GROTTAMMARE – Uno scoop frutto della fortuna, ma anche della bravura. Perché se è vero che è importante trovarsi al posto giusto nel momento giusto – magari con colleghi non troppo sul pezzo – è altrettanto innegabile che gli studi di gioventù possono rivelarsi decisivi.

L’11 febbraio 2013 pareva un giorno come gli altri. Mancavano ventiquattr’ore all’avvio del 63esimo Festival di Sanremo, meno di due settimane alle elezioni politiche che avrebbero portato alla non vittoria di Pierluigi Bersani.

In Vaticano era giorno di festa. Si celebrava l’anniversario della sottoscrizione dei Patti Lateranensi. Giovanna Chirri, giornalista dell’Ansa, stava seguendo dalla sala stampa il Concistoro dedicato ai martiri di Otranto. Non proprio un evento da prima pagina.

Il Concistoro era terminato, ma Ratzinger non se ne andava”, ricorda la Chirri a Grottammare durante il Meeting ‘Pellegrini nel Cyberspazio’ – rimaneva seduto con questo foglio in mano. Poi ci disse che ci aveva convocato non solo per il Concistoro ma anche perché doveva dirci qualcosa di importante”.

Benedetto XVI comunicò le sue dimissioni interamente in latino. “Sono una vecchia signora, al Ginnasio capitava che ci facessero alzare in piedi e tradurre dei testi dal latino all’italiano, senza l’aiuto del dizionario. Ratzinger spiegò che stava diventando vecchio, ma la molla mi scattò quando pronunciò le parole ingravescente aetate”.

Trattasi di un decreto con cui Paolo VI nel 1970 stabilì i limiti di età per i cardinali della Curia Romana e per il Conclave. “Mi sentii male. Mi salì la pressione, la testa iniziò a pulsare, mi tremavano le gambe e sentivo una mano sul collo. Capii che stava accadendo qualcosa, andai nel pallone. Ero seduta di fronte al monitor della sala stampa, fu un momento difficile. Verso la fine dell’intervento citò il Conclave e lì mi sentii morire. Mamma mia, si è dimesso, pensai. La verifica arrivò dal cardinale Angelo Sodano che affermò: Papa, questa notizia ci coglie come un fulmine a ciel sereno. Non c’erano più dubbi, cominciai a telefonare, nessuno mi rispondeva. Non potevo lanciare dei flash, non ero abilitata. Poi mi contattò Padre Federico Lombardi, l’unico che si degnò di rialzare il telefono e richiamarmi. Gli domandai: Ho capito bene? Lui con voce serena e calma mi rispose: Hai capito benissimo, se ne va dal 28 febbraio. Mi offrì un assist, confesso che fra le tante cose non avevo colto l’informazione sulla data d’addio”.

Il flash all’Ansa venne dettato alle 11 e 46, bruciando tutti sul tempo. “Fui aiutata da una collega che si fidò. Dopo tre anni mi ha confidato che fu rimproverata ferocemente, ma che lo rifarebbe pure domani. Mi fa molto piacere. E’ stato uno scoop figlio anche di un pizzico di incoscienza. Da giornalista un po’ sfigata che fa a cazzotti con la tecnologia posso dirmi orgogliosa”.

Non tutti però mantennero le antenne dritte: “In quegli istanti un collega giapponese era andato a prendersi un caffè – confida la Chirri – era una giornata un po’ moscia, lo riconosco. Ma io sono da sempre terrorizzata dall’idea di prendere un buco mentre sono assente. Se vado al bagno, appena torno chiedo immediatamente se mi sono persa qualcosa”.

La Chirri passò i giorni seguenti al telefono, per rispondere alle domande di testate di tutto il mondo. “Fu un trauma, ero anche dispiaciuta per Ratzinger, mi sentivo come se mi fosse venuto addosso un tram. Al Conclave ci arrivai provata e non studiai bene i possibili successori. Non intuii che sarebbe potuto essere Bergoglio, sapevo che non sarebbe stato italiano ma non immaginavo un sudamericano. Ipotizzai che potesse arrivare dall’Africa, ma forse era un po’ troppo presto”.