DIPENDENTI PUBBLICI. Quello dei cosiddetti furbetti del cartellino è un argomento all’ordine del giorno che, secondo me, è un non problema per il quale però si sta a occupando addirittura il Parlamento italiano.
Parto da lontano: il problema si è accentuato da quando, trent’anni fa, anche gli alti dirigenti di uffici pubblici sono stati obbligati a marcare il cartellino di entrata e uscita. Prima non lo erano.
Che c’entra? Direte. C’entra e come. La mia citazione riguarda principalmente i livelli della gerarchia pubblica e cioè i vari “generali, colonnelli, capitani, tenenti, sergenti e caporal maggiori”.
E un ‘non problema‘ perché facilmente risolvibile come un’operazione aritmetica.
Quindi, per quale motivo devono essere le forze dell’ordine o scoop televisivi per scoprire se il dipendente è fuori dal lavoro con il cartellino marcato? Le varie gerarchie a cosa servono?
Chi, più di un “caporal maggior” può sapere in tempo reale se il lavoratore del suo reparto sta nel posto di lavoro quando dovrebbe starci oppure no? C’è solitamente un orario di entrata ed uno di uscita, per esempio dalle 8 alle 14. Al caporale basta guardare l’orologio e controllare se sono tutti presenti e se restano al lavoro per tutto il periodo per cui vengono pagati, permessi da lui firmati a parte. Una regola semplicissima che però non viene rispettata sia nei riguardi dell’ultimo dei dipendenti, sia nei riguardi dei vari sottogrado.
Credo di aver detto tutto, lascio ai lettori eventuali considerazioni. Aggiungo soltanto una domanda: il ferreo rispetto di una ‘regola’ semplicissima conviene a tutti o a nessuno? La risposta non dovrebbe essere difficilissima.
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Hai perfettamente ragione, Direttore, infatti un esempio semplice e chiaro, visto che tu hai lavorato in Ospedale, è quello di un reparto, infatti quando la capo sala entra in servizio al mattino e deve assegnare dei compiti e se non trova le o l’infermiere, secondo voi non se ne accorge? solo in un caso non se ne accorge se anche lei o lui non è in reparto ma al bar. Quindi il direttore ha perfettamente ragione i primi a delinquere sono i superiori di quei furbetti, perchè sono conniventi e a volte concussori dell’assenza dei furbetti e ricordo loro che… Leggi il resto »
Prendendo spunto dall’altro articolo, nella realtà in cui lavoro un dipendente privato non può arbitrariamente timbrare l’uscita per andare a prendere il caffè fuori dall’edificio per poi rientrare a proprio comodo, pena una lettera di richiamo per allontanamento dal posto di lavoro senza autorizzazione. Perchè per il pubblico deve essere diverso? Installare un distributore automatico? Potrebbe essere l’idea del secolo.
Arbitrariamente non si può neanche in ‘pubblico’. Il suo concetto avalla ancor più il mio.
Un concetto un po’ difficile da capire ma credo che lei voglia dire che interessa più il rendimento del lavoro che l’orario di servizio. In base alla mia esperienza le dò ragione ma “nell’ottica della verità dei fatti” mi sembra una frase che non c’entra nulla.
Infatti nel mio disappunto facevo riferimento soltanto ai dipendenti pubblici perché so benissimo che nel privato il datore di lavoro accorto e che rimette in proprio fa esattamente quello che dovrebbe fare il dirigente pubblico che, però, a differenza del privato ha poco o nulla da perdere. Comunque la mia considerazione era chiara: il lavoratore che timbra e va via può permetterselo soltanto perché a chi dovrebbe impedirglielo non conviene farlo. Devo spiegarle perché? Non credo sia necessario.
Ha ragione.