
SAN BENEDETTO DEL TRONTO- Di orrore, tragedia e morte abbiamo parlato e scritto in questi giorni. Il terremoto del 24 agosto ha lasciato dietro di sé un’onda di disperazione, marchiando a fondo nella mente dei sopravvissuti un ricordo indelebile che porteranno con loro per il resto dei giorni probabilmente, graziati dal destino certo, ma indissolubilmente legati a quel minuto in cui la terra ha tremato, forte, fra le province di Rieti e Ascoli.
Di orrore, tragedia e morte abbiamo parlato e scritto in questi giorni, e continueremo a farlo perché conoscere e informare rimane una priorità anche quando la coscienza di esseri umani ci spingerebbe a fare altro. Di orrore, tragedia e morte abbiamo parlato e scritto in questi giorni ma oggi vogliamo proporre qualcosa di diverso, la storia di chi ce l’ha fatta, di chi non esita a definirsi “un miracolato”.
Stiamo parlando di Sergio Serafini, amatriciano, responsabile della biblioteca della martoriata cittadina laziale ma anche legato alla nostra riviera perché risiede a Martinsicuro e ha la compagna, Nada, che vive e lavora a San Benedetto “dove mi trovo ora dopo qualche giorno trascorso all’ospedale di Rieti” ci dice al telefono. Già perché Sergio era sotto le macerie, il campanile della chiesa di San Giovanni è crollato sopra la sua casa di via Spinosi bloccandolo sotto le pietre assieme alla madre e al padre. “Mio fratello Fabrizio, che dormiva nella porzione di casa rimasta intatta, ci ha letteralmente trascinati tutti e tre fuori”.
La paura è tanta e la famiglia rimane in casa fino alle 5 e mezza del mattino quando “decidiamo di uscire fuori e camminiamo sopra a un metro e mezzo di macerie, in quella che adesso è piena zona rossa, fino al piazzale della Torre Civica” dove ad attenderli c’erano già i volontari arrivati per i primi soccorsi. E pensare che Sergio non doveva neanche trovarsi lì quel giorno: “Io sto ad Amatrice, facendo il bibliotecario lì, dal mercoledì al sabato ma quel martedì ero salito da Martinsicuro per presentare una serata dedicata all’Amatrice Calcio, in cui giocava anche mio fratello”.
Del terremoto non ricorda molto Sergio, “mi hanno detto che è stata una scossa molto lunga ma io ricordo solo un boato e poi le macerie addosso, sono fortunato ad essere vivo perché i muri della parte di casa dove dormivo sono crollati completamente, investiti dal campanile che ha creato almeno tre metri di macerie attorno a sé”. Il suo nucleo familiare, mamma, papà e fratello sta bene, “siamo stati davvero dei miracolati” rivela Sergio. Ma sono tanti i parenti che la famiglia Serafini ha perso la notte del 24 agosto: “sono morti mio zio, mia zia e i figli di mio cugino, i gemellini Simone e Andrea Serafini di 7 anni” dei quali Tv e stampa hanno parlato a lungo in questi giorni, mostrando anche lo straziante video in cui alcune persone gridano “è morto, è morto” riferendosi all’inutile tentativo di salvare proprio il piccolo Andrea con un massaggio cardiaco.
Dopo l’orrore Sergio ha passato gli ultimi giorni all’ospedale di Rieti per le ustioni dovute al trascinamento fuori dalle macerie e sono stati giorni in cui è rimasto isolato dal mondo: “il mio cellulare, le chiavi e i documenti sono sotto le macerie, mi hanno messo in una lista ma per ora solo chi ha vere emergenze può tornare a casa a prendere ciò che gli occorre”.
Nel frattempo, nella casa della sua compagna Nada, è San Benedetto ad accoglierlo come ha già fatto in passato. Sergio infatti è stato per qualche tempo tirocinante alla Biblioteca “Lesca” che ha donato, col contributo di Serafini, “molti libri alla giovane (e non molto fornita visto che è nata nel 2013) biblioteca di Amatrice, che ora purtroppo è seriamente danneggiata” ci rivela lui stesso. Il bibliotecario poi collabora con Cinzia Carboni a San Benedetto, “nell’enclave” tutta per bambini de “I luoghi della Scrittura”, che si chiama “Fà Volà”. Un impegno che l’amatriciano Sergio Serafini, siamo certi sarà lieto di riprendere e riprendersi assieme a tutta la sua “nuova” vita.
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