestazioni a Roma per protestare contro le disposizioni contemplate nell’ art. 39 della Legge 154/2016 in quanto si individuano in esse una formulazione altamente punitiva che non tiene minimamente conto della specificità della pesca adriatica.

Di fatto l’attuale regolamentazione europea, recepita dal Governo italiano, è tutta dettata dalle prerogative tipiche delle nazioni del Mare del Nord dove ormai da decenni esistono le TAC – Total allowable catches o Totale di Catture Ammissibili e sono presenti casi eclatanti di rigetto in mare delle catture cosiddette “non desiderate”, cioè fuori quota.

Tutte le disposizioni previste: dalle telecamere a bordo alla descrizione analitica del pescato e al controllo satellitare sono frutto di una concertazione condivisa tra gli Stati del Nord Europa e le loro associazioni di categoria e gli enti locali sulla base di una ricerca scientifica accurata che stabilisce annualmente la biomassa disponibile nelle zone di pesca comunitarie.

Della nostra realtà non c’è comprensione e soprattutto queste normative non sono mai state condivise né elaborate con l’armamento italiano sempre più scollegato dalle Associazioni di categoria e non sono frutto di una ricerca scientifica rigorosa e puntuale atta a definire dettagliatamente la risorsa disponibile e i modi e i tempi per il suo prelievo.

Dopo dieci Piani triennali per la pesca, trenta fermi biologici ed oltre 4 miliardi di euro spesi in questo settore negli ultimi trenta anni ci ritroviamo con il dimezzamento della flotta, il dimezzamento degli equipaggi, il dimezzamento del pescato e il raddoppio della dipendenza dall’estero con una bilancia negativa di oltre tre miliardi di euro annui, con il mondo della ricerca fermo e ignorato.

La pesca italiana di fatto non ha una governance credibile che possa legittimamente imporre normative senza sollevare proteste e malcontenti nelle categorie di pescatori che diventano vittime dell’inefficienza amministrativa.

Alla luce di questa premessa il Coordinamento delle Imprese esercenti la pesca con le reti gemelle propone quanto segue:

Trattativa incessante con la Croazia per la definizione comune delle giornate e delle quantità di pesca commisurate alla realtà demografica. Ciò in quanto in questi ultimi anni si è riscontrato un incremento esponenziale della flotta da strascico passato a 604 imbarcazioni di grosso tonnellaggio di gran lunga superiori alle reali esigenze alimentari della popolazione esistente. Infatti su una popolazione di 4,2 milioni di abitanti operano 8954 imbarcazioni di pesca con un totale di 54.000 GT e 440.000 HP. In Italia con una popolazione di quasi 60 milioni di persone operano 12500 imbarcazioni con un totale di 164.000 GT e un milione di HP. E’ evidente questo sproposito che sta mettendo a durissima prova la risorsa ittica del Medio Adriatico considerando che la pesca dei croati è estesa in tutti i giorni della settimana ed è quindi necessario adeguarla ai nostri 4 giorni, almeno nelle aree di pesca comuni.

Determinazione dell’attività in quattro giornate di pesca alla settimana per le reti singole e tre delle cosiddette reti gemelle. Nell’ area della Fossa di Pomo le reti singole potranno pescare tre giorni e una quarta in altra zona mentre le reti gemelle potranno pescare due giorni e una terza anche esse in altra zona. A questo proposito si chiede una verifica della ricerca “Indagine preliminare dell’impatto sul fondale marino” effettuato nel luglio del 2009 dall’ Ismar-CNR di Ancona per conto del Consorzio Unimar da eseguire sui fondali della fossa di Pomo, che porti ad annullare il Decreto del 21 gennaio 2009. Vista l’esperienza del passato si reputa necessario prevedere il recupero delle giornate di pesca, perse in caso di condizioni meteo negative, soprattutto coincidenti con il periodo natalizio, in un periodo successivo di almeno tre mesi.

Senza conoscenza delle risorse disponibili non si può parlare di organizzazione della pesca in mare, soprattutto in un’areale come quello rappresentato dalla Fossa di Pomo, oggi fortemente vincolato, e dalla specificità degli altri areali del Medio Adriatico. Si sollecitano quindi continui monitoraggi da parte del mondo della ricerca abbinato alle esperienza dei pescatori affinché venga determinata la biomassa esistente e di come possa essere soggetta al prelievo senza intaccare la sua sostenibilità. Questo per dar modo a fermi biologici mirati. Considerando le caratteristiche degli areali del Medio Adriatico è necessaria la realizzazione di una Authority distrettuale partecipata anche dalla parte croata per una loro equilibrata gestione.

“Questa svolta va sostenuta e già da ora si ha l’ interesse dell’ assessore  Olivieri e del consigliere regionale Urbinati per incontrare al più presto  il neo assessore regionale alla pesca  Angelo Sciapichetti per avere un supporto politico che potrebbe essere determinante nei rapporti con la Direzione Generale della Pesca” affermano dal Coordinamento.