ROMA – Triglie, merluzzi, canocchie e alici cominciano a mancare dai banchi del mercato dopo la prima settimana di protesta delle marinerie nazionali che hanno lasciato le barche ferme in porto con la disponibilità di pescato nazionale che ora è già praticamente dimezzata. E’ quanto emerge da un monitoraggio di Impresa pesca Coldiretti sugli effetti della mobilitazione per correggere le pesanti multe sullo sbarco e sulla messa in commercio del pescato sotto-taglia minima che nascono dall’applicazione dell’art.39 della Legge 154/2016.

“Una protesta – sottolinea Impresa pesca Coldiretti – che è partita proprio in occasione della Quaresima quando tradizionalmente aumenta la domanda che in Italia nel 2016 ha fatto registrare – secondo elaborazioni Coldiretti su dati Ismea – un vero balzo del 4,5% negli acquisti familiari di pesce fresco in netta controtendenza con la crisi dei consumi alimentari e generali”.

“Nei mari italiani si pescano all’anno circa 180mila tonnellate di pesce con la flotta peschereccia italiana che conta circa 13mila imbarcazioni ma – sottolinea la Coldiretti – negli ultimi 30 anni sono stati persi il 35 per cento dei pescherecci e 18mila posti di lavoro”.

E le importazioni di pesci e crostacei, molluschi e altri invertebrati acquatici sono aumentate in quantità del 3% nei primi undici mesi del 2016 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat. Con il calo del pescato nazionale aumenta il rischio di trovarsi quello straniero nel piatto e il consiglio di Coldiretti Impresapesca è di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (Gsa).

Le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta).

Il sistema di multe progressive scoraggia gli acquisti di pesce da parte del commercio e della grande distribuzione organizzata (sui quali pesa il rischio sanzioni al pari dei pescatori), causando un generale crollo dei prezzi del pescato. Da la rinuncia ad uscire in mare e l’appello a rivedere il provvedimento, anche sulla base della disponibilità emersa ai tavoli istituzionali avviati dalla Direzione Generale della pesca e acquacoltura del Ministero delle Politiche Agricole.

Una necessità, sottolinea la Coldiretti, per non compromettere il valore della nuova legge che nel suo complesso viene incontro a molte delle richieste manifestate dalle marinerie italiane in particolare per quanto riguarda l’aumento delle sanzioni nei confronti della pesca di frodo messa in atto da pescatori non professionali.

Importante, continua la Coldiretti, anche l’eliminazione di sanzioni nel caso in cui in fase di controllo ed ispezione a bordo di barche da pesca professionale fosse rilevata la presenza di pescato sotto-taglia minima per le specie tutte le specie diverse dal tonno e pesce-spada anche se resta il divieto di sbarco.

Apprezzabile è stato anche lo sforzo per reprimere le violazioni in materia di etichettatura dei prodotti ittici previsto nella norma. Oltre alla legge restano però irrisolti altri problemi per la marineria come, conclude la Coldiretti Impresapesca, il pagamento del fermo biologico 2015 e 2016, uno snellimento degli adempimenti relativi alle licenze di pesca con auspicata semplificazione, una diversa gestione delle politiche relative al mercato e alle Organizzazioni Produttori nel contesto della nuova P.C.P., e da ultimo, sul lato Regioni, il grave ritardo dell’attuazione del Feamp, con la prossima scadenza del 2018 entro la quale dovrebbero essere spese oltre il 60% delle disponibilità finanziarie dell’intero periodo.