SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Recentemente a New  York, in occasione del sessantesimo anniversario dell’ingresso dell’Italia nell’Onu, è partita una delegazione di chef italiani per rendere ancora più appetibile la celebrazione prevista. Tra i cuochi è stato chiamato a prenderne parte anche il cuprense Massimo Polidori, residente a San Benedetto del Tronto e attualmente chef al Vicolo Corto, locale nel centro della Riviera. Un’esperienza importante e speciale all’interno del famoso “Palazzo di vetro” e in una delle città più famose al mondo. Abbiamo intervistato Polidori per farci raccontare questa interessante avventura americana.

Prima di tutto raccontaci di te. Come ti sei avvicinato al mondo della cucina?

“Non nascondo che la passione per la cucina faceva parte di me già prima di frequentare l’istituto Alberghiero di San Benedetto del Tronto. Ai tempi della scuola ho lavorato in parecchi hotel e ristoranti della zona. Dopo la maturità, con la voglia e tanta di toccare con mano l’alta ristorazione e fare delle esperienze lontano da casa, sono partito per Milano alla corte del ristorante Cracco. Esperienza molto dura per essere la prima, la lontananza da casa gli orari massacranti mi hanno fatto capire in breve tempo che il modello da seguire era quello giusto. Nel passare del tempo questa esperienza oltre che per crescere mi è servita notevolmente per avere le porte aperte in molti altri ristoranti in giro per l’Italia e non. E’ stata la volta poi di Villa Feltrinelli sul lago di Garda, poi il Celler de Can Roca a Girona in Spagna (attuale miglior ristorante del mondo, primo nella guida 50 ‘Best restaurant in the World’). Un anno mi sono ravvicinato a casa in provincia di Macerata alle Case, vicino allo chef Michele Biagiola che mi ha trasmesso molto dal punto di vista dei sapori naturali di ciò che si prepara. Altra esperienza da non tralasciare è stata al Noma di Copenaghen. Esperienza durissima quanto formativa al tempo stesso. Ora lavoro al Vicolo Corto. Ogni traguardo che raggiungo lo considero un punto di partenza, come sempre”.

Come mai sei stato contattato per la trasferta in America?

“Lo chef Michele Biagiola mi ha chiesto di prendere parte alla delegazione. Naturalmente ho accettato con piacere. Ringrazio anche i titolari del Vicolo Corto che mi hanno permesso di partire per New York e partecipare alla trasferta negli Stati Uniti. Ero molto emozionato e determinato nell’affrontare questa nuova avventura”.

Sei arrivato nella ‘Grande Mela’ e nel noto ‘Palazzo di vetro’ dell’Onu. Sensazioni?

“Naturalmente positive. New York è una città leggendaria. Non puoi ben capire il suo valore se non si visita direttamente. Vedere dal vivo luoghi leggendari visti soltanto in televisione è stato bellissimo. Il Palazzo è imponente. Sinceramente ho capito solo al mio ritorno in Italia l’importanza di dove ero stato e di cosa avevo fatto”.

Raccontaci della tua esperienza lavorativa all’Onu.

“La nostra delegazione era formata da otto cuochi (compresi tre pasticceri). Il nostro compito era, naturalmente, di cucinare i piatti tipici dell’Italia alle persone ospiti nel palazzo dell’Onu. Avevamo a disposizione cucine d’avanguardia. Non ero teso nonostante il gran lavoro da fare. Ero volenteroso, mi piacciono le sfide. Ero ben determinato nel far bene il mio lavoro. Mettere, come sempre, tutta la mia passione. L’unica ‘difficoltà’ era di cucinare con i prodotti americani. Vi garantisco che non era facile essendo diversa la qualità rispetto ai nostri. Abbiamo cucinato bene e tutti gli ospiti sono rimasti soddisfatti. Ma noi cuochi sapevamo che i piatti potevano essere ancora più buoni se avessimo avuto a disposizione prodotti nostrani. E’ stato comunque un gran successo. I buffet che avevamo preparato sono stati molto graditi. Tutti si sono complimentati con noi per le prelibatezze cucinate”.

Un’emozione in particolare durante l’esperienza lavorativa a New York?

“Il momento più emozionante e impegnativo, probabilmente, è stato cucinare la ‘Colazione di lavoro’ per i 28 big del Mondo. Ovvero il pranzo. Abbiamo saputo che anche i grandi della Terra hanno apprezzato il nostro lavoro. E’ stato molto gratificante. I complimenti fanno sempre piacere, figurati da chi decide sorti per l’intero pianeta. In generale siamo stati tutti molto felici. Basti pensare che alla prima sera avevamo 150 persone e la sera seguente siamo arrivati a 400. E il numero è sempre salito. Segno che la nostra cucina è stata molto apprezzata”.