Nel 2012 il governo Monti, subentrato sotto la spinta dello spread al governo Berlusconi, portò il rapporto deficit/pil al 2,9%.

Nel 2013 Letta, subentrato a metà anno all’ex presidente del think tank Bruegel, fissò il rapporto sempre al 2,9%.

Nel 2014 il governo Renzi, subentrato a febbraio a Letta, ha chiuso l’anno solare con un deficit al 3%.

Nel 2015 sempre Renzi ha abbassato questo rapporto al 2,6%.

Nel 2016, la recente Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, prevede questo rapporto al 2,4%.

La previsione al 2017 è di un rapporto deficit/Pil al 2%. Si è scritto alla Commissione Europea, “in considerazione delle pressanti necessità che il Paese deve fronteggiare, l’indebitamento netto per il 2017 potrebbe essere innalzato fino a un massimo dello 0,4 per cento del Pil”. Sembra che Juncker possa accettare una variazione dello 0,2% per le emergenze migranti e terremoto.

Ad ogni modo, nel caso in cui si chiuda al 2%, significa che in due soli anni il governo Renzi ha effettuato una stretta di austerità pari a 16 miliardi, ovvero ha lasciato 16 miliardi in meno a famiglie e imprese. Nel caso in cui Juncker sia eccezionalmente benevolo, tale stretta sarà valutata tra i 9 e i 10 miliardi.

Questi sono i numeri.

Sui quali si può ragionare, ovviamente. Posto che vi è molto scetticismo sulle previsioni del Pil prospettato dal governo nel 2017, cosa che comprometterebbe tutti i dati percentuali sopra esposti (in senso peggiorativo), per qualcuno, culturalmente appartenente al campo conservatore o mercatista, queste manovre “lacrime e sangue” sarebbero positive perché segnerebbero un regresso del pubblico all’interno del mercato privato.

Qualsiasi sia dunque l’orientamento rispetto ai numeri sopra elencati, vi è un commento certo: le politiche intraprese dal governo Renzi stanno aumentando l’austerità, non la stanno riducendo. Nonostante sia Renzi che Padoan stiano criticando le politiche richieste dall’Unione Europea in quanto recessive, la loro esperienza politica, fin qui, è indubbiamente guidata da un rafforzamento dell’austerità.

A parole la si maledice, nei fatti la si persegue. E i fatti, in politica, sono ciò che contano per esprimere dei giudizi.