PESCARA – Blitz delle Fiamme Gialle. I finanzieri del Comando Provinciale di Pescara hanno notificato una ordinanza di misura cautelare in carcere nei confronti di sette persone ritenute i promotori di una organizzazione (composta da rom e albanesi) specializzata nel traffico e spaccio di cocaina ed eroina molto attiva in Pescara e nelle vicine località turistiche del litorale teramano e sambenedettese. L’operazione è stata rinominata “Paccotto”.

Per l’esecuzione del provvedimento emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari di Pescara, Nicola Colantonio, su richiesta del Sostituto Procuratore della Repubblica Gennaro Varone, la Guardia di Finanza pescarese fin dalle prime luci dell’alba del 3 novembre ha messo in campo oltre 50 militari con l’impiego di sei unità cinofile in sinergia con i Reparti del Corpo di Teramo e Ascoli Piceno, località queste ultime dove sono state perquisite anche tutte le abitazioni e le basi logistiche degli arrestati.

Le misure restrittive del 3 novembre si aggiungono ad altri sette arresti in flagranza di reato di spaccio e traffico di stupefacenti già eseguiti nel corso delle indagini che hanno portato alla denuncia di complessive 36 persone.

Le investigazioni delle Fiamme Gialle pescaresi hanno preso le mosse dal sequestro di circa 50 grammi tra eroina e cocaina, operato a Pescara a settembre 2014, nel corso di una perquisizione all’abitazione di una donna di etnia rom (luogo già monitorato perché ritenuto una delle centrali dello spaccio in città). Oltre ai pedinamenti e ai servizi di osservazione, le successive indagini tecniche condotte dai finanzieri della Compagnia di Pescara eseguite attraverso intercettazioni ambientali e localizzazioni satellitari, consentivano l’acquisizione di significativi elementi che provavano una fitta rete di contatti tra tossicodipendenti e alcuni appartenenti a famiglie rom e, soprattutto, relazioni quasi quotidiane tra questi ultimi e diversi cittadini albanesi gravati da numerosi precedenti penali in materia di stupefacenti.

Decisive sono state le intercettazioni telefoniche, risultate oltremodo difficoltose sia perché le conversazioni avvenivano in codice ed in lingua madre, sia per l’estrema mobilità sul territorio degli indagati. In alcuni casi la banda, per sfuggire ad eventuali intercettazioni, utilizzava schede telefoniche intestate a nomi di fantasia, usava i telefonini per il tempo strettamente necessario per concordare appuntamenti e luoghi di spaccio e ricorreva quotidianamente a sistemi di chat criptati.

Il tutto ha messo in chiara evidenza una sorta di “patto criminale” tra i rom e gli albanesi attenzionati: i primi gestivano l’intera rete dello spaccio, riforniti sistematicamente dai secondi, che curavano in particolare gli approvvigionamenti dall’estero. Le indagini, infatti, hanno messo in luce come lo stupefacente fosse introdotto in Italia dalla Germania, dall’Olanda e dall’Albania a mezzo corrieri albanesi.

Gli arrestati, ben consapevoli di essere possibile bersaglio di indagini da parte delle Forze di Polizia, erano soliti bonificare le autovetture in loro possesso da microspie, microfoni o puntatori satellitari e occultavano le partite di stupefacente in zone disabitate delle campagne pescaresi e teramane interrando sacchi sigillati di cocaina, eroina e marijuana nell’attesa di “piazzarli” sul mercato.

Le investigazioni condotte hanno provato come le potenzialità criminali dell’organizzazione fossero notevoli: gli arrestati e i loro complici potevano contare sulla disponibilità di armi, di patenti e carte di identità straniere false, ed erano in grado di alimentare mensilmente le piazze dello spaccio con 2/3 chilogrammi di droghe pesanti e con oltre 5 chilogrammi di marijuana.

Secondo le ricostruzioni degli investigatori le attività criminali consentivano al sodalizio di conseguire profitti consistenti, quantificati, complessivamente, in circa 100 mila euro al mese. In gran parte il contante veniva inviato in Albania occultato tra i bagagli settimanalmente trasportati a mezzo degli autobus che assicurano i collegamenti con il Paese delle Aquile. Complessivamente nel corso dei vari interventi eseguiti, anche durante le operazioni odierne, sono stati sequestrati 5 chilogrammi di stupefacenti, nonché circa 40 mila euro in contanti.

L’organizzazione era talmente spregiudicata ed aggressiva che a quasi tutti gli affiliati è stata contestata la “recidiva specifica e reiterata”.

L’operazione, epilogo delle indagini sviluppate dalle Fiamme Gialle pescaresi con il coordinamento della Direzione Centrale Servizi Antidroga, nonché con il supporto di altri reparti del Corpo, ha consentito di assicurare alla Giustizia pericolosi criminali.