Sulla strage di Parigi mi sembra lucida e spietata l’analisi di Giuseppe Genna, scrittore e intellettuale.
Aggiungo solo una nota personale. Quando si chiede alla propria comunità di realizzare un’azione, occorre per prima cosa essere disponibili a compierla personalmente, altrimenti non si è parte della comunità a cui si richiama, ma dei vili. Chiunque brami nuovo maledetto sangue per cancellare altro maledetto sangue, può lui stesso essere coerente e abbandonare la tastiera e la poltrona e partire. Lo dica ai suoi figli, ai suoi amici, ai propri cari. Sui fronti di guerra gli aiuti sono sempre ben voluti. Altrimenti si spengano le voci retoriche, grazie.
Nel baillamme di reazioni gastroenteriche, a cui questa fase del digitale fornisce la più meschina delle microvisibilità e che davvero mette a nudo una cifra notevole di ciò che l’Occidente suppostamente sviluppato è in realtà, mi asterrei dallo scrivere qualunque cosa. Se lo faccio, è perché ho potuto studiare, vent’anni or sono, lo sviluppo di una questione che riguarda il Continente che abitiamo.
Tali studi condussero a riflessioni, le quali costituirono una delle strutture narrative, del tutto antiletteraria, di un mio libro assurdo, l’orrendo thriller che si intitolava “Gotha” e Mondadori reintitolò “Non toccare la pelle del drago”. La questione è lo stato di guerra perenne che l’Occidente cosiddetto sviluppato pone come protocollo di colonialismo, soft solo in apparenza, ovunque nel globo, in un passaggio storico che realizza effettivamente il crollo del recente passato bipolare (il 1989 è ieri, secondo i parametri storicamente più assennati).
Ciò che le coalizioni occidentali, anzitutto euroamericane, compiono in Medioriente e nelle zone di dissesto a matrice variamente islamica, purtroppo, non è che emerga con continuità in effetti a vantaggio della pubblica opinione. Per esempio, non è che tutti sappiano cosa gli occidentali hanno fatto coi droni ai bambini in Yemen: un massacro devastante, al cui confronto le stragi di Parigi sono un’aggressione irrilevante dal punto di vista militare. Ci si potrebbe informare in proposito, all’istante, dando un senso alla propria commozione per i fatti di Francia, che in queste ore giustifica la deresponsabilizzazione collettiva praticata inconsultamente quando i fatti di Francia non accadono, andando a vedersi quel capolavoro che è “Dirty Wars”: https://en.wikipedia.org/wiki/Dirty_Wars.
Il passaggio dal mondo bipolare a una geopolitica così cangiante da non essere nemmeno più geopolitica, come dimostrano i fatti in Libano di qualche anno addietro, così come il prezzo del mantenimento di una colonia di controllo e di un asse geopolitico fondamentale per l’Occidente, quale Israele nei fatti è anche, comporta che la guerra sottotraccia non solo si intensifichi a livelli di impercezione, per via dell’estensione, coordinata o meno, del suo raggio – ma impone anche un’intensificazione temporale, ovvero che la guerra sia stabilmente intronata come attività quotidiana della vita stessa di quella massa di masse che l’Occidente incarna.
In questo protocollo di esistenza politica, il soggetto individuale sperimenta un paradosso assai innovativo e tuttavia perenne nell’interminata storia del potere: uno è attivo politicamente senza accorgersene. Qualunque francese è di fatto da anni in stato di guerra, anche se non richiamato al fronte, poiché la guerra è uscita dalla manifestazione pesante e dura che ebbe nel Novecento e il fronte oggi è nebulizzato.
Ogni francese sta combattendo in Mali, ogni francese sta sganciando bombe in territorio siriano, ogni francese continua a opporsi alle più varie falangi in Iraq. La normale esistenza quotidiana del parigino medio non contempla la sensazione e nemmeno la sensibilità rispetto a questo stato di cose, così come non è percepita la sensazione di essere agenti effettivi di un massacro roboante e continuo e sempre “esterno” per via dei consumi che ci si permette di praticare a Parigi come a Roma come a New York. Grondi sangue e non te ne accorgi.
La reazione vociante di chi oggi grida all’umanità sotto attacco, e cioè qualunque osservatore che abbia accesso ai mezzi informativi, è non soltanto ipocrita, ma essa stessa è un atto di belligeranza all’interno di un protocollo bellico che ha raggiunto lo stato atmosferico: sono, in pratica, opinioni funzionali allo sviluppo del conflitto perenne.
In ciò risulta sommamente ridicolo e proditoriamente tragico il fatto che un intero continente non si doti delle strumentazioni necessarie a sostenere quanto fa: ovvero la guerra. Il fatto che l’Europa attenda da vent’anni di costituire le proprie strutture di intelligence militare unica, per esempio, fa ridere qualunque militare. E’ ciò che pagano i servizi segreti francesi, il cui fallimento sul campo è pari esattamente a quello degli americani nel 2001.
Ora, è chiaro che possono esserci fondati sospetti su quanto l’intelligence Usa fece e disfece ai tempi delle Torri Gemelle; però lo stesso non si può dire degli apparati francesi, a nemmeno un anno dai fatti di Charlie Hébdo. Il fallimento delle funzioni difensive interne è del tutto proporzionale all’intensità con cui si attacca l’esterno. Sono i paradossi storici della guerra asimmetrica e non ci vuole molto a comprenderli, mentre ci vuole molto a tollerare umanamente questa situazione per nulla intricata e facilmente leggibile.
Anche in questo caso si misura la vaporizzazione del testo e della leggibilità testuale del mondo. Uno pensa che stia andando giù la letteratura, ma sbaglia: sta andando giù la percezione di essere al mondo, con tutte le responsabilità che comporta stare in questo mondo, che mangia vegano e legge on line del razzo con cui un drone avrebbe incenerito Jihady John, senza sapere nulla e perché e percome. In questa fenditura, l’intellettuale politico ritrova la consistenza di parte del suo studio e di metà del suo ininterrotto discorso.
Buongiorno, bambini.
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In parole semplici (che Genna, chiunque egli sia, non sa usare) mi sembra dica: i francesi se la sono andati a cercare e ben gli sta). Anzi non solo i francesi ma tutti gli occidentali. A me sembra non una riflessione analitica ma rigurgito ideologico.
Dice un’altra cosa, in realtà. Dice che si è in una guerra, e la guerra è tale quando due fazioni che s’affrontano (anche in uno schema “polverizzato” come l’attuale). Noi percepiamo solo gli assalti orroristici bestiali diretti contro di noi. Per noi quella è “guerra”. Non siamo in grado di accusare anche noi stessi di bestialità di tipo orriristico di “Stato”. Non sono in grado di dire che un drone che uccide 14 civili che stanno facendo un matrimonio in Yemen sia la stessa cosa di un “nazislam” che fa una strage in un bar. Sugli orrori è difficile misurare… Leggi il resto »
Beh Pier Paolo
tu sei molto più’ comprensivo (nei due significati) di me nei confronti di questo Genna che magari e’ un grande scrittore ma un povero scienziato sociale. Mi limito solo a dire dato lo spazio che il conflitto che Huntington ha definito ‘conflitto di civilizzazioni’ non può’ essere ridotto a una guerra ‘tout court’ e che la politica (policy) indirettamente suggerita dal Genna (non andare a casa d’altri) ha senso solo se uno assume che gli altri agiscano solo per ritorsione.
Caro Osvaldo Certamente gli “altri” non sono solo ritorsori. E’ indubbio, converrai, che due guerre di occupazione e svariati interventi di guerra vera e propria, solo per stare in superficie, sono alla base di una guerra sui due fronti. Uno dei quali ha deciso di usare l’arma del terrore e dei kamikaze sperimentata per primi in Israele. Bush jr. almeno ha la fama internazionale dell’avvinazzato, Blair invece viene ancora santificato e va in giro per il mondo a farsi pagare per le conferenze, quando, in altro contesto, dovrebbero essere processati per crimini di guerra e tradimento della patria. Siccome gli… Leggi il resto »
Un’ articolo interessante che condivido in parte. E’ pur vero che la Francia dopo essersi resa “neutrale” agli arbori dei primi conflitti del nuovo secolo, solo recentemente, sbagliando periodo storico e nemico, abbia ritenuto esporsi in prima persona nella contrapposizione con il Mondo radicale Islamico -attacco alla Libia ad opera di Sarkozy- nell’intento di esautorare il regime di Gheddafi. Un azione questa scevra da qualsiasi intendimento politico liberal-democratico , ma solo attuata a difesa dei propri interessi energetici in quei paesi del Nord Africa (l’energia delle sterminate centrali atomiche presenti sul territorio Francese, copre solo il 25% del fabbisogno Nazionale… Leggi il resto »