Da RivieraOggi 1074

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Questa settimana abbiamo un’intervista un po’ speciale. Abbiamo incontrato il regista Luciano Colavero ed il suo gruppo di giovani attori provenienti dal Liceo Classico “G.Leopardi”, frequentanti il quarto anno, che il 19 Maggio alle ore 21 presso il Teatro Concordia metteranno in scena la commedia “Gli Uccelli” di Aristofane. Vediamo i pareri del regista e degli attori, come si è svolto il lavoro compiuto finora, come si stanno preparando per il grande spettacolo: il teatro classico è più attuale che mai.

…PAROLA AL REGISTA!

Da dove nasce la sua passione per il teatro? Quando ha iniziato la sua carriera di regista e perché?

“Ho iniziato come scrittore. A quindici anni ho scritto un racconto, a sedici un romanzo breve. Poi un mio coetaneo, anche lui un giovanissimo interessato alla scrittura come me, mi ha parlato in maniera travolgente di “Aspettando Godot”. L’ho letto, e da allora non mi sono più separato da Beckett. Ho provato a scrivere teatro, ma per me era molto difficile comprenderne il meccanismo. Ho capito che, per poter scrivere teatro, avrei dovuto farlo, in prima persona. Non avendo il carattere adatto per stare sul palco ho pensato di studiare regia e, con l’aiuto della fortuna, a vent’anni sono entrato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica”.

Qual è la sua personale concezione di teatro?

“In Accademia ho scoperto che ci sono molti modi di intendere il teatro. Grazie ad alcuni insegnanti, e soprattutto sperimentando in prima persona insieme ad alcuni compagni di corso, ho capito che il teatro è azione. Non è niente di sorprendente, in fin dei conti la parola “dramma” in greco significa azione. Per me, tuttavia, giovane allievo regista interessato alle parole, scoprire che il teatro fosse prima di tutto fatto con il corpo è stato qualcosa di decisivo. È allora che ho scoperto anch’io, come molti altri prima e dopo di me, che la voce è corpo, che la parola è corpo, che anche i pensieri e le immagini, per un attore, in un certo senso sono corpo”.

Presentazione de “Gli Uccelli”: trama e tematiche dello spettacolo.

“Ho scelto di rappresentare gli “Uccelli” perché in qualche modo rappresentava una continuità tematica col lavoro dello scorso anno, i “Persiani” di Eschilo. In quest’ultimo un uomo solo, capo quasi divino del proprio popolo, a causa di una scelta individuale, e sbagliata, porta metà della sua gente a morire in guerra. Eschilo, col suo testo, ci fa riflettere in maniera diretta sull’importanza della democrazia. Negli “Uccelli” un uomo solo, grazie alla propria capacità  di parlare e convincere gli altri, prende il potere, dettando ogni legge, finché non arriva addirittura a sposare l’amante di Zeus diventando a tutti gli effetti un Dio. Finisce tutto in commedia, ma a che cosa porterà questo governo in cui il potere è tutto nelle mani di un uomo mentre gli uccelli si fanno abbindolare? Rimettere tutte le decisioni a una sola persona, rinunciando al proprio punto di vista, può portare a qualcosa di buono?”.

Con che spirito lo spettatore dovrebbe approcciarsi ad una rappresentazione classica?

“Uno spettacolo è sempre contemporaneo. Non c’è differenza tra un testo di oggi e uno di migliaia di anni fa. Noi siamo vivi qui e ora, in scena, mentre gli spettatori respirano con noi, qui e ora. Quando affronto un classico sono sempre in ascolto di quanto abbia da dirmi adesso, e cerco di aprire delle domande che possano riguardare gli spettatori oggi. Non si tratta di attualizzare niente, ogni testo scritto con autentica arte è una fonte inesauribile”.

Come definirebbe il percorso compiuto con i ragazzi finora?

“È stato un percorso difficile, soprattutto all’inizio, anche perché il mio modo di fare teatro non è per niente tradizionale. Sebbene io mi richiami a dei principi che hanno una tradizione lunga quasi un secolo, molto spesso, in Italia, viene considerato “teatro” qualcosa che a mio parere è ormai completamente privo di vita. Abbiamo fatto esercizi fisici, giochi di relazione, improvvisazioni, un tipo di lavoro che serve a stimolare la curiosità e l’attenzione, oltre che a dare alcune, rudimentali basi tecniche. Si tratta di una preparazione necessaria a capire che il teatro è un gioco e che per far funzionare una scena si deve agire con tutto quello che si ha a disposizione: corpo, voce, immaginazione. In un certo senso, provocatoriamente, posso dire che tutto il nostro lavoro è stato un tentativo di far capire ai ragazzi che per fare gli attori avrebbero dovuto “non recitare”. Non recitare, ma giocare”.

Quali sono stati gli aspetti più impegnativi della preparazione dello spettacolo?

“La difficoltà maggiore è quella di organizzare il tempo. Spesso alle prove non potevano esserci tutti, a volte avremmo dovuto provare delle scene e abbiamo dovuto farne altre a causa dell’assenza di uno o dell’altro. Fare uno spettacolo è un lavoro di gruppo e quando si lavora, come nel caso della commedia, su molte scene dialogate e non principalmente sui cori, come invece accade nella tragedia, l’assenza di una sola persona può rendere impossibile provare una scena”.

Quale formazione il teatro fornisce ai ragazzi?

“Per i ragazzi fare teatro è fondamentale. È un gioco di squadra, è un impegno alla disciplina, una chiamata alla passione, al prendersi a cuore non soltanto il proprio ruolo, ma quello di tutti gli altri. Fare teatro in un certo modo porta i ragazzi a essere messi alla prova, a sfidare se stessi e, quando lo si fa abbastanza a lungo, può portare a superare molti limiti espressivi, comunicativi e fisici. Il tempo a disposizione per fare uno spettacolo con i ragazzi del Liceo purtroppo non è molto, anche perché i ragazzi hanno moltissimi impegni scolastici, tuttavia sono certo che il corso di teatro sia per loro un’introduzione preziosa a un mondo diverso dal solito, un incontro che può far nascere in loro una fame proficua, magari non per diventare attori in futuro, ma per vedere la vita in un modo vibrante e rischioso, divertente e impegnato. Cosa che la vita di tutti i giorni non sempre concede di fare”.

A suo avviso c’è stato un incremento o una diminuzione dell’interesse nei confronti del teatro?

“Uno spettatore va a teatro se ha un motivo per andarci. Questo significa, purtroppo, che molto spesso in Italia gli spettatori vanno a vedere ciò che già conoscono: attori famosi, testi famosi e, più raramente, registi famosi. In Italia andare a teatro non è una pratica abituale, come potrebbe essere andare a un concerto, a una mostra, oppure al cinema. In altre nazioni, come in Germania, in Olanda, in Inghilterra, il teatro non è né per i ricchi né per i colti, bensì per tutti. La politica culturale italiana dovrebbe cambiare. Gli unici progetti sostenuti sono quelli privi di rischio, ma le cose dovrebbero funzionare al contrario: gli spettacoli rischiosi andrebbero sostenuti economicamente dallo Stato, così come va sostenuta la ricerca in altri campi, quelli che non rischiano niente dovrebbero cavarsela da soli, affidandosi esclusivamente ai produttori privati”.

Quali sono le sue aspettative per lo spettacolo?

“Difficilmente sono teso prima di uno spettacolo. La sera della prima per me, e spero che sia così anche per chi lavora con me, non è altro che una delle tante giornate in cui ci mettiamo al lavoro. Naturalmente, di fronte agli spettatori, l’adrenalina sale, l’energia che può dare l’incontro col pubblico è enorme. Ma si deve mantenere la calma, respirare, fare tutto come si è sempre fatto, da bravi artigiani. Non credo nel genio senza regole, i più grandi attori della storia, quelli che nella vita privata e pubblica hanno fatto le più grandi pazzie, sulla scena hanno sempre avuto la più ferrea disciplina. Fare l’attore è un lavoro artigianale, che ha bisogno di tecnica e dedizione. Non chiedo così tanto ai ragazzi del Liceo Leopardi, tuttavia credo che loro stessi, da soli, stiano iniziando a capire di che si tratta”.

…E PAROLA AGLI ATTORI!

Perché hai deciso di partecipare al Progetto Teatro organizzato dalla scuola?

Paolo: Ho deciso di partecipare perché è un’iniziativa valida, inoltre ho sempre amato andare a teatro.
Pietro Paolo: In primis perché era tradizione per il progetto teatro rappresentare lo spettacolo anche in Sicilia, anche se quest’anno non è stato possibile. È una bellissima esperienza, si sta insieme, ci si conosce meglio, si coopera, si collabora, ci si confronta.

Come giudichi l’esperienza finora? Ti ha portato qualche beneficio?

Maria Chiara: Sicuramente il progetto non ha deluso le mie aspettative! Mi ha aiutato ad essere più sicura di me stessa, e a rapportarmi con gli altri e con il pubblico in maniera diversa.
Alessandro B.: Esperienza positiva. Ho iniziato tanto per provare, non sapevo ancora se avrei continuato il progetto o l’avrei lasciato, ma poiché mi è piaciuto molto ho deciso di rimanere. Mi ha aiutato sia per staccare un po’ dalla scuola, e poi sicuramente ciò che facciamo qui aiuta nel modo di porsi e comportarsi.

Quanto è importante secondo te il lavoro di squadra nel teatro?

Pietro Paolo: È importantissimo, perché il teatro è un’attività che aiuta a cooperare, ad aiutarsi e a responsabilizzarsi. A teatro una delle prima cose da imparare è che la scena non è formata da un unico personaggio, ma da tante persone, e quindi è necessaria cooperazione, non è un lavoro individuale.
Francesco Pio: Io penso che, al di là della capacità recitativa, personale o collettiva, al di là della volontà di mettersi alla prova, sia necessaria entrare in armonia con il gruppo degli attori perché lo spettacolo riesce solo se riescono a cooperare insieme tutte le parti.

Qual è il tuo ruolo? Quanto è impegnativa la preparazione dello spettacolo in generale?

Maddalena: La preparazione è molto più impegnativa di quanto pensassi. All’inizio facevamo le prove una volta a settimana, o due, essendo i primi incontri dedicati più che altro all’apprendimento di come approcciarsi al teatro, e quindi sembra un’attività così alla buona, poi quando cominci ad entrare nella parte, quando ti spiegano la commedia, allora ti rendi conto che devi impegnarti. Il tempo da dedicare è tanto, serve concentrazione, ma non per questo l’attività non sia gratificante. Il mio ruolo è una tragedia, letteralmente: non è un ruolo tra i principali, vesto i panni di un povero scemo, un tipo che si lascia chiamare “Dio” barbaro. Solo che non essendoci documentazione su questo soggetto, mi hanno detto “Fai un po’ come ti pare!”. Piccola anticipazione: lecco una scala.

Qual è secondo te è il messaggio de “Gli Uccelli” di Aristofane per lo spettatore comune?

Alessandro B.: Il testo originale era molto distante dalla nostra epoca, ma Luciano ha modernizzato il testo inserendo riferimenti al presente, modi di dire comuni. Tutta la situazione è realistica, e spero che questo aspetto si possa cogliere, al di là delle risate. C’è un significato legato alla presa di potere, e persone che si fanno abbindolare da un singolo che promette la luna, un tematica molto attuale a mio avviso.
Alessandro P.: Sicuramente è una visione abbastanza forte, bisogna osservare lo spettacolo dall’inizio alla fine per comprendere bene il tema, che può essere ricollegato persino al Fascismo. C’è questo individuo che prende tutto il potere e riesce ad ammaliare altre persone, ma alla fine il suo comportamento non va a favore dei cosiddetti “Uccelli”, bensì vuole solo sfruttarli. Bisogna rimanere concentrati perché molti elementi sono sottointesi, è una visione di tipo psicologico, in cui tutto non è evidente.

Sei emozionato/a per lo spettacolo? Come stai vivendo il momento?

Paolo: Mi sto preparando ripassando ovviamente la parte, cerco di ricreare a casa l’atmosfera del teatro, ma non sono particolarmente agitato, anche perché non ho una parte importantissima, e comunque mi sento a mio agio sul palcoscenico. Poi, chiaramente, non so se sarò così pacato anche la sera dello spettacolo!
Pietro Paolo: Emozionato, sì, soprattutto perché è la prima volta che prendo sul serio uno spettacolo al di là di quelle recite che solitamente si fanno alle Scuole Elementari, quando ero più piccolo. Con Luciano e Chiara stiamo cercando di prepararci al meglio e quindi di non crearci problemi durante lo spettacolo. Credo che in ogni situazione se si è pronti, non bisogna temere nulla, quindi se continuiamo su questa strada, sarà un successo.