GROTTAMMARE – Il Comitato per il sì si è riunito, nella serata del 25 novembre, nella Sala consiliare e discute il merito della riforma che gli italiani dovranno approvare o respingere il prossimo 4 dicembre.

In compagnia degli esponenti politici locali, tra cui Margherita Sorge e Fabio Urbinati, siede il professor Luca Castelli. Il docente di diritto pubblico presso l’Università degli studi di Perugia e autore del libro “Il senato delle autonomie” si schiera a favore del sì e minimizza la portata di questa riforma.

Gli articoli interessati da questa modifica sono 47 – spiega il docente – ma 15 subiscono solo una modifica redazionale”. Al netto di tali aggiustamenti resterebbero comunque 32 articoli da modificare. Al di là della questione quantitativa l’obiettivo di Castelli è il merito della riforma.

I membri della Costituente sono stati i primi ad essere insoddisfatti del compromesso sul bicameralismo” spiega il costituzionalista umbro che ricorda il malumore di Mortati e Dossetti. Quest’ultimo ha però detto che il patto realizzato dalla Costituzione era stato “non un qualunque compromesso ma un solido edificio in cui hanno confluito, al di là dei contrasti politici anche molto aspri e talvolta cruenti, le tre grandi tradizioni: liberale, cattolica e social comunista”.

Questo testo serve a superare il bicameralismo perfetto che è un assetto che abbiamo solo in Italia e Romania” spiega il docente umbro. In realtà è doveroso ricordare che le due camere restano e per ben 22 materie le leggi dovranno passare obbligatoriamente tanto il vaglio della Camera dei deputati quanto del Senato e anche per le altre materie ci sarà un rimbalzo al Senato, se questo ne farà richiesta. Il Ddl parte dalla Camera e viene approvato, nei successivi 10 giorni almeno 1/3 dei senatori può chiedere di valutarlo. Nei successivi 20 giorni può emendarlo o votarlo uguale. A quel punto la Camera lo approva a proprio piacimento a maggioranza semplice. Per diverse materie in realtà se vuole ignorare gli interventi del Senato deve farlo a maggioranza assoluta e ancor più complesso è il discorso per le leggi di bilancio e i rendiconti annuali.

Il professor Castelli procede nel ragionamento argomentando che: “Sono eccessivi i tempi per approvare le leggi“. Ci sono le eccezioni, e le ricorda lo stesso docente: la legge Fornero approvata in 19 giorni, il lodo Alfano in 25, il decreto salva – liste del 2010 passato in appena 10 giorni o le fulminee leggi ad personam berlusconiane. In Italia ci sono così tante leggi che non se ne tiene il conto (si dice tra le 150 e le 350 mila) ed è legittimo chiedersi se ne servano di più o di meglio ponderate, o meglio se problema di una legge che per essere approvata impiega 30 anni sia la navetta tra Camera e Senato.

E veniamo al capitolo sui costi della politica. Il costituzionalista, pur sostenendo che vi sono vantaggi economici, non si dice entusiasta. E del resto lo stesso Carlo Fusaro ha ammesso che: “il risparmio in sé è modestissimo”.  “I nuovi senatori saranno consiglieri regionali e sindaci e non avranno indennità aggiuntive ma andranno al Senato con lo stipendio da sindaco o consigliere regionale” spiega Castelli. Resta comunque che i 100 senatori (74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 nominati dal Presidente della Repubblica) pur non ricevendo indennità parlamentare la riceveranno comunque per le cariche che già rivestono. Inoltre i senatori potranno ricevere rimborsi spese regolati con norme interne di ciascuna camera per viaggio, trasferte, vitto e alloggio oltreché assistenti parlamentari, personale di segreteria e consulenti degli uffici legislativi. Del resto è lecito il dubbio: perché scomodare la Costituzione per ridurre i costi della politica quando sarebbe sufficiente ridurre stipendi, indennità, rimborsi spese e vitalizi con una legge ordinaria?

Interessante anche il discorso in merito allo strumento referendario: spiega infatti il professore che il referendum deve essere richiesto da 800 mila elettori ma il quorum scende al 50% dei votanti alle ultime elezioni della Camera. La riforma sembra quindi rafforzare questo strumento di democrazia diretta, anche se a ben vedere al referendum del 17 aprile sulle trivelle lo stesso capo del governo che oggi promuove tale strumento invitava all’astensionismo.

Questa certamente non è una riforma perfetta, presenta dei difetti e delle incongruenze e tiene conto delle contingenze politiche e di quei compromessi che quel Parlamento eletto in quel modo deve fare” dice Castelli.

E a sentir rimbalzare queste parole tra chi promuove il sì si profila un’insanabile incongruenza come quando si descrive la Costituzione come “La più bella del mondo” e poi  se ne vuole cambiare quasi un terzo.