SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Nella puntata del programma televisivo “Le Iene” del 20 novembre, è andato in onda un servizio curato dalla conduttrice Nadia Toffa, che illustra tutte le cause che potrebbero scatenare i cosiddetti sismi indotti.

La maggior parte delle cause, sulla base del servizio andato in onda, sarebbero strettamente correlate all’estrazione e allo sfruttamento delle risorse energetiche provenienti dal sottosuolo, come conferma la professoressa Albina Colella, docente di geologia presso l’Università della Basilicata: “Si ritiene che le principali attività che potrebbero causare i terremoti indotti siano la reiniezione delle acque di scarto petrolifere nel sottosuolo, i bacini d’acqua artificiali, lo sfruttamento dell’energia geotermica e, infine, l’estrazione e lo stoccaggio di gas”. Colella afferma poi che tali terremoti potrebbero raggiungere intensità piuttosto elevate.

Da quanto si evidenzia nel servizio il sottosuolo, nello stoccaggio, sarebbe sottoposto a continue deformazioni, e tenderebbe pertanto a rigonfiarsi, quando il gas viene depositato all’interno dei bacini, viceversa, tenderebbe a sgonfiarsi quando il gas stoccato viene riestratto per la distribuzione; attività, quella dell’estrazione e nuova iniezione, che ovviamente è del tutto artificiale e non naturale.

Augusto De Sanctis del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, elenca i territori italiani in cui sono presenti i principali impianti di stoccaggio, e sono: il Molise, la Basilicata, l’area padana dell’Emilia e della Lombardia, Chieti e San Benedetto del Tronto.

In alcune zone dell’Olanda come nello stato dell’Oklahoma, da quando sono iniziate le attività di estrazione e stoccaggio, hanno iniziato a verificarsi sismi sempre più frequenti e intensi, nonostante che questi territori fossero qualificati, prima di allora, come zone prive di pericoli sismici. Addirittura in Italia si è sospettato che il sisma avvenuto nel 2012 in Emilia abbia qualche correlazione con tali attività, all’epoca svolte a Mirandola e a Casaglia.

In riferimento a quest’ultimo fatto, una Commissione internazionale di scienziati ha dichiarato pubblicamente che “pur ritenendo improbabile che le attività di sfruttamento di idrocarburi a Mirandola possa aver prodotto un evento sismico, l’attuale stato delle conoscenze e l’interpretazione di tutte le informazioni raccolte ed elaborate non permettono di escludere, ma neanche di provare, la possibilità che le azioni inerenti lo sfruttamento di idrocarburi nella concessione di Mirandola possano aver contribuito a innescare l’attività sismica del 2012 in Emilia”. Questo dimostra come oggi non si ha la certezza scientifica che i terremoti non possano essere provocati dall’attività umana.

In Italia una legge del 1977 prevede che, queste attività non dovrebbero essere svolte in prossimità di zone tettonicamente e sismicamente favorevoli (la cittadina marchigiana, ma anche quella abruzzese, sono situate in zone sismiche e, tra l’altro, stoccando gas destinato ai paesi del nord Europa e non per le esigenze locali).

Il Decreto Autorizzativo di valutazione d’impatto ambientale avvalla la pericolosità dell’attività di stoccaggio. Dichiara pertanto che “nel momento in cui si verifica un terremoto, con intensità superiore al 3° grado della scala Richter, questo deve essere riportato immediatamente sotto il 2° grado della stessa scala”. Una norma totalmente screditata dal geologo dell’Università Federico II di Napoli Franco Ortolani, che afferma: “Questa disposizione è una grande invenzione, dal momento che, non si dispone di alcun interruttore che possa ridurre la sismicità in relazione all’attività svolta. Questo Decreto ha l’esclusivo fine di tranquillizzare la cittadinanza”.

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