BALLOTTAGGIO A SAN BENEDETTO. Siamo alle solite, uscito il primo verdetto che non può ritenersi una sorpresa ma soltanto una semplice variazione alla maggioranza relativa subito (50,01%) che molti prevedevano in virtù di basi concrete. A partire dal numero di liste che hanno affiancato e supportato Paolo Perazzoli e dalla ‘tradizionale’ forza di un Partito che, al momento opportuno, pur di non perdere il potere, sa compattarsi come pochi.

“Meglio dentro con amici scomodi che fuori, quindi sui banchi dell’opposizione che, si sa, è molto più faticosa” Un diktat del centrosinistra italiano. Se non è accaduto, qualcosa deve essere successo, vedasi voto disgiunto: ai ‘professoroni’ delle Leggi ellettorali è sfuggito il potere di ricatto che avrebbe contenuto.

L’occasione è diventata quindi ghiotta per l’intero centrodestra che, mai come oggi, con Pasqualinio Piunti, è vicino alla poltrona di sindaco dopo Domenico Martinelli che, nel 2005, lasciò per incomprensioni interne.

Un’analisi politica (riguarda entrambi i candidati) che a me non piace perché le decisioni prese in una stanza tra la classe dirigente (un numero esiguo di persone) viene considerata una specie di ordine per gli elettori chiamati a seguire il pastore come pecore, rinnegando tutto quello che le varie fazioni pro Perazzoli, pro Piunti, pro De Vecchis, pro Castagna, pro Spadoni si son dette prima. Ho già detto che per tale compito il Pd è un maestro mentre gli avversari devono ricorrervi per non andare incontro a sconfitta certa.

Fosse così e considerando, seppur a malincuore da parte mia, che in politica pecore e pastori esistono da sempre, quanto accadrà sarebbe accettabile. Non lo è invece quello che effettivamente succederà in segrete stanze con le ‘pecore’ (nessun si offenda perché per gran parte di loro è così, anche se non per molti è una semplice questione di convenienza) all’oscuro di certe trame. Se quanto sto per dire è giusto o meno lo sapremo fra 30 giorni, io mi auguro fortemente di sbagliare. Vengo a nomi e numeri.

In un contesto normale (se in Italia è ancora possibile usare questa parola) di faccende umane, gli ultimi due classificati (Castagna e Spadoni nel caso nostro) nel calcio retrocederebbero. In politica dovrebbero accontentarsi di un posto di consiglieri comunali come massimo.

Lo dice quel 6-7% di consensi che insieme hanno avuto dai cittadini. Non sarà così, anzi la piccola percentuale, diventando l’ago della bilancia, in passato è stata usata per accordi che poi incideranno sulla politica amministrativa di chi andrà a governare. Per Giovanni Gaspari, ad esempio, la concessione della poltrona di presidente del consiglio comunale è stata determinante per non interrompere in anticipo il proprio mandato ritenuto quasi unanimamente negativo. Questione di riconoscenza che non sempre è buona cosa perché esclude il merito che non diventa un valore quale dovrebbe.

Evenienza che non sarebbe necessaria se Piunti e De Vecchis non trovassero un accordo. Questione di numeri. Insomma, sempre nelle segrete stanze, nei prossimi giorni, candidati e non, si incontreranno per ‘spartirsi’ il potere mettendo da parte quell’astio che ha impedito loro di presentarsi insieme a gennaio perché entrambi non vollero rinunciare, per motivi anche validi, alla potenziale possibilità di diventare sindaci di San Benedetto del Tronto. Il dopo, che difficilmente sarà liscio e dolce, adesso interessa meno anche se gli aghi della bilancia resteranno sempre mine vaganti in grado di inquinare le decisioni del ‘governo’.

Dicevo all’inizio che nel Partito Democratico certi accordi sono più realizzabili (lì sono più abituati al potere è perderlo sarebbe per loro una tragedia). Stavolta però sarà meno facile perché Paolo Perazzoli (chi non lo ha capito è somaro), sia per motivi nazionali che per motivi (mi permetto) famigliari, ha un grandissimo dubbio-problema che rischia di logorarlo: innanzitutto non può permettersi di non realizzare quanto ha promesso (forse troppo ma i fatti lo spingeranno a provarci) essendo lui il candidato che ha da perdere più di tutti in caso di vittoria. Nel senso che non avrebbe attenuanti. Per questo motivo vedeva la vittoria al primo turno come una prova di forza quindi un obiettivo da raggiungere a tutti i costi. Un po’ per paura, un po’ per esperienza.

Adesso invece la palla passa in mano a chi la prova di forza l’ha messa in atto nella giornata di ieri “Se vince subito, ci fa fuori tutti, facciamogli sentire il fiato sul collo e sarà costretto a mettersi nelle nostre mani“, un mio pensiero che presuntuosamente ritengo più che probabile.

Che farà Paolo Perazzoli? O ‘m… o berretta rossa’, come si suol dire a San Benedetto, o cederà, compromettendo fatalmente il suo potere decisionale futuro? Una patata bollente che nemmeno il Kissinger dei bei tempi riuscirebbe a tenere tra le mani. Chi vivrà vedrà ma una cosa è certa: i nostri politici (o aspiranti tali) si ostinano a non sterzare e a tenere più alle ambizioni personali (lo ha permesso il voto disgiunto) che al bene comune.

Lungi da me l’intenzione di indirizzare i lettori ma mi piacerebbe che i due potenziali sindaci (Perazzoli e Piunti) pensassero meno a strategie che risulteranno (tra l’altro) dannose per loro stessi, e dicessero serenamente, rivolgendosi ai lettori e non solo agli altri candidati: “Il programma è valido e conta più della mia persona, farò di tutto per portarlo a termine. Chi non ha votato per uno di noi due faccia una scelta ragionata senza permettere a chi è fuori dal ballottaggio di farvi usare per interessi spesso troppo personali“.

In parole povere, per un buon governo, sarebbe il caso che da questa mattina De Vecchis, Castagna e Spadoni si considerassero elettori comuni come tutti gli altri. I loro elettori sanno da soli chi fra Piunti e Perazzoli è il migliore. Come mi ha detto oggi Piunti, per governare bene è importante avere le mani libere da compromessi e legami che oggi ti portano a vincere mentre domani diventano legacci pericolosi e invadenti. Stessa cosa per Perazzoli.

Ho scritto una marea di utopie? Penso proprio di sì. Ma penso anche che “chi è causa del suo mal pianga se stesso”. Hai voglia dopo a dire che quel sindaco commette errori su errori a discapito dell’intera comunità, se sei stato proprio tu ad ingabbiarlo.