SAN BENEDETTO DEL TRONTO – La salute prima di tutto. Il vecchio adagio, accostabile ai premurosi consigli della nonna, dopo il pomeriggio del 19 dicembre, può trovare terreno fertile anche nella politica sambenedettese. Di oggi infatti la prima riunione della Commissione Sanità, organo consultivo straordinario tanto voluto dall’amministrazione quanto discusso nella sua genesi. Il motivo? Semplice. Un consiglio comunale, in termini di pura competenza, fra Regione e Direzione dell’Asur, ha le stesse chances di imporsi che avrebbe un pincher in una gabbia di pit bull.

Sanità e Regione, “non può essere partita politica”

Questo però non vuol dire dire che un organo istituzionale cittadino, seppur spogliato di qualsivoglia potere deliberativo, non possa dibattere su “un tema che attiene alla sfera personale e dei diritti di un cittadino”, questo difatti il solco che ha voluto tracciare fin da subito il presidente di commissione Giovanni Chiarini. Gli fa eco sostanzialmente anche il Sindaco Piunti, che, presente per tutto l’incontro, mette le mani avanti: “la Regione non può giocare sulle differenze politiche, la questione attiene solo a un territorio che ha precise esigenze sanitarie e vogliamo ciò che ci spetta“. Facile assioma di una dinamica politica in cui l’attore col portafogli in mano ha un colore politico mentre le amministrazioni dei due “hub” sanitari principali del nostro territorio (San Benedetto e Ascoli) ne hanno un altro.

Ogni anno milioni di euro prendono l’A14 verso Ancona”

Numerosi, nel prosieguo dei lavori, gli interventi dei consiglieri. E tutti con un tratto distintivo comune: il riconoscimento generale dell’attuale situazione “desertica” della sanità sambenedettese. Un’analisi deduttiva neanche troppo faticosa a dire il vero, basta infatti farsi un giro all’ospedale e cercare i reparti che non ci sono più, molti dei quali negli anni migrati verso Ascoli. E la questione dei reparti che hanno trovato una casa più accogliente al “Mazzoni” è tra le più gettonate. “Il Madonna del Soccorso ha perso i pezzi in questi anni, il pronto soccorso è al collasso e i medici fanno turni bestiali” parole e musica di un ispirato Marco Curzi che poi affonda: “è arrivato il tempo di decidere cosa deve stare qui e cosa ad Ascoli, la politica deve avere il coraggio di alzare la voce e far sentire alle istituzioni ciò che non va” chiosa il consigliere che dà anche lui la sua bella dose di colpe alle dinamiche regionali: “produciamo 18 milioni l’anno derivanti dalla mobilità attiva (flusso di entrate per l’erogazione di servizi sanitari sul territorio ad assistiti da ente di un altro territorio n.d.r.), se solo una parte rimanesse qui avremmo una situazione diversa e invece questi soldi prendono l’autostrada A 14 verso Ancona e verso l’Ospedale Torrette, che però non può sopravvivere alle nostre spalle”.

De Vecchis il “barbudo”

Inevitabile un continuo riferimento alla politica regionale, d’altronde è una questione di competenze e per un Pellei che si chiede “dove sono i consiglieri regionali eletti in questo territorio?” c’è un Giorgio De Vecchis che come spesso gli capita usa la lingua come fosse un’accetta: “è la politica regionale, da sempre pletora di incarichi politici e clientelari, che ha devastato il nostro ospedale. Siamo nel terzo millennio e possiamo benissimo dire che la sanità qui funzionava molto meglio nel 1970” chiosa il consigliere.

Quali le soluzioni allora? Per Domenico Pellei ci vorrebbe “un Consiglio Comunale Aperto” soluzione che fa storcere invece il naso a un rassegnato De Vecchis secondo cui “l’unica strada è la rivolta popolare, solo in questo modo in Regione ci staranno a sentire. La Regione” prosegue poi il politico “non può ragionare in termini di costi e ricavi con la sanità ma in termini di costi e benefici, è così che funzionano i servizi pubblici” questi i passaggi caldi dell’intervento di un De Vecchis, con tanto di barba lunga, che si riscopre curiosamente “revolucionario”. E qui l’accento cubano è d’obbligo.

L’incontro prosegue con gli interventi di Flavia Mandrelli, che richiama tutti a fare un punto sulle esigenze particolari della sanità cittadina, e di Antimo Di Francesco che parla della necessità di “dirottare investimenti sanitari nel nostro territorio, per risolvere le criticità contingenti prima di parlare di Ospedale Unico, solo una prospettiva futura” per il capogruppo del Pd. Si arriva finalmente a pronunciare queste due parole, Ospedale Unico. Parole che fanno alzare subito dalla sedia un De Vecchis che si era appena placato: “L’Ospedale Unico non è giusto come concetto” commenta il consigliere del “terzo polo”, che rincara la dose “per fare una somma ci vogliono due addendi e qui l’unico ospedale che rimarrà sarà quello di Ascoli, non sarà un ospedale unico se rimane solo il “Mazzoni” e poi lo spostiamo a Castel di Lama.”