L’intervista pubblicata da Corriere.it contiene tutti le riflessioni cardine proprie di venticinque anni nei quali l’Italia, e con essa il resto d’Europa, ha vissuto una involuzione politica, economica, sociale e culturale che non si sta sicuramente arrestando, anzi.

Giorgio Napolitano – in Parlamento dal 1953, comunista “migliorista”, Presidente della Repubblica che in maniera visibile, da 2011, ha manovrato con gli interessi telefonati da Bruxelles, Francoforte e Berlino a discapito del suo ruolo costituzionale, impedendo ipotetiche svolte politiche e trasformando definitivamente il Partito Democratico in applicatore acritico delle austerità europee – sì, Giorgio Napolitano, arriva a dire queste cose:

Ma lo stock di debito pubblico accumulato nei decenni non è mica un’invenzione tedesca. Si può discutere se il pareggio di bilancio possa essere da noi rinviato di uno o due anni; ma è evidente che l’Italia debba continuare il risanamento avviato con Monti, come dice anche Padoan. Non possiamo convivere per l’eternità con un rapporto tra debito e Pil superiore al 100 per cento. Certo, più otteniamo crescita, più quel rapporto si riduce.

Ecco. Oltre a affermare sillogismi smentiti oltre che dalla realtà persino da quelle istituzioni internazionali che inizialmente le avevano sostenute (il Fmi), il discorso di Giorgio Napolitano è pari pari un discorso di destra neoliberista. Questo passaggio è il fulcro al quale si legano tutti gli altri dell’intervista: la comunità nazionale retrogradata alla figura pre-moderna di tribù, i contestatori della riforma costituzionale Renzi-Boschi etichettati come conservatori, le regole del mercato come vincolo-guida per la società.

Un nuovismo paradossale considerata l’età del personaggio, eppure perfettamente confacente a chi, nella sua lunga carriera politica, è stato capace di mutare il colore della pelle con la capacità di Zelig. Giovane fascista, comunista che inneggiava ai carri sovietici su Budapest, ex comunista, servizievole neoliberista.

E così una eventuale espressione popolare, con metodi democratici, viene definita come “la fine” dell’Italia. Di positivo c’è che certe dichiarazioni chiariscono nettamente da quale parte porsi. Ma occorre capire la potenza della comunicazione e degli spazi che di cui gode e godrà il fronte riconducibile a Napolitano-Merkel-Renzi.

L’obiettivo è sempre lo stesso: ridurre in ogni modo gli spazi di discussione, di partecipazione, di opposizione. Ridurre quindi il cittadino a individuo sempre meno relazionale, sempre più isolato. Com’era quella frase? “La società non esiste, esistono solo gli individui“. L’hanno imparata a memoria. In tanti.