SAN BENEDETTO DEL TRONTO – L’Unione Rugby San Benedetto è stata fondata nel 2011 e doveva essere il risultato della fusione – avvenuta solo in parte – tra Rugby Samb e Legio Picena, che ancora esiste. La base operativa della società è il campo “Nelson Mandela” sito in zona Agraria: “Per mantenerlo sempre verde sono stati piantati quattro tipi di erba – spiega l’allenatore del settore giovanile Andrew Jepson – Tutti quelli che ci aiutano con la manutenzione della struttura sono volontari”. Andrew Jepson è arrivato per la prima volta a San Benedetto nel 1985 e vi è rimasto fino al 1993, quando è tornato in Inghilterra – per lavorare tempo pieno per la Federazione Inglese – Rugby Football Union – e ha continuato ad occuparsi dello sviluppo dei tecnici e della realizzazione di progetti, come, per esempio, quello volto a portare il rugby nelle scuole.

La diffusione di questa disciplina è proprio uno degli obiettivi dell’Unione Rugby San Benedetto, che mira soprattutto a diffonderne i valori positivi: passione, amicizia, “terzo tempo”, spirito di squadra e del gioco e molti altri. Gli iscritti del settore giovanile sono circa 40 al momento, divisi in Under 6, Under 8, Under 10, Under 12 e Under 14, quest’ultima in fase di formazione grazie ad un’iniziativa che gli allenatori Settimio Valentini, Guido Cantalamessa e Mirko Alesiani stanno portando avanti nelle scuole. A concludere la rosa di squadre dell’Unione Rugby San Benedetto sono l’Under 18 – guidata da Mauro Citeroni – e la Serie C1 – che si autogestisce.

Un contributo importante per lo sviluppo del settore giovanile – il quale annovera tra i suoi allenatori anche Martina Capannelli, responsabile dei più piccoli, e Alessio Ubaldi, preparatore atletico – proviene dai genitori (a cui è affidato il “terzo tempo”), dai giocatori Kleo Xhani, Luigi del Nobile e “Gerry” Gerasymovych (assistenti educatori) e da Danilo Alesiani e Renzo Pellei, dirigenti che curano l’aspetto organizzativo e burocratico delle attività e accompagnano i bambini ai raggruppamenti. Fino all’Under 12, infatti, è prevista soltanto la partecipazione a raggruppamenti, ai quali di solito prendono parte minimo tre squadre: “I nostri bambini sono talmente tanti che spesso li diamo in prestito alle altre formazioni – dice Andrew Jepson – A dimostrazione che nel rugby l’amicizia e il divertimento sono le cose più importanti”.

L’Unione Rugby San Benedetto si fa portavoce di tali valori nelle scuole e collabora con le classi 4^ e 5^ elementare e 1^ media: “Ci rivolgiamo a queste fasce di età perché sono quelle che compongono l’Under 12 e perché permettono a maschi e femmine di giocare ancora insieme – precisa Andrew Jepson – Abbiamo intrapreso un progetto a Ragnola, alla Bice Piacentini e alla Marchegiani di San Benedetto Alto, la scuola frequentata da Marco e Matteo Galletti”. I due fratelli – uno dell’Under 10 e l’altro dell’Under 12 – sono ormai due pilastri dell’associazione rossoblu, di cui condividono a pieno la filosofia: “Tutti giocano a calcio, ma da quando abbiamo fatto la dimostrazione di rugby molti hanno capito che il nostro è uno sport bellissimo – dice Marco, a cui fa eco il fratello: “Il rugby coinvolge tutti”. E ne è la prova la piccola Martina Giudici, che gioca nell’Under 8, mentre suo fratello Francesco milita nelle file dell’Under 6. Il rugby portato nelle scuole non è quello di contatto, bensì è il c.d. “Tag Rugby”, il quale prevede che ogni giocatore indossi una cintura a cui sono attaccate due strisce colorate: lo scopo del placcaggio è quello di strappare le strisce, quindi lo scontro fisico è ridotto al minimo.

La collaborazione con le scuole non è l’unica iniziativa dell’Unione Rugby San Benedetto: basti pensare che è stato avviato un progetto con i bambini autistici e che il 2 e il 3 aprile il campo “Nelson Mandela” ospiterà la prima giornata del cricket per profughi e rifugiati organizzata dalla Federazione Italiana Cricket. Oltre a ciò, in occasione del Sei Nazioni – di cui la Nazionale italiana di rugby è protagonista – è partito da San Benedetto un pullman per permettere ai bambini di vedere dal vivo i propri idoli. Ed è proprio alla Nazionale che punta Marco Galletti: “Mi piacerebbe prendere il posto di Sergio Parisse, il Capitano della Nazionale”. Matteo invece si accontenterebbe di giocare per un grande club, nel quale applicare la sua filosofia: “L’importante è far avanzare la squadra, per fare meta”. Perché quando un giocatore fa meta, quella meta non è di uno solo, ma è di tutti.