La rinascita della Samb è attesa da molti anni; scriveva già Giovanni Quondamatteo nel ’91, ultimi tempi di Venturato (quello che “lu partafòje, a Treviso l’ha lasciate!“):

LA RENASCITE DE LA SAMB

Nghe nu stadie bille còmma quéste,
pe’ la Samb la serie C2 jère tréste;
però ùje festeggième la promozione
che jè nu passe vèrse la resurrezzione.

E, jèsse a pòste le cuse de la sucietà,
fra ddù anne rengundrème j’asculà!
Qualunque sfurze dà fà i diriggende
‘ffenghè stù sugne, realtà revènde…

Dopo 25 anni siamo ancora in serie D, si sono succeduti molti presidenti tutti “senza partafòje” (escluso Gaucci che aveva altre problematiche), personaggi piombati nella nostra realtà, senza la possibilità di fare un business sul territorio compatibile con l’attività calcistica. Oggi abbiamo trovato il presidente Fedeli, uno che ha la Ferrari e lu partafòje ben fornito, forse si può considerare superato il fattore debolezza economica e ci si potrà concentrare su altre questioni.

Il momento è favorevole, perché ci sono molte squadre in sofferenza finanziaria e molte altre coinvolte in illeciti, combine e calcio scommesse, per cui è in atto una operazione di pulizia e di rifondazione che tende a penalizzare le realtà meno pulite, meno solide o con meno potenzialità, riportando in alto squadre di comprensori che possono garantire impianti a norma, seguito e incassi: la Sambenedettese è sicuramente tra le squadre con meno problemi finanziari, con uno stadio più che all’altezza e con una storia e una tifoseria di categorie superiori, con in più un presidente che è disposto a investire denaro vero avendone le potenzialità.

In realtà non tutto è ancora perfetto in casa nostra, e nel nostro calcio in genere: resta un errore di fondo che riguarda la governance nel calcio moderno, ossia non si può pensare ad una squadra di calcio come una normale società di capitali, che può essere posseduta da un qualcuno di passaggio abilitato a disporne a totale piacimento, magari truccare i conti, fallire, scappare. Il Parma è ripartito dalla serie D come una scatola vuota, mentre la vecchia società fallita ha messo all’asta addirittura le coppe, i trofei, i titoli vinti in molti anni di gloriose competizioni sportive: è totalmente assurdo, quello è patrimonio della storia del club e dovrebbe essere inalienabile.

In definitiva una società di calcio appartiene formalmente agli azionisti o soci, che ne consentono la gestione, ma rappresenta in primis il comprensorio in cui vive il club, la città stessa di cui porta il nome nelle varie competizioni. A San Benedetto del Tronto c’è una proprietà transitiva tra la città e la Sambenedettese: è un tutt’uno!
Ecco perché sarebbe utile siglare un forte patto tra la squadra, la città, la tifoseria e l’amministrazione comunale.

La squadra è per forza di cose un valore rappresentativo della città, e in particolare dei suoi tifosi; non può esistere senza queste due componenti che sono permanenti, mentre il presidente/proprietario è assimilabile ad un temporaneo autista che deve avere la patente per guidare e i soldi per la benzina. L’autista guida, sceglie la direzione e il percorso, decide quando fare il pieno, ed è altrettanto giusto che possa ricavare da questa attività un qualche tornaconto che possa rendere più solida la sua collaborazione con la città e la tifoseria: va quindi appoggiato se vuole creare un business sul territorio con ricaduta positiva per lui e per la città, in modo da irrobustire il legame anche con la società di calcio.

Questo tornaconto non deve essere più un tabù di cui non si può parlare, ma deve essere palese in modo da capire subito se la collaborazione può avere un futuro oppure se è destinata a vita molto breve.
Fedeli ad esempio potrebbe voler aprire dei supermercati o un centro commerciale nel nostro territorio, può essere uno scambio accettabilissimo se assicura continuità al suo apporto alla Samb calcio.
Diverso sarebbe il discorso per chi vuole fare speculazione edilizia nell’area stadio e dintorni, la famigerata area Brancadoro, quello è consumo del territorio irreversibile e spendibile una volta sola, troppo oneroso per poter essere barattato con la Sambenedettese, a meno che non ci si limiti a una fetta ridotta di terreno finalizzata al solo verde sportivo, un paio di campi di allenamento e poco altro.

Per tornare alla governance delle società di calcio, e i legami col territorio e le amministrazioni locali, esistono molteplici contributi in tema, convegni, esperienze.
Osserviamo ad esempio un innovativo coinvolgimento dei tifosi nella vicina Ancona, dove Sosteniamolancona detiene il 90% delle quote societarie e gestisce per la prima volta in Italia un club professionistico (in lega Pro) perseguendo la sostenibilità e la crescita del settore giovanile.
Dopo la vittoria del campionato di Eccellenza, l’associazione dei tifosi biancorossi fece il suo ingresso ufficiale nel cda dell’Ancona acquisendo il due per cento delle azioni e soprattutto il potere di veto sulle seguenti materie: proprietà del titolo sportivo, marchio del club e colori sociali, ingaggio ed esonero dell’allenatore e del direttore sportivo, eventuale ingresso di nuovi soci o acquirenti. Alla fine della scorsa stagione, il presidente anconetano Marinelli decise di disimpegnarsi regalando le quote e la guida del club all’associazione di tifosi, mettendola anche nelle condizioni di poter lavorare per i prossimi tre anni (garantisce il pagamento delle fidejussioni ai campionati fino al 2018 e la sponsorizzazione attraverso la sua azienda con una somma di 500.000 euro per il primo anno, 400.000 per il secondo e 300.000 per la terza e ultima stagione).

All’estero, specie in Inghilterra, tali esempi hanno funzionato e riscosso successo: qualche esempio, il Chesterfield, il Lincoln City e lo York City. E’ dalla Spagna che arriva l’esempio di azionariato popolare più noto al mondo: il Futbol Club Barcelona è interamente posseduto dagli oltre 170.000 soci che, accanto ad uno straordinario sentimento di appartenenza al club, hanno costituito una forma di partecipazione societaria senza eguali.

In Italia, è assurto agli onori delle cronache l’esempio della Carrarese, che ha lanciato il proprio Supporters Trust, con un promotore d’eccezione – Gianluigi Buffon – già proprietario del club toscano.
L’iniziativa vuol seguire l’esempio di realtà come Piacenza, Ancona, San Benedetto del Tronto e Taranto – per citarne alcuni – laddove i tifosi si sono organizzati in modo tale da sostenere le società di appartenenza, ora detenendo una partecipazione nel capitale sociale, ora avendo un proprio rappresentante nei rispettivi consigli di amministrazione. Senza contare che, in alcuni casi, i tifosi hanno acquistato il marchio all’asta fallimentare o rifondato la società, all’indomani del fallimento.

A San Benedetto c’è una tale fame di calcio, un tale ritardo di anni, che si può ritenere che i tempi siano maturi per fare il salto di qualità. Occorre rimuovere alcuni ostacoli e superare delle divisioni interne, ma ci si arriverà: è volontà di tutti ed è nell’aria! L’amministrazione comunale, le associazioni di tifosi, e la società possono instaurare un bel dialogo e rendere fruttuosa e duratura la collaborazione; proporrei di compiere tre passi per consolidare al meglio questa sinergia:

1) Rappresentanti del comune nel CDA della Samb come nel caso della Fiorentina.
2) Quota di rappresentanza regalata alle associazioni di tifosi
(un 10%) e potere di veto su alcune materie come per l’Ancona prima maniera.
3) Creazione di una Fondazione Samb finalizzata a gestire un museo della Samb, a custodire la memoria e i trofei passati e futuri
, ad organizzare manifestazioni, feste, sito web, scuola calcio e/o settore giovanile, e quant’altro che non attiene alla stretta gestione sportiva della prima squadra.

La fondazione potrebbe anche crescere e arrivare a detenere proprietà immobiliari sul territorio a uso della Samb e del settore giovanile, campi di allenamento e quant’altro, sulle quali è possibile garantire le fideiussioni; sarebbe utile anche che detenesse il titolo sportivo per dare una base permanente indipendente dalle vicende societarie; il titolo sportivo poi va dato in concessione gratuitamente ad una gestione sportiva di fiducia per alcuni anni rinnovabili.

Il presidente Fedeli ad oggi sembra contrario a concedere fette di potere ad altri soggetti, ma capirà a breve che conviene lasciare spazio ai tifosi e alle energie del territorio in cambio dell’appoggio incondizionato che possono garantire, e ai tanti vantaggi che possono derivare da una tale sinergia e sintonia: è sempre l’unione che fa la forza, ma l’unione si fa venendosi incontro con lealtà e fiducia, e facendo reciproche concessioni.

Le prospettive a breve, appaiono già molto positive. Sfumato in estate il ripescaggio immediato in lega Pro, si punta ad un campionato di vertice per accedervi l’anno prossimo vincendo il girone di serie D. Alla dolorosissima sconfitta in casa contro la squadra del quartiere ascolano di Monticelli (capitolo sfortunato da dimenticare al più presto), fanno da contraltare delle vittorie nettissime fuori casa contro le più accreditate del nostro girone, Campobasso e Fano; l’avvento del nuovo allenatore Ottavio Palladini ha aumentato di colpo la robustezza e la sambenedettesità della squadra, che ormai mostra serie ambizioni di fuga.

L’obiettivo ultimo è almeno la serie B e la valorizzazione di ragazzi del settore giovanile per finanziare futuri campionati più in alto possibile, una prospettiva che è storicamente nel nostro DNA, visti tutti i campioni del passato che sono transitati per San Benedetto prima di decollare ai massimi livelli: è la nostra dimensione naturale, e ci stiamo attrezzando per ritornarci e rimanerci!

FORZA SAMB!