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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “Cosa significa Misus? E’ la stessa domanda che abbiamo fatto a Tiberio Campanelli prima di rilevare la sua attività: ci disse che era il nome di un personaggio del fumetto, un miscuglio tra un licantropo e Wolverine. Lui era soprannominato ‘Lupo’ e decise di chiamare il locale in quel modo”.

Questa rivelazione ci è stata fornita dai fratelli Giudici. Carlo ed Erminio rilevarono lo storico locale nel 1992. Sei anni prima era stato fondato da Tiberio Campanelli (proprietario in passato anche dell’Edelweiss) scomparso nel 2014 a causa di una malattia.

Con i fratelli Giudici facciamo un viaggio nella storia di San Benedetto ripercorrendo alcune tappe della loro gestione al Misus, terminata nel 2004. Un luogo che, per chi era adolescente ad inizio anni 90 e 2000, è un mausoleo di ricordi. Amicizie, aneddoti e storie amorose.

Musica, Cabaret, concerti, feste e ristorazione. Inoltre, a disposizione, c’era anche una sala giochi. Cabinati con videogame storici, luogo di aggregazione per i primi ‘Nerd’. Per i Giudici comunque non fu facile questa avventura. Fin dai primi momenti dell’attività, in una zona all’epoca piuttosto abbandonata a sé stessa. Ma andiamo con ordine in questo viaggio composto da malinconia e nostalgia.

Nel 1992 prendete in gestione il Misus. Come mai questa decisione?

“Avevamo 24 e 21 anni. Eravamo giovani e ambiziosi. Stavamo lavorando nel supermercato gestito dalla nostra famiglia ma avevamo in mente, da tempo, di avere un locale. Fummo ispirati dalla trasmissione DOC di Renzo Arbore. Mi piaceva l’ambientazione, set composto da mattoncini in stile pub, che dispensava musica e allegria. Perché non trasferire ciò in un’attività commerciale? Così prendemmo il Misus. Tiberio Campanelli era stanco di gestirlo e lo cedette a noi”.

Come si presentava, all’epoca, quell’area di via del Mare a Porto d’Ascoli?

“Uno squallore. Era presente il degrado. La zona era frequentata da gente poco raccomandabile. Molti spacciatori si radunavano nei paraggi per smerciare droga alle persone. Le famiglie avevano paura di passeggiare in quell’area poco curata. Non c’erano i locali presenti oggi”.

Avete, quindi, dovuto effettuare una sorta di riqualificazione.

“Esattamente. A spese nostre, compreso il sudore. Abbiamo lavorato duramente per ridare dignità alla zona. Noi stessi scendevamo in strada per intimorire soltanto con la presenza certi personaggi che, imbarazzati, andavano via. Ripensandoci, abbiamo anche rischiato di scontrarci con qualche esagitato però eravamo determinati nel nostro intento: rendere il Misus un luogo accessibile a tutti i giovani. Anzi, l’intera zona”.

Quali sono stati i punti di forza del locale?

“Innanzitutto abbiamo puntato molto sulla ristorazione. Piatti cucinati e preparati da cuochi bravi. La qualità prima di tutto. Ci ricordiamo, per esempio, che i fornitori di astice dicevano che noi eravamo i principali consumatori da Ancona a Pescara. Cucinammo le pizze prima in un forno elettrico e poi in uno a legna. Inoltre avevamo ‘cura’ anche della birra e della sua cultura. Davamo birre principalmente belghe tanto che partecipammo a vari convegni nazionali e internazionali. Tenevamo a tutti i dettagli, non eravamo superficiali. Poi certo, ci occupammo dell’intrattenimento”.

Musica e Cabaret principalmente.

“Già. Organizzammo concerti rock, country, reggae, di qualsiasi genere. Da noi vennero a suonare artisti di un certo livello come Piotta, Ridillo, Syria e i Negrita. Con il gruppo aretino siamo diventati amici e ci sentiamo ancora oggi. Inoltre facevamo spettacoli di Cabaret. Da noi sono passati tanti comici che hanno poi ottenuto successo. Tra i tanti cito Teo Mammucari, Gabrielle Cirilli e Maurizio Battista. Con Maurizio c’è un rapporto speciale. Quando avevamo un buco, bastava chiamarlo e lui si presentava in un paio di ore con la sua pandina. L’ha ricordato, di recente, anche al Palariviera durante uno spettacolo. In seguito prendemmo la gestione della sala giochi. Diventò una sorta di ‘palestra’: i giovani venivano prima a giocare e poi, attratti dalla musica e dalla ristorazione, si fermavano per i vari spettacoli. Negli anni a seguire fondammo il ‘Charlie’ sotto al locale che dopo qualche tempo utilizzammo per gli spettacoli Latino-Americani”.

In poco tempo il Misus divenne il locale di riferimento della Riviera.

“C’era gente che veniva ogni sera da Massignano, dal Fermano, dal Teramano, da tutta la provincia di Ascoli. Incredibile, a ripensarci ora, che tutte queste persone si facevano chilometri per venire da noi. Inoltre c’era una serie interminabile di motorini parcheggiati sotto al locale. Per pubblicizzare il Misus, non essendoci Internet, avevamo riempito San Benedetto e dintorni di adesivi e locandine realizzate dal nostro grafico raffigurante il logo del Misus, tre trombettieri. Ci favorì anche il fatto che all’epoca locali come i nostri non c’erano. Erano presenti il Beagle, l’Edelweiss e il Verbena ma erano comunque principalmente pizzerie”.

Avete avuto problemi con i residenti della zona?

“A volte sì. Soprattutto per il consistente afflusso di gente, il vociare e la musica alta. In quegli anni non c’erano i controlli di oggi. Non esisteva la Movida. Le leggi erano poco chiare ed essendo un fenomeno nuovo, le amministrazioni ci tolleravano e altre volte ci multavano. Comunque al massimo si trattava di sanzioni amministrative, poca roba per fortuna. Anche perché curavamo molto l’aspetto sicurezza. Abbiamo messo per primi i buttafuori che gestivano l’entrata e mandavano via gli esagitati”.

Molti camerieri che lavoravano da voi, adesso hanno dei locali.

“Non ci sorprende più di tanto. Avevamo camerieri qualificati e bravissimi. Anche loro badavano ai dettagli. Pure questo fu un grande punto di forza per noi. Il fatto di lavorare al Misus dava a loro del fascino: hanno conquistato tanti ragazzi e ragazze (ndr ridendo). Siamo contenti di aver fatto da ‘apripista’ e soprattutto aver riqualificato quell’area di via del Mare”.

Cosa ricordate con piacere di quel periodo?

“I complimenti che ancora oggi riceviamo da tutte le persone che ci frequentavano. In tanti ci dicono di riaprire un locale come il Misus. Ulteriore segno che il nostro lavoro è stato molto apprezzato”.

Foto rilasciate da Erminio Giudici