SAN BENEDETTO DEL TRONTO- La Samb batte il Matelica nel salotto di casa sua e si mette praticamente “in tasca” il campionato 2015-16 che certamente non è finito, ma che a meno di eventi clamorosi, per cui chi legge può sentirsi legittimato a operare opportune pratiche di palpazione, è quantomeno ipotecato in maniera seria.

Le ultime tre giornate di campionato, apertesi con il pareggio di Monticelli che qualche apprensione in vista delle gare successive l’aveva creata per la verità, hanno sancito invece la definitiva consacrazione, semmai ce ne fosse stato il bisogno, della compagine rossoblu come “regina” del gruppo F. Questi crismi di nobiltà non sono però ereditari né tantomeno frutto di diritto divino, ma anzi riflettono e testimoniano una supremazia netta guadagnata dalla squadra di Ottavio Palladini partita per partita, punto per punto. Non a caso adesso la Samb può vantare un distacco in classifica di cui a questo punto, tanto per dire, non può fregiarsi nemmeno il Parma, giusto per rimanere in tema di “nobili” del calcio, con gli emiliani che, seppur imbattuti, sono sopra di “soli”, si fa per dire, sette punti rispetto all’Altovicentino in un girone tra le altre cose considerato da molti addetti ai lavori meno “duro” rispetto a quello che si gioca fra Marche, Abruzzo e Molise.

Uno dei dati che balza agli occhi dopo la gara del “Giovanni Paolo II”, da ieri ancor più santo per i devoti in Riviera, è la straordinaria striscia di risultati utili consecutivi inanellata dalla gestione di Ottavio Palladini, una striscia allungata a 17 con la partita di ieri, praticamente un intero girone. Sembra oggi lontana anni luce quella squadra bella a tratti forse, ma altalenante che, di fatti, incassò 4 gol casalinghi proprio dai matelicesi e che si vide rivoluzionare l’intera gestione tecnica dopo quel pomeriggio d’autunno. Poco importa oggi che in quella partita c’era un Vittorio Esposito in più rispetto a ieri, semmai è un riconoscimento in più al valore imprescindibile del calcio come sport di squadra e non uno in meno a quello del trascinante calciatore molisano.

Facendo un gioco forse inutile, ma certamente intrigante ci si potrebbe chiedere: qual è l’aggettivo che più si addice a questa squadra e a questa gestione tecnica? Per chi vi scrive, quest’aggettivo non può che essere uno e cioè matura. Matura perché questa squadra è riuscita in una striscia utile lunghissima nonostante le pressioni del “dover vincere per forza”, pressioni che nascono dalla convinzione, legittima quanto deleteria, che la Samb, per i suoi tifosi, con la Serie D non ha nulla a che fare e che ogni sconfitta in una serie “ignobile” è quanto di più vicino a un’onta ci possa essere. Ma intanto per uscire dalla Serie D bisogna vincere e la strada che la gestione di Palladini ha scelto per completare la missione è stata quella dell’umiltà e, appunto, della maturità. Una maturità in primis dimostrata dall’allenatore, ripresentatosi alla guida dei rossoblu trasformato rispetto al Palladini della prima gestione, un allenatore più “caldo” e più di una volta espulso durante la sua prima esperienza (ricordiamo gli allontanamenti, a memoria, contro Riccione, Ancona e Teramo nei due anni da allenatore della Samb prima di questa stagione). Quest’anno ai tifosi rossoblu è stato invece riconsegnato un tecnico più saggio e maturo appunto, capace di gestire per prime le pressioni sulla sua testa e poi quelle sulla sua squadra. E le pressioni c’erano perché non dimentichiamo che il mister succedeva a un allenatore cacciato via quando era primo in classifica da un presidente che tra le sue doti, pur abbondanti, non può certo annoverare la pazienza o l’arte della mediazione.

E chissà che questa maturità trasmessa dall’allenatore non sia il viatico per considerare quello di ieri solo il primo capitolo di un libro lungo e avvincente, il cui finale è ignoto, ma che fino ad ora è stato scritto piuttosto bene.