ANCONA  – Nelle Marche sono ben 65.500 gli ettari di suolo consumato, con l’erosione di territorio agricolo, naturale o seminaturale a beneficio di asfalto, edifici e capannoni, a causa dell’espansione di aree urbane e di insediamenti commerciali, produttivi e di servizio. Ad affermarlo è la Coldiretti Marche sulla base del rapporto 2016 Ispra, secondo il quale nella nostra regione il fenomeno interessa il 7 per cento della superficie territoriale, ma questa percentuale sale addirittura all’83 per cento se si considerano gli impatti diretti e indiretti a una distanza di 200 metri.

A livello comunale, il centro con la maggior percentuale di consumo di suolo è San Benedetto del Tronto, con il 37,2 per cento, davanti a Porto San Giorgio (36,9 per cento) e Gabicce Mare (32,4 per cento). Se si considera, invece, chi nel periodo 2012-2015 ha avuto il maggior incremento di terreno cementificato, spicca Folignano (Ascoli Piceno), con un +9,8 per cento, davanti a Camerata Picena (Ancona) con +9,4 per cento e Peglio (Pesaro Urbino) con +9,1 per cento.

L’impermeabilizzazione del terreno rappresenta la principale causa di degrado del suolo in Europa, in quanto comporta un rischio accresciuto di inondazioni, contribuisce al riscaldamento globale, minaccia la biodiversità. Su un territorio reso così più fragile si abbattono i cambiamenti climatici con precipitazioni sempre più intense e frequenti e vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire.

Siamo dinanzi a un grave problema per l’assetto idrogeologico del territorio, secondo Coldiretti Marche. Non dimentichiamo, infatti, che alla cementificazione forzata, frutto di un modello di sviluppo che oggi dimostra tutti i suoi limiti, si aggiunge il rischio dell’abbandono di quelle zone oggi curate dagli agricoltori che assicurano una costante manutenzione. Serve dunque un impegno da parte delle amministrazioni a tutti i livelli per difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile dalla cementificazione nelle città e dall’abbandono nelle aree marginali, con un adeguato riconoscimento dell’attività agricola ma anche affrontando quei problemi annosi, come i danni causati dagli animali selvatici, che danneggiano le attività economiche.