SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Credevo che le 16 reti realizzate, giocando da attaccante esterno, nemmeno prima punta, fossero state un sogno. Pensavo che le sgroppate palla al piede da area di rigore ad area di rigore, imprendibile per gli avversari, fossero state una sorta di fotomontaggio.

Credevo che Mario Titone non fosse più il miglior attaccante della Samb 2015-16. Pensavo che il suo mix di potenza fisica, egoismo e generosità non dovesse essere apprezzato dal pubblico di casa, che lo ha sempre applaudito e osannato, d’altronde.

Immaginavo che i falli da rigore subiti, le punizioni conquistate, l’indole da combattente non fossero elementi in grado di qualificarlo.

Credevo che in un attacco dove l’esterno destro, un ottimo Palumbo d’altronde, avesse realizzato un solo gol e il centravanti fosse un under, impiegato giocoforza in un ruolo non proprio suo, Sorrentino, un uomo come Titone fosse da benedire e basta.

Sapevo che il fatto che non passasse troppo il pallone potesse indispettire qualche tifoso e qualche compagno, ma so ancor meglio che nel calcio come nella vita i difetti vanno misurati con i pregi, mai a se stanti. E preferisco un attaccante che voglia conquistare con egoismo la classifica cannonieri, piuttosto che un anonimo esterno senza stimoli nelle ultime gare del campionato.

Non pensavo, insomma, che la Samb avesse perso il campionato di Serie D per colpa di Mario Titone.