Di Alessandro Maria Bollettini

GROTTAMMARE – Qualche giorno fa il Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, parlava di un 20% di imprese solide, un 20% di imprese che non resistono ed un 60% di aziende in bilico, che resistono ma senza certezze a lungo termine. Addossare tutta la colpa alla crisi economica che attanaglia l’Italia dal famoso 2008/2009, non è un modo sano per risolvere i problemi, e nonostante il nostro Paese rimanga ad oggi la seconda industria europea, seconda solo a quella tedesca, ogni giorno dei piccoli imprenditori sono costretti a chiudere le proprie attività o a richiedere dei finanziamenti destinati a non essere rimborsati. Come mai chiudono migliaia di aziende ogni anno? Perché i manager delle grandi imprese preferiscono delocalizzare abbandonando l’Italia ed i suoi impiegati?

Nel Bel Paese, si sa, la pressione fiscale ha raggiunto dei vertici inammissibili per uno Stato che vuole puntare sulla produzione e sull’esportazione del prodotto, il famoso “Made in Italy”, piuttosto che sull’importazione dall’estero. Gli imprenditori non sono stimolati ad investire, e sono costretti a versare all’erario, spesso in tempi brevissimi, buona parte del proprio reddito, faticosamente formato durante l’anno.

A tal proposito si è svolta il 26 novembre una conferenza stampa a Grottammare, presso l’hotel Parco dei Principi: “Fisco, Equitalia e banche. La soluzione per una legittima difesa” indetta dall’associazione Tutela Impresa collegata con Casartigiani.

Sono intervenuti l’avvocato Carlo Taormina (studio legale in Roma), Giuseppe Tosoni (presidente Tutela Impresa), l’avvocato Andrea Broglia (delegato provinciale Tutela Impresa) e Marco Romano (delegato nazionale Tutela Impresa per risanamento a sviluppo e micro imprese).

L’avvocato Carlo Taormina afferma che “quando si supera il 60-70% di tasse, è come se si fosse lavorato otto mesi per lo Stato e tre-quattro mesi per se stessi.” L’avvocato prosegue “in Italia la micro-impresa è l’ossatura dell’economia, se muore la micro-impresa muore anche la nostra economia”.

E allora come aiutare le micro-imprese italiane? “L’associazione Tutela Impresa è nata proprio per questo: studiare lo stato di salute delle aziende e proporre soluzioni rapide per il risanamento ed il successivo rilancio, in un mondo globalizzato che ha sempre più competitors, provenienti da sempre più Paesi – afferma Marco Romano, delegato Tutela Impresa – fornisce opinioni, ma anche soluzioni pratiche, da cercare insieme; si cerca di riportare in auge l’imprenditore italiano”.

Tutela Impresa vuole fungere anche da schermo contro una eccessiva e spesso errata pressione fiscale. È sempre meno raro infatti che le aziende paghino più di quanto debbano realmente pagare allo Stato. Le indagini del fisco si basano spesso su semplici indizi finanziari che però il più delle volte sono insignificanti dal punto di vista reddituale. “Questo metodo per indizi ha portato allo Stato dai 2 miliardi del 2004 ai 15 miliardi del 2015: c’è un aumento progressivo a causa di questa metodologia errata, che però viene usata in quanto più semplice” commenta il presidente dell’associazione Giuseppe Tosoni. Prosegue sempre il presidente: ”Si è settuplicata la somma che lo Stato percepisce, ma i redditi degli imprenditori sono cresciuti nella stessa misura in questi anni? Si sono settuplicati? Chiaramente la risposta è no”.

Il Governo si sta muovendo in tal senso. Dal primo ottobre 2016, la materia dell’ anatocismo con riferimento ai contratti bancari, quindi a mutui, finanziamenti, affidamenti, scoperti di conto e aperture di credito, dovrebbe avere una regolamentazione stabile e definitiva dopo anni di polemiche, sentenze e andirivieni del legislatore. Da tale data, infatti, le banche devono necessariamente adeguarsi al disposto del decreto del ministro dell’Economia (nella sua qualità di presidente del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio ) n. 343 del 3 agosto 2016, il quale finalmente attua l’articolo 120 del Testo unico bancario (Tub) che, a sua volta, contiene i principi direttivi per la disciplina dell’anatocismo bancario, demandando però la concreta regolamentazione della materia appunto a una determinazione del Cicr. E’ stata definita dall’avvocato Andrea Broglia (delegato provinciale Tutela Impresa) “la pratica usuraia dell’interesse sull’interesse.” Questo meccanismo, per fortuna rimosso, metteva in ginocchio il contribuente, che vedeva il proprio debito crescere sempre più e diventare con il tempo sempre più insolvibile.

Carlo Taormina afferma che (ex Forza Italia dal 1996 al 2007) “E’ stato difficile il ventennio berlusconiano che ha portato l’Italia, soprattutto durante il Governo Monti, a dover inasprire la propria posizione nei confronti dei contribuenti ma alla luce dell’ultimo periodo non è stato invece così male”.

La speranza è che il rapporto Stato-contribuente torni con il tempo alla normalità e che venga concessa in tal senso all’Italia una maggiore flessibilità da parte dell’UE, che le permetta di imporre meno tasse, di pretenderle in tempi più larghi e di investire in ricerca e sviluppo, in modo da salvare le micro-imprese e da far espandere le aziende più solide.