Sono molto colpito dai cori da stadio e dall’animosità delle opposte fazioni di guelfi e ghibellini che costellano il dibatto su un referendum di grandissima importanza, che deve avallare o bocciare la riforma della legge fondamentale del nostro ordinamento, nientemeno che la Costituzione Italiana.
Ciò che dovrebbe attenere esclusivamente alla coscienza e alla sensibilità individuale verso un patrimonio che è di tutti, è diventato terreno di scontro tra partiti e movimenti, e i loro seguaci spesso accesi e folkloristici.

A mio parere c’è poco da disquisire, perché già in partenza esiste una pregiudiziale di metodo talmente forte da vanificare qualunque discussione, un grave peccato originale che voglio spiegare: c‘era una volta Montesquieu che teorizzava la separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario a garanzia di reciproco controllo e di massima democraticità, tesi che è divenuta un vero caposaldo della cultura e delle democrazie occidentali.

Oggi troviamo un presidente del consiglio capo dell’Esecutivo, che si permette di promuovere una riforma del testo costituzionale, che è massima espressione dal potere Legislativo, e fa addirittura campagna elettorale iper-attiva spendendosi in prima persona insieme a tutti i ministri del suo governo, personalizzando demagogicamente la battaglia referendaria: questo approccio è già per me più che sufficiente per bocciare la riforma, che è irricevibile ancora prima di iniziare la discussione di merito.

Appare fin troppo evidente a chi ha qualche rudimento di diritto pubblico o costituzionale, che il dibattito in corso è assurdo proprio perché fondato su una prevaricazione dei poteri, su una riduzione di democrazia, su ricatti di bassa lega del tipo se vince il NO mi dimetto, cade il governo, e falliscono otto banche, se vince il SI arriva la quattordicesima alle pensioni e il governo diventa più forte in Europa, insomma il peggio che si possa mettere in campo (per la verità emergono pessime argomentazioni da entrambi gli schieramenti).

Per avvicinarsi al testo Costituzionale serve grande rispetto: va maneggiato con cautela, motivando ogni virgola che si vuole toccare con valide argomentazioni di merito e alti obiettivi da raggiungere. Ci troviamo invece di fronte ad una banalizzazione della Costituzione e delle ragioni della riforma, ridotte in ultima istanza alla necessità di cambiare tanto per farlo, personalizzando una battaglia di consenso pro o contro la figura di Renzi.

In questo percorso, il leader è seguito con entusiasmo da buona parte del Partito Democratico, un tempo orgoglioso della propria democrazia interna e refrattario ai personalismi, e oggi ridotto a idolatrare un padrone assoluto.

Entrando brevemente nel merito della riforma, gli obiettivi dichiarati sono sostanzialmente la riduzione dei costi della politica e la semplificazione dell’iter legislativo, argomenti tutto sommato di poco conto rispetto ai problemi che ne possono conseguire.

  1. Se si vuole veramente scardinare il bicameralismo perfetto, non si capisce perché non abolire del tutto il Senato invece di mantenere la mangiatoia come si è fatto per la falsa abolizione delle provincie, di fatto togliendo solo la possibilità di scelta elettorale al popolo sovrano, per sostituirlo con le segreterie di partito. Per di più si vorrebbe popolare il nuovo Senato di persone che hanno già altri incarichi onerosi in regione e nei comuni, così probabilmente non riusciranno a fare bene né l’una e né l’altra cosa.
  2. Il nuovo Senato avrebbe competenze nei rapporti con le regioni e con l’Unione Europea, il che si sostanzia in una infinità di materie che vanno di fatto ad aumentare la confusione e i potenziali conflitti di competenza con la Camera dei deputati, tutto l’opposto della semplificazione.
  3. Il costo della politica è un falso problema in termini assoluti, ma volendo affrontarlo non serve nessuna modifica della Costituzione per ridurre le indennità, i vitalizi, e dimezzare ad esempio il numero dei deputati visto che oggi Camera e Senato fanno lo stesso lavoro ma il secondo ha la metà dei componenti. Si può fare immediatamente e facilmente, ma non c’è alcuna volontà di farlo.

Ci sono molti altri argomenti minori che caratterizzano strumentalmente il dibattito, ne cito solo tre:

  1. Per il NO l’attuale parlamento non è legittimato a fare una riforma così importante perché è stato eletto con una legge elettorale dichiarata incostituzionale: è vero, ma comunque fino a nuova legge e nuova elezione resta pienamente legittimato l’attuale parlamento o sarebbe la paralisi: semmai si può parlare di inopportunità.
  2. Per li SI l’argomentazione che viene tirata fuori in extremis quanto nient’altro ha funzionato, è “intanto iniziamo a cambiare, è già qualcosa”, poi si potrà migliorare in seguito. No grazie, non stiamo giocando con una leggina qualsiasi, se si vuole modernizzare la Costituzione italiana ci sono modi, tempi e strumenti idonei per farlo, così è inaccettabile il contenuto della riforma, i toni della campagna, i metodi che sono stati utilizzati.
  3. Facendo una accurata analisi di dettaglio di tutte le proposte, emergono alcuni punti che possono anche essere potenzialmente positivi e condivisibili, come l’abolizione del CNEL, ma dovendo esprimere una scelta secca SI o NO su tutto il pacchetto, per me è decisamente NO. Ho letto sui social un paragone che rende molto bene l’idea: “per un’unghia incarnita non mi faccio certo amputare una gamba!” (cit)

Una considerazione su quella che è stata definita “l’accozzaglia” del NO, perché composta da personaggi diversissimi tra loro: non mi sembra certo una sorpresa, non si sta decidendo il prossimo governo, è in gioco il destino di una ottima carta costituzionale che se fosse pienamente applicata sarebbe di gran lunga la migliore nel panorama delle democrazie occidentali, e mi sembra normale che moltissimi vogliano difenderla.
Il fronte del NO può essere solo molto vasto, proprio perché sono troppo predominanti le motivazioni per respingere la riforma rispetto a quelle favorevoli.

Ognuno potrà informarsi e valutare per poi scegliere, ma dovrà fare una riflessione esclusivamente individuale lasciando perdere schieramenti e partiti che non c’entrano niente un questa tornata: occorre affidarsi alla propria sensibilità per capire se è il caso di lasciar apportare queste modifiche alla Costituzione o se è il caso di bocciarle e lasciare incontaminato il testo. Non c’è quorum, l’esito del referendum sarà dettato dalla maggioranza dei partecipanti, quindi è importante andare a votare SI’ o NO per far valere la propria scelta, e non delegare a pochi altri il futuro di tutti.