DA RIVIERA OGGI 1090

VENEZIA – Si sono spenti da pochi giorni i riflettori sulla laguna più romantica d’Italia e le carte sono ormai tutte scoperte. Va al filippino Lav Diaz il Leone d’oro per The woman who left. Ex aequo il Leone d’argento per  Paradise (Andrei Konchalovsky) e La region salvaje (Amat Escalante). L’Italia deve accontentarsi di un solo premio: il miglior film nella sezione Orizzonti a Liberami di Federica di Giacomo, film sugli esorcismi nella Sicilia di oggi. Ma tanti sono i premi meno noti che vengono conferiti durante il più importante festival del cinema in Italia.

Sono invece i cosiddetti “Premi collaterali”, 34 categorie che premiano altrettanti film italiani e internazionali, a vedere la vittoria di tanti italiani, e tra loro diversi marchigiani e abruzzesi.

Si parte dal premio Sorriso diverso Venezia 2016 che va al film Questi giorni del regista ascolano Giuseppe Piccioni  ex aequo con Michele Vannucci.

Il regista e sceneggiatore presenta un film generazionale, ironico e amaro, con una Margherita Buy e un Filippo Timi che danno il loro meglio. Piccioni è già noto al pubblico per il suo Giulia non esce la sera e Luce dei miei occhi.

Ma non solo, il regista nato da Ascoli nel 1953, dopo aver frequentato la scuola di cinema Gaumont, ha già diretto 10 film. Particolarmente felice l’unione con la Buy, che nel 1999 ha fruttato a Piccioni ben 5 David di Donatello per Fuori dal mondo.

Il premio Lanterna magica viene assegnato invece dai Cinecircoli giovanili socioculturali. Proprio il Cgs Marche, con il progetto Sentieri di cinema, ha coordinato il laboratorio che ha assegnato per la diciannovesima volta questo riconoscimento. Nove gli operatori del circuito che si sono alternati tra il 31 agosto e il 10 settembre. Il premio è stato infine assegnato al regista americano Tim Sutton. Dark night ha infatti vinto per la sua “narrazione volutamente frammentaria e perturbante”, tipica dei “contesti metropolitani”, come si legge nella motivazione.

Non lascia delusi i suoi fan neanche la coppia di documentaristi Massimo d’Anolfi e Martina Parenti. Il videomaker di Pescara e la regista milanese con Spira mirabilis si aggiudicano il premio Green drop che vede l’ex aequo con lo statunitense Terrence Malik (già regista di The tree of life). Il documentario è il sesto lavoro di una collaborazione nata nel 2007.  In questa opera incontriamo quattro set che tra loro non potrebbero essere più diversi. I protagonisti? Una comunità Cheyenne, i restauratori addetti alla conservazione di statue sacre, una coppia di svizzeri che costruisce strumenti musicali e un professore universitario di Tokyo. Di tanto in tanto, tra una storia e l’altra interviene l’attrice Marina Vlady che interpreta alcuni passi dell’Aleph di Jorge Luis Borges. La pellicola richiama gli elementi naturali di fuoco, terra, aria e acqua. La spirale meravigliosa a cui allude il titolo è quella dello scienziato svizzero seicentesco Jacob Bernoulli che con le sue curve conduce alla ricerca – costante e laboriosa – di una perfetta immortalità. Davvero ambizioso questo film, che tenta di puntare l’occhio, interiore prima ancora che esteriore, verso l’incessante dondolio tra la morte e la rinascita.