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SAN BENEDETTO DEL TRONTO-E’ l’uomo mercato rossoblu, l’artefice principale, assieme ai vertici societari, della rivoluzione tecnica che ha investito la Sambenedettese nella calda estate 2016. Stiamo parlando di Sandro Federico, 44 anni e nato a Toronto dove i genitori erano emigrati: “sono stati lì dieci anni e in quel periodo in Canada siamo nati io e le mie sorelle” racconta a Riviera Oggi. Poi a quattro anni il ritorno in Abruzzo, a Brecciarola, frazione di Chieti che conta 3mila anime e praticamente attaccata a Manoppello, paese di Marco Verratti, altro comune che col calcio ha a che fare eccome. Dai 21 anni vive però a Giulianova, paese natale della moglie che gli ha regalato anche due figlie di 14 e 17 anni. E’ a Chieti che parte però la sua avventura da calciatore, coi neroverdi rimane infatti per sei stagioni, poi tante squadre tra le quali Taranto, Gualdo, Avezzano ecc.

Com’era il Federico calciatore?

“Ero un esterno d’attacco di grande corsa, un calciatore normalissimo per queste categorie. Ho vinto dei campionati e girato un po’ tutta l’Italia, sono stato anche a Casarano, Sassari e Avellino, ho smesso presto perché si è aperta questa possibilità di fare il Ds”.

Com’è andata?

“Un mio ex presidente, Giovanni Lombardi Stronati, mi ha voluto alla Valle del Giovenco, è stata un’annata meravigliosa culminata con la vittoria del campionato e la promozione in C. Poi il presidente è diventato socio di Angeloni a Siena e mi ha voluto lì dove sono rimasto per 3 anni con vari ruoli, tra cui Team Manager e assistente del Presidente il primo anno poi mi sono occupato molto anche di mercato rimanendo una figura di raccordo con la proprietà per il rapporto che mi legava a Stronati”.

Negli ultimi anni sembrano aumentati gli ex calciatori che diventano Ds, cosa porta in più nel ruolo chi è stato calciatore?

“Un ex calciatore per me può capire tante dinamiche all’interno del gruppo, avere un rapporto diretto con giocatori e allenatore, capendo alcune sfumature che, chi non è stato tanti anni all’interno di uno spogliatoio, tante volte fatica a capire”.

Che cosa vuol dire fare mercato per una società come la Samb, senti la pressione dell’ambiente?

“La differenza sta nel ripartire ogni anno da zero. Un bravo Direttore Sportivo capisce le dinamiche della piazza in cui sta, a cosa quella piazza è abituata. Si cerca ogni anno di fare il mercato condividendo la volontà di proprietà e allenatore ma tenendo conto anche di cosa si aspetta la tifoseria da un calciatore. E’ bene ascoltare il parere di tutti anche se poi è il Ds che decide”.

Che proprietari sono i Fedeli?

“Sono molto passionali, vivono con grande passione il calcio perché vogliono arrivare in alto. Sono ambiziosi ed esigenti come è giusto che sia. Si lavora bene e serenamente con loro perché rispettano gli impegni e ti danno la tranquillità per lavorare, trasmettono grande passione a tutto l’ambiente.”

Il calcio, anche in Lega Pro sta cambiando, abbiamo visto da quest’anno i nomi sulle maglie e una rivoluzione dei diritti tv, mentre tante squadre soffrono economicamente. Cosa ne pensi?

“Secondo me Gravina è sulla strada giusta perché ha capito che bisogna movimentare la categoria, diritti tv e maglie sono tutti piccoli escamotages per creare interesse. In ogni caso chi non ha i soldi deve arrivare, a mio avviso, a fare calcio con le idee. In queste categorie vince chi ha avuto più idee non chi ha avuto più soldi a disposizione. I soldi senza un progetto valgono poco.”

Il settore giovanile è importante in questo senso?

“Lo è ma una società deve credere a quello che dice, perché spesso sento ripetere “bisogna investire nel settore giovanile” ma poi dopo una settimana non gliene frega più niente a nessuno. Ci vuole pazienza per investire nei giovani, occorrono anni. Questa proprietà invece, grazie ad Andrea Fedeli, sta investendo tanto nei giovani, con l’idea di creare qualche impianto di proprietà della Samb e strutture dedicate alle giovanili.”

In questi giorni abbiamo letto che la Gable, società che aveva stipulato fideiussioni con molte società di Lega Pro (ma anche di A e B) è in forte dissesto e ora si temono ripercussioni. E’ forse il caso, come ribadito anche da Gabriele Gravina, di rivedere il sistema delle garanzie?

“Fino all’anno scorso la garanzia fideiussoria era un reale deposito di contante senza polizze assicurative, da quest’anno sono state reintrodotte. Secondo me bisogna sia garantire la fideiussione dal punto di vista reale ma anche dare l’idea, generale, di una società in salute. Occorrono analisi più profonde”.

Sei da qualche mese a San Benedetto, che idea hai della città e della gente?

“Io abito ancora a Giulianova ma conosco San Benedetto perché sto sempre qui e l’ho frequentata tanto anche in passato. Ho conosciuto mia moglie a San Benedetto, il nostro primo incontro è stato al bar Florian. Mi lega un affetto particolare a questa città quindi, ed è come se ci fossi da sempre, non ci ho pensato due volte quando si è prospettata la possibilità di venire qui. La speranza è rimanerci il più possibile, si vive il calcio in una maniera bella e viscerale. Vi racconto: mia figlia e mia moglie sabato hanno assistito alla partita dalla Curva Nord, vedendo una curva così bella alla prima partita è venuto loro spontaneo andare a vedere la partita in mezzo ai tifosi. Il calcio vive di passione, anche a questi livelli, altrimenti sarebbe tutto finto.”