La scuola ha un problema solo: i ragazzi che perde

(da “Lettera ad una professoressa” di Don Milani)

 

Ho citato come esergo di questo articolo la frase di Don Milani a seguito della lettura di un articolo di Marco Lodoli pubblicato giorni fa su La Repubblica.

Lodoli è un importante scrittore italiano, insegnante – per scelta – in un Istituto Professionale alla periferia di Roma.

Nel suo “bellissimo e triste” pezzo che Pier Paolo Flammini ha postato prontamente su facebook, Lodoli fa un’analisi cruda e lucida dell’attuale situazione della scuola italiana raccontando come la scuola sia tornata dopo quasi quarant’anni alla situazione precedente all’esperienza di Barbiana voluta da Don Milani, cioè ad un concetto di scuola pressoché ottocentesco.

Per comprendere bene come siamo arrivati a questo punto, mi travesto da “maestrina dalla penna rossa” e vi racconto la storia della scuola italiana a puntate.
Breve storia della scuola italiana di Antonella Roncarolo

La scuola italiana nasce prima dell’Italia 

Nel 1859, due anni prima dell’Unità d’Italia, grazie alla politica dei liberali del Regno di Piemonte fu approvata la Legge Casati, il primo mattone su cui poi si costruirà la struttura della scuola pubblica italiana.

La legge prevedeva un biennio obbligatorio e un secondo facoltativo. Dopo i quattro anni di elementari si accedeva al ginnasio che era a pagamento o a scuole tecniche.

Guardando quella legge con occhi moderni si nota subito che si tratta di una riforma classista che privilegiava il fenomeno di autoesclusione delle famiglie povere che non avrebbero mai permesso ai loro figli di perdere tempo a scuola e tanto meno a pagamento.       

Infatti, quando la legge dopo il 1861 fu esportata in tutta Italia, ebbe enormi problemi di attuazione nel Meridione e dai dati del censimento del 1871 si rilevò un peggioramento dell’analfabetismo rispetto alla situazione precedente all’Unità d’Italia.

I programmi scolastici, purtroppo, tracciarono già la linea di quella che sarebbe stata la scuola italiana del Novecento: avendo come unica finalità quella di migliorare l’alfabetizzazione degli studenti, si privilegiarono  materie come storia, italiano e religione che diventò da subito una delle materie fondamentali, lasciando fuori materie più scientifiche e ponendo, in questo modo, la giovane nazione fuori da quello sviluppo tecnologico e scientifico che aveva già conquistato l’Europa.