Come sempre, ci metto un po’. Un po’ a riprendermi dai tanti assaggi dello scorso Vinitaly; un po’ a riflettere e un po’ a scrivere. Ma come il buon vino, anche il pensiero a volte va decantato. Sono trascorsi una decina di anni dal mio primo Vinitaly, prima da appassionata, poi da studentessa del settore, oggi da professionista. Non posso negare che la mia percezione del mondo del vino sia cambiata in questi anni, così come lo è il comparto enologico in sé. Oggi produrre vino è un’attività complessa che deve coniugare due mondi opposti: quello della natura con i suoi ritmi, le sue annate e i suoi imprevisti e quello che mercato, spietato, variabile e sempre con numeri da far riportare. Per questo quando da neofita, innamorata della poesia della terra e della vigna, parlavo con la mia amica Angela Velenosi, lei mi illuminò: “Laura oggi non si deve solo essere bravi a fare il vino. Ma soprattutto a vendere il vino”. Beh, che vi piaccia o no, Angela aveva ragione e i tanti bravissimi vignanioli della nostra regione potranno confermarlo con la loro esperienza.

Così, a me pare che in dieci anni siamo diventati più bravi a fare vino buono (punto di partenza di ogni strategia di marketing applicata al nostro Paese) e più bravi a venderlo meglio. A confermare la mia opinione un po’ di numeri: la Passerina (vino ottenuto dall’omonima uva autoctona del Piceno) è il vino che ha subito il maggior incremento di vendita di bottiglie in Italia nel 2015 con un incremento del 34,2%. Non scherza neppure il Pecorino con una crescita del 19,9%, vino che ha festeggiato a Verona i suoi primi 25 anni d’imbottigliamento: prima vendemmia 1990 ad opera del Cavalier Guido Cocci Grifoni.

E che dire del Verdicchio? Il Verdicchio è il vino che per primo ha portato il nome delle Marche in tutto il mondo grazie alla sua nota sapida e minerale pressoché unica, impronta territoriale chiara che si unisce a una grande struttura, promessa di buone capacità d’invecchiamento. Anche nel 2016 il Verdicchio è stato il vino bianco più premiato dalle guide enologiche italiane e per questo si è meritato un gemellaggio inedito con il Barolo, il “Re dei vini”, al fianco del quale sarà presente al prossimo festival Agri Rock Collisioni a Barolo. Così al Vinitaly ho avuto modo di toccare con mano (o meglio di bere con bicchiere) i progressi del nostro territorio, sia dal punto di vista del marketing che da quello della qualità.

Entrando nel nostro padiglione era impossibile non notare l’elegante imponenza dello stand di Velenosi Vini con un super staff all’intero e una firma, quella dello chef Mauro Uliassi, che ha accompagnato egregiamente ogni assaggio. Novità dell’anno la Cuvèè Metodo Classico che riposa cento mesi sui lieviti prima di essere sboccata: un prodotto sorprendente, complesso ed elegante, pronto a competere la guerra dello sparkling nel mercati internazionali. Se parliamo di bollicine, non posso dimenticare il Madreperla Pas Dosè (da uve verdicchio) di Moncaro che sa esprimere le grandi potenzialità di quest’uva autoctona anche in versione spumantizzata.

Dalle bollicine ai vini fermi, il 2016 è stato l’anno del Pecorino e non poteva mancare all’appello la selezione speciale “Guido Cocci Grifoni” della Tenuta Cocci Grifoni, un vino con grande longevità, macerato sulle bucce e ottenuto con lieviti selezionati dalla vigna madre. Un omaggio di Paola e Marilena Cocci Grifoni al padre, pioniere della rivoluzione enologica del Piceno. A Guido Cocci Grifoni si deve la riscoperta questo vitigno a partire dal 1982, quando individuò una delle ultime vigne coltivate a Pecorino alle pendici del Monte Vettore. Proprio da quella vigna arrivano le uve della nuova creazione aziendale.

Nel segno del rosso c’è il Cinabro delle Caniette, vino ottenuto unicamente da uve bordò, antica uva autoctona del Piceno riscoperta da sei produttori marchigiani in collaborazione con l’Assam. Clone della granche, uva misteriosa e con grande fascino, il bordò sa dare un accento del tutto inedito al nostro terroir. Immancabile il Barricadero di Aurora nel padiglione visitatissimo del ViVit, un Offida Rosso (da uve Montepulciano) che ha fatto da apri pista ai tanti vignaioli biologici e biodinamici della nostra regione.

Non mi basterebbero tutte le pagine di Riviera Oggi per raccontarvi l’impegno e la crescita dei nostri produttori di vino, per questo vi lascio con un compito: studiate, assaggiate e siate curiosi. Non limitatevi alla poesia (ma non dimenticatela mai!) e andate oltre per capire l’anima delle aziende vinicole che visiterete; imparate a conoscere altri territori e siate consumatori più consapevoli.