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Nei supermercati, ormai, è diventato un tormentone: biscotti senza olio di palma, pasta sfoglia senza olio di palma, merendine senza olio di palma, fette biscottate senza…glutine. E anche senza olio di palma.

Gli scaffali traboccano di dolci e dolcetti, pane e prodotti da forno, tutti con la fantomatica scritta ben visibile sull’etichetta. Le aziende, che vanno sempre incontro alle richieste del consumatore, non hanno esitato ad adattarsi all’ultimo scandalo alimentare, eliminando l’odioso ingrediente dalle proprie ricette.

Ma, recentemente, c’è chi si è schierato nella fazione opposta. Piccoli consumatori e grandi produttori, spiritosi del web, esperti di nutrizione, hanno cominciato a farsi sentire pubblicamente. L’ultima divertente trovata viene da Roma, dove il prossimo giovedì, l’8 dicembre, si celebrerà la festa più grassa di sempre: la Sagra dell’Olio di Palma. Durante l’incontro, che si svolgerà in Piazza del Popolo, si riuniranno neofiti e praticanti abituali dello scofanamento, per un gigantesco pasto collettivo comprensivo di colazione, aperitivo e pranzo. E non finisce qui: chi non sarà ancora sazio, il 10 dicembre potrà partecipare anche alla Sagra di Lucca, che propone degustazioni e abbinamenti.

Queste sono solo alcune delle tante voci che oggi si scontrano, strillano, argomentano, nel grande dibattito sull’olio di palma; quest’olio, insomma, è buono o cattivo? E perché se ne parla così tanto?

Identikit dell’olio di palma: il prodotto, in realtà, comprende due categorie; l’olio dei frutti di palma snocciolati, che si ottiene tramite spremitura, è una sostanza semisolida di colore biancastro, comunemente usata per produrre la margarina e come olio alimentare in molti prodotti dolciari. L’olio dei semi di palma, invece, ha una diversa composizione, ed è la materia prima di glasse e canditi.

La particolarità del dato alimento, una delle ragioni che lo rende così inviso ai consumatori, è il suo alto contenuto di grassi saturi.

Esistono due tipi di acidi grassi, divisi in base alla struttura molecolare: i saturi e gli insaturi. Entrambi possiedono una “testa”, formata da carbonio e ossigeno, e una coda più o meno lunga di atomi di carbonio e di idrogeno. Forse sembrerà curioso che un alimento tanto calorico sia formato anche da atomi gassosi, ma l’idrogeno, il carbonio e l’ossigeno sono gli elementi base di ogni materiale organico, dalle verdure alle torte al cioccolato. Ebbene, i carboni di questa coda possono legarsi tra loro con un legame singolo o uno doppio; quando tutti i carboni hanno legami singoli, la catena è dritta, e l’acido grasso si definisce “saturo”. Al contrario, se si formano doppi legami tra alcuni atomi, la catena si piega bruscamente, diventa storta, e da origine ad un grasso “insaturo”.

In base a queste informazioni, si potrebbe pensare che le catene lineari siano le migliori; in realtà, è esattamente il contrario, almeno per le esigenze dell’organismo umano: i grassi saturi, proprio perché sono dritti, si avvicinano di più gli uni agli altri, e si aggregano in modo più stretto. Il corpo fatica molto a sciogliere questi aggregati durante la digestione, e ciò è all’origine di vari effetti indesiderati, come l’aumento di colesterolo.

I grassi insaturi storti sono invece più facili da assimilare, e hanno anche proprietà benefiche. Il beneamato Omega3, per citare un esempio, è un acido grasso insaturo prodotto dal fegato dei pesci.

Tornando all’olio di palma, questo ha effettivamente una digeribilità molto più bassa rispetto ad altri olii; questo però non lo rende di per sé una sostanza tossica, o particolarmente dannosa. Ingerire olio di palma ha più o meno lo stesso effetto che mangiare il normale burro da cucina. Come per ogni cosa, è l’eccesso di consumo che fa male alla salute.

Ecco spiegato perché alcune aziende, invece di seguire la moda ed eliminare l’ingrediente dai loro prodotti, lo hanno mantenuto e continuano a difenderlo pubblicamente. In prima linea si è schierata la Ferrero, produttrice della Nutella. Non è difficile capire perché la loro difesa sia così accanita: l’olio di palma è un componente fondamentale della famosa crema al cioccolato, sostituirlo significherebbe stravolgerne sia il sapore che la consistenza.

Al di là del sapore della Nutella, le pressioni sull’olio continuano, anche se è stato dimostrato che non c’è pericolo ad assumerlo. La sua presunta tossicità, per dirla tutta, è solo una falsa voce diffusa dai gruppi ambientalisti; lo scopo è spingere i consumatori a boicottare un prodotto che, secondo loro, ha un forte impatto sull’ecosistema.

In effetti, i numeri in questo ambito parlano chiaro: l’Indonesia e la Malesia, dove si concentra l’86% della produzione mondiale di olio di palma, stanno subendo una massiccia deforestazione. Decine di ettari di foresta pluviale sono incendiati giornalmente per far posto alle piantagioni di palme; alcuni produttori sono monitorati perché occupino spazi legali, ma altri sfuggono ancora alle verifiche internazionali.

Per questo, piuttosto che rinunciare all’olio di palma, si sta cercando di avere un maggiore controllo sulla sua produzione; grazie all’impegno di Greenpeace, colossi come la Ferrero hanno attuato una politica severa per certificare la provenienza delle materie prime, e ora ne parlano con orgoglio. Gli stessi ambientalisti, visti i promettenti risultati, si stanno convincendo sempre più che questa sia una migliore strategia da adottare, rispetto all’allarmismo alimentare.

Oltretutto, eliminare totalmente l’olio di palma dalle industrie è impossibile: le piante sono coltivate con facilità e rendono moltissimo; l’estratto dei frutti ha un eccellente rapporto fra costi di produzione e resa, l’olio ha una particolare consistenza che risulta fondamentale per rendere cremosi molti dolci.

Innumerevoli aziende lo considerano indispensabile per la loro economia. L’applicazione non è solo alimentare: la stragrande maggioranza dell’olio è usato comunemente nel settore farmaceutico, chimico, cosmetico, e perfino come biocombustibile.