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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il 6 novembre Antonio Guastaferro avrebbe compiuto 91 anni. Nel giugno 2014 purtroppo ci lasciò. Tutta San Benedetto del Tronto (e non solo) apprese con tristezza questa notizia. Guastaferro è stata una figura autoritaria e un punto di riferimento per molti sambenedettesi. Alto e imponente ma dal viso e dagli occhi sorridenti. Un carisma eccellente. Nato a Terzigno (in provincia di Napoli) il 6 novembre 1924, iniziò nel 1942 la sua attività nelle scuole. Nel 1948 giunse nel nostro territorio e insegnò presso la Scuola di Avviamento Industriale “Sacconi” di Ascoli Piceno. In seguito divenne ispettore del lavoro, direttore della Scuola di Avviamento Industriale di Porto Recanati e di San Benedetto del Tronto. Guastaferro nel 1961 fondò l’Ipsia (Istituto Professionale di Stato per l’Industria e l’Artigianato).

In un’intervista del 2011 rilasciata a Riviera Oggi disse: “Andai a Roma per fare l’Istituto assieme a Luigi Ciacciarelli, avvocato e poi sindaco di San Benedetto, i professori Tito Pasqualetti e Luigi Sabatini, tutti dell’Azione cattolica di don Costantino Calvaresi. Rimasero stupiti che si potesse interloquire con un ministro, ma a quel tempo gli uomini ti davano fiducia ed io sono stato fortunato perché ho incontrato sempre persone comprensive. E poi ho avuto tanti amici politici”. La fondazione della scuola portò benessere all’intera città con enormi progressi anche nel senso della cultura. Diede la possibilità ai meno abbienti di avere un’istruzione e imparare un mestiere. Guastaferro rimase preside dell’Ipsia fino al 1992. In oltre trent’anni la scuola è cresciuta enormemente per importanza, numero d’iscritti e qualità della formazione. Molti allievi dell’Ipsia operano attualmente in Italia e nel mondo, basti pensare ai tecnici della motoristica e meccanica navale. Adesso la scuola porta, giustamente, il suo nome da circa un mese. Un’altra creatura di Guastaferro fu l’istituzione del convitto annesso all’istituto che ha dato la possibilità di accogliere tanti giovani provenienti dalla penisola italica e dall’estero. Inoltre il celebre campano fu consigliere comunale in occasione delle elezioni del 1970. Un politico che manteneva quello che diceva. Un uomo di parola. Una rarità in questa società. Abbiamo voluto rendere omaggio a Guastaferro chiedendo un ricordo della sua figura al pediatra Patrizio Marcelli, suo genero.

“Antonio Guastaferro era una persona severa ma generosa. La sua severità era necessaria per la formazione e l’avvento di un giovane al mondo del lavoro. Era fondamentale in quegli anni ma lo sarebbe anche nella società attuale. Gli alunni apprezzavano il suo metodo. Il professore amava fare delle passeggiate a San Benedetto del Tronto e non mancava occasione che un suo vecchio studente si avvicinava per salutarlo e ringraziarlo per ciò che gli aveva donato. Era davvero toccante vedere queste manifestazioni di affetto. Lui le gradiva molto. Riceveva, inoltre, visite di continuo dai suoi alunni. Non solo durante le festività”.

Possiamo affermare che il professor Guastaferro ha dedicato l’intera vita al lavoro e alla scuola.

“Senza dubbio. Era un gran lavoratore ed era sempre in prima linea con le sue attività. Era laureato in Scienze Economico – Marittime. Collaborò con la Direzione Generale dell’Istruzione Professionale, con il Ministero della Marina Mercantile per la riforma del codice della navigazione marittima e, da comprimario, alla fondazione del Liceo Classico Statale e dell’Istituto Professionale Alberghiero di Stato (Ipsaar) di San Benedetto. Dal 1961 al 1992 fu preside di ruolo dell’Ipsia che fondò con le sezioni per padrone marittimo, meccanico, elettricista di bordo, operatore chimico, montatore e operatore di apparecchi radio e televisivi, elettromeccanico, addetto alla manutenzione di apparati elettrici ed elettronici, meccanico tornitore, odontotecnico, congegnatore meccanico (la scuola coordinata di Montefiore), tecnico industrie elettriche ed elettronico, tecnico industria meccanica, tecnico industria chimico e biologico. L’istruzione e la formazione dei giovani erano il pane quotidiano della sua vita”.

Che cosa ricorda del suo ruolo da professore e preside dell’Ipsia?

“Era il primo a entrare nell’istituto e l’ultimo a uscire. La sua presenza era fissa e costante. Controllava qualsiasi tipo di situazione inerente a studenti e docenti. A riguardo ho un simpatico aneddoto da raccontare. Si faceva prestare una 500 da un professore di Teramo per controllare in borghese le varie sezioni. Era particolare vederlo in un’auto così piccola data la sua alta statura. Teneva a qualsiasi dettaglio. Non lasciava nulla al caso. Capiva che i giovani erano il futuro e lavorava in funzione di ciò. Guardava in continuazione al futuro. Ripeteva sempre che una buona scuola avrebbe formato buoni lavoratori e di conseguenza una buona nazione”.

Qual è stato un rammarico del professore? Sempre se ne abbia mai avuto uno.

“Diciamo che l’unico rammarico che ha avuto è stato quello di andare in pensione. Fosse stato per lui, avrebbe sempre lavorato. Tanto che, dopo essere andato in pensione, fondò una scuola privata. Non riusciva a stare lontano dal lavoro e mi ricordo che rimase colpito dalla notizia del suo pensionamento. Sperava non arrivasse mai o che comunque gliel’avrebbero comunicato con largo anticipo per prepararsi meglio alla nuova situazione”.

Qual è la stata la sua più grande soddisfazione nei ruoli svolti?

“I suoi ragazzi. Semplicemente i suoi alunni. Aiutare i giovani a studiare e intraprendere un mestiere erano le sue più grandi soddisfazioni. Come detto in precedenza, apprezzava molto il fatto che i suoi vecchi studenti andavano a trovarlo e salutarlo. Ringraziandolo per gli insegnamenti ottenuti. Fu molto toccante la devozione che molti dei suoi ragazzi dimostrarono in occasione del funerale”.

San Benedetto del Tronto deve molto alla figura del professore. Nel 2011, infatti, ricevette il premio Truentum per l’affetto, la riconoscenza e la gratitudine da parte della comunità sambenedettese.

 “Alla città ha dato molto. E lui ha ricevuto molto dalla collettività. Amava la Riviera. E’ stato orgoglioso di aver contribuito nella crescita industriale e demografica. L’Ipsia divenne un punto di riferimento in tutta l’Italia. E non solo. San Benedetto del Tronto era nel suo cuore e lo dimostra anche l’attività da politico che intraprese per il bene della gente. Non a caso la comunità si è adoperata subito per assegnare il suo nome all’istituto (da circa un mese). Conoscendo i consueti tempi lunghi della burocrazia fa capire quanto era amato dalla città. Riguardo al premio Truentum ne fu molto orgoglioso, anche se lanciò una frecciatina dichiarando che probabilmente l’avrebbe potuto ricevere molto prima visto il suo onorato servizio alla scuola del territorio. Come dargli torto? Era comunque davvero orgoglioso di essere un cittadino sambenedettese”.

Che figura era il professore in ambito privato e familiare?

“Amava molto i suoi cari. La sua famiglia è sempre stata unita. Personalmente ho avuto l’onore di conoscerlo per 45 anni. Ho imparato tanto da lui. Con le figlie è stato esemplare, insegnando anche a loro ciò che insegnava ai suoi studenti. Amava profondamente i suoi nipoti. Aveva con loro un rapporto intenso. I nipoti, infatti, sentono molto la sua mancanza”.

Qual era un motto che il professor Guastaferro amava dire ai suoi studenti e familiari?

Non fare il bene se non hai l’animo disposto a ricevere in cambio l’ingratitudine. Glielo diceva sempre la madre. Questo è il motto che ripeteva in continuazione a chi gli stava vicino. Aveva ragione. La sua vita è stata anche dura sotto vari aspetti, ha dovuto pure combattere alcune invidie. Fortunatamente quello che è prevalso è stata la sua generosità che ha dato beneficio all’intera città di San Benedetto del Tronto”.