
Dal settimanale Riviera Oggi 1047 (In edicola dal 5 ottobre all’11 ottobre)
A cura di Carlo Clementoni
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – È iniziata con il primo numero dell’edizione invernale una rubrica dedicata alla realizzazione di una Città Grande, un unico comune cioè, nei territori a ridosso di San Benedetto del Tronto, Grottammare e Cupra Marittima. La seconda puntata potete trovarla nel giornale (1048) attualmente in edicola.
PS Una notizia giunta ieri in redazione rafforza la necessità di diminuire il numero dei comuni anche nelle Marche come da indicazione nazionale, in basa alla Legge Del Rio sui processi di Unione e Fusione. Il governatore delle Marche Ceriscioli ha addirittura proposto la riduzione da 236 a 23 comuni nel suo territorio, andando oltre i nostri auspici ma anche generando malumore tra chi la ritiene una prevaricazione sul popolo. Sono coloro secondo i quali dovrebbero essere i cittadini a condividere e indicare le modalità dell’operazione. Credo che sarà fatto perché per ora si è parlato soltanto di numeri e cioè la riduzione ad un decimo dei comuni già esistenti. Un numero (23) che non appare esageratamente piccolo se si considera che ogni provincia attuale sarebbe formata da ben 4/5 comuni. Se facciamo riferimento al nostro territorio (Riviera e collina più vicina) verrebbe fuori una città di circa 12o mila abitanti con un solo consiglio comunale. Un progresso al quale soltanto gli amministratori ‘piccoli’ delle nostre città farebbero opposizione perché non saprebbero più… dove sedersi.
Ecco il servizio apparso sul settimanale cartaceo:
STORIA
Avete mai pensato che il racconto della Storia dell’umanità può durare anche solo poche pagine di un libro? In una pagina si possono trovare grandi cambiamenti ma anche poche righe per insulsi secoli.
Purtroppo molti di noi non vanno oltre la propria dimensione e le consuetudini sociali, considerano giusto tutto ciò che al momento stanno vivendo ma non riescono a guardare con gli occhi della Storia il contesto attuale.
Eppure arriverà un giorno in cui le nostre vite verranno studiate sui banchi di scuola.
Ma in che modo gli alunni del domani considereranno la staticità istituzionale italiana? Forse nella stessa maniera con la quale oggi noi ricordiamo il periodo medioevale?
RITORNO AL PASSATO
Provate a immaginare la nostra pagina o meglio…la nostra fase storica sui libri del futuro.
Immergiamoci d’un tratto in un’altra epoca accademica…
“Buongiorno”, esordisce così una donna in abito formale appena entrata in aula.
“Oggi la lezione verterà sulla teoria del c.d. Dogma Territoriale del XX secolo e metà del XXI”.
Un’avveniristica docente con reiterata solerzia chioserà ancora: “…ai tempi in Italia lo status di Comune, Provincia e Regione regredì fino a diventare un mero motivo di vanto. A parte qualche caso di ottusità cronica, i partiti politici, i governatori, sindaci, assessori e consiglieri strumentalizzarono perfino l’identità culturale del territorio non avvedendosi né degli sprechi né dell’impotenza sistemica di apparati governativi locali ormai anacronistici”
Uscendo dal racconto solo per un attimo potremmo già renderci conto quanto noioso e banale apparirà il capitolo della nostra vita. Ad ogni modo torniamo in classe…
“…in effetti gli ultimi Italiani veri furono portati a credere al così detto “Orgoglio identitario comunale e provinciale” identificandosi completamente in realtà da sempre mutevoli per natura storica.
Tale ostinazione sociale si affievolì nel 2035, anno in cui il principio localistico fu soppiantato dalla dinamicità di fenomeni globali come gli esodi provenienti dagli altri Paesi, l’emigrazione giovanile interna, l’immigrazione degli italiani di ritorno dall’estero, l’impoverimento delle società locali sovrastate dalle multinazionali straniere, l’eccessiva staticità del sistema istituzionale, le nuove tecnologie.
IL CROLLO
Il vecchio impianto statale degli italiani crollò: paralisi della P.A. e Previdenza Sociale, Servizio Sanitario Nazionale insostenibile, infrastrutture obsolete, basso tasso di natalità indigena, invecchiamento della popolazione, spopolamento dei piccoli borghi e svendita di immobili nei centri storici a stranieri facoltosi.
In quegli anni – proseguì l’insegnante del futuro – una classe politica localistica continuò a perseverare facendo credere che il palazzo istituzionale fosse l’unico simbolo della storia e della cultura cittadina. Qualche sindaco sostenne fino alla morte (del Municipio) la superiorità addirittura dei piatti cucinati dai suoi residenti!
Un assessore prima di vendere l’ultimo attico nel miglior quartiere seguitò a manifestare la supremazia antropologica nei confronti del più vicino comune distante solo 4 km!
Nessuno volle mai mettere in discussione l’assetto istituzionale del 1948 rimanendo fedele ai dettami della “Sacra Costituzione”. Eppure stavano difendendo delle entità territoriali snaturate più volte nei secoli non solo a seguito di aspri conflitti ma anche per denaro e persino per capricci nobiliari. In fondo certi soggetti non si distinguevano poi molto dal passato cercando solo di proteggere l’individualismo e la rassicurante quotidianità dei propri interessi, a dire il vero sempre dei soliti.
Tuttavia questo ambiguo atteggiamento speculare ai partiti politici durò poco più di un secolo”.
La breve lezione stava volgendo al termine: “Nel frattempo le successive generazioni diventarono prevalenti e la diversa origine culturale favorì una fase di adeguamento istituzionale in un Paese oramai compromesso
Di conseguenza già alla fine del XXI secolo i nuovi italiani cominciarono ad usare l’appellativo “Italiano vero” per definire con goliardia il vecchio modo di pensare. Anche la lingua e la mentalità stavano cambiando, essendosi diffuse in tutta la penisola diverse culture come l’inglese, l’arabo, il cinese e l’italish il nuovo fenomeno multiculturale generato dagli italiani emigrati all’estero.
A dire il vero un’evoluzione sociale particolare fu riscontrata anche nelle vecchie generazioni che iniziarono a considerare persino più solidali e familiari quei coetanei residenti nei territori storicamente avversi; comprendendo solo al crepuscolo della vita quanto dinamico possa essere il concetto di identità culturale, prima riconducibile a una piazza, a un campanile ora invece a uno Stato, a una Nazione, a un Popolo”.
La Storia può insegnare alle future generazioni a vivere meglio.
Siamo già noi la prossima generazione…
UNIAMOCI
Abbiamo un DNA in comune e una pagina diversa da scrivere insieme, non attendiamo ancora troppi anni…
Uniamoci.
PARTIAMO DAI BILANCI
Nei grafici accanto forniti dal sito www.openbilanci.it abbiamo messo a confronto i bilanci degli ultimi anni delle città marchigiane.
Considerando la pletora amministrativa non escludiamo qualche imprecisione che tuttavia non comprometterebbe il senso indicativo.
SAN BENEDETTO SPRECONA
Pertanto mettiamo in rilievo il comprensorio della nuova realtà picena attraverso i bilanci consuntivi del 2012 e del 2013.
Possiamo notare quanto il comune di San Benedetto detenga una spesa pro-capite più alta rispetto a tutti i capoluoghi di provincia tranne Ascoli Piceno. Addirittura Ripatransone riporta un risultato ancora più negativo.
L’ESEMPIO DI PESARO
In particolare è interessante considerare gli andamenti del comune di Pesaro che raggiunge avanzi di bilancio maggiori anche di cinque volte rispetto al top sambenedettese e mantenendo una spesa più bassa anche del 40%.
Per la città di Rossini tutto questo comporta negli anni una maggiore possibilità di investimento sul territorio avendo meno vincoli di bilancio.
E QUELLO DI FANO
Dinamica favorevole anche per la terza realtà demografica regionale, Fano.
QUANDO LA CITTÀ PICENA?
Tuttavia la nuova città picena risulterebbe di fatto la seconda realtà più importante delle Marche insieme a Pesaro, ciò genererebbe sicuramente più responsabilità ma anche un’ottimizzazione dei servizi, razionalizzando i costi e inoltre tagliando le poltrone di micro-consigli anche del 75%.
Destano perplessità i conti di Ancona, anche se il capoluogo di regione presenta un bilancio drammatico dovuto ad aspetti decisamente controversi.
INDAGINI
In ogni caso vale la pena effettuare indagini più approfondite e chiedersi se eguagliando le dimensioni demografiche e territoriali di un comune come Pesaro in futuro si possano ottenere favorevoli risultati di bilancio, per altro con spese assai basse.
MENO AMMINISTRATORI
Infine il nuovo Consiglio comunale verrebbe composto da soli 25 membri contro gli attuali 110 distribuiti in 10 comuni.
In fondo se Pesaro è amministrata da una trentina di persone non comprendiamo perché in futuro la grande città picena non possa essere gestita con gli stessi numeri.
Stessa storia per quanto riguarda le proporzioni con gli assessori della città pesarese, appena 9 (tra cui un assessore “alla bellezza e alla vivacità”) contro i 50 piceni, compresi tutti i membri delle varie giunte.
Queste le anticipazioni prodotte dalla comparazione tra bilanci. (Continua…)
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in caso di fusione Sanbenedetto avrebbe i numeri per diventare capoluogo
e spodestare ascoli.
Io vorrei porre l’attenzione su quale sia il perimetro ottimo per la fusione. La perimetrazione proposta mi sembra francamente eccessiva (coinvolgere addirittura Massignano e Cossignano???), magari può essere molto più efficace un “San Benedetto, Grottammare, Acquaviva, Monteprandone” con al massimo “Monsanpolo e Ripatransone” andare oltre si inizierebbe ad avere una complessità e delle eterogeneità di difficile gestione.
Quali?
Dimentichiamo una questione, l’Italia non riesce più a sostenere i nostri splendidi borghi. Si può vivere senza palazzo comunale? Interessante la posizione di Castelluccio… sta rifiorendo..forse un’eccezione dovuta alla piana, però perchè stava morendo fino a un decennio fa. Utile sarebbe analizzare bene le dinamiche, Credo che nessuno prima di analizzare in maniera più completa i dati possa determinare con esattezza il modello migliore, però sembra che interessi parecchio. Forse inganna il grafico che mette in risalto anche la città di Ascoli. Però… Dieci comuni rimangono una proposta, utile ricordare che la contiguità territoriale e sociologica di un territorio in… Leggi il resto »
Mi pare che Chomsky stia dando spiegazioni, frutto di suoi studi personali, esaurienti sulla necessità di accorpare comuni (fusione). Ciò non toglie che altri possano controbattere le sue considerazioni che mi sembrano ben dettagliate. Insomma le convinzioni di Chomsky che, io per esempio condivido, non sono basate sul populismo. Tutto qui.
Direttore le annotazioni di Brillant Green arricchiscono il dibattito in maniera molto sensata e ben argomentata. Anche io vedo la perimetrazione ottima come una priorità per avviare un lavoro del genere. Se è già tutto deciso allora non ha senso parlarne.
Ma se il comitato non si è ancora riunito e tu lo sai benissimo.
Il punto è che non è affatto necessario fondersi per ottenere vantaggi di ordine economico e amministrativo. Si possono mettere in rete servizi e gestioni, ottimizzando dove si può le risorse restando separati. E non è per la logica dei campanili. E’ che a certe distanze i vantaggi della fusione diminuiscono e crescono gli svantaggi. Un conto è mettere assieme territori adiacenti e senza soluzione di continuità, perché la risultanza di tale operazione può determinare solo vantaggi, un conto è mettere insieme un territorio vasto e disomogeneo, andando a creare una nuova mini provincia. La dimensione sociologica si può determinare,… Leggi il resto »
Non è necessario fondersi, lei dice. Servono persone competenti, mettere insieme un territorio vasto e omogeneo. Mi sembrano i punti più importanti delle sue considerazioni. Sul primo aspetto credo che lei abbia rispondo in maniera controversa quando dice 8000 comuni sono ingestibili. Io dico che uno sviluppo ragionato e sostenibile possa arrivare soltanto da un solo nucleo politico dirigente (COMPETENTE) e non da più persone decise a difendere il proprio ruolo e quindi il loro orticello. Quando invece dice “mettere insieme un territorio vasto ed omogeneo” io dico che tanto vasto non deve essere perché non lo è, per l’omogeneità… Leggi il resto »
Visto che il problema le sta a cuore e che non riesce a farsi capire (non per colpa sua naturalmente) perché il 27 ottobre non si incontra di persona con le persone che si riuniranno per parlarne a quattr’occhi e quindi per capirsi meglio.
La cosa più importante è risolvere un problema e sono d’accordo con lei sulle difficoltà di farlo davanti al computer.
Se però, per lei, il problema non esiste, come non detto. Grazie per la collaborazione.
Oh anche venerdì, magari in maniera più informale. Perché gli spunti sono molto interessanti http://www.rivieraoggi.it/2015/10/20/209434/a-cena-pesca-il-sindaco-e-pronostica-i-candidati-il-23-ottobre-al-fronte-del-porto-beach/
Dovresti sapere che il comitato ha già fissato un appuntamento.
Direttore il mio è un appunto di merito. Proprio perchè so che c’è una riunione non capisco questa chiusura sullo sviluppo dell’argomento. Proprio perchè c’è una riunione dovrebbe invitare tutti a rendere pubbliche le osservazioni nel corso della riunione, altrimenti che facciamo le riunioni di ratifica?
Non capisco quello che vuoi dire.
Ci sarà una riunione tra chi intende partecipare attivamente ad un eventuale comitato per la messa in opera e per la disciplina della Legge sulle fusioni tra comuni. L’interesse è chiaramente rivolto al nostro territorio. Quello che verrà detto sarà comunicato alla stampa.
Chi vuole parlarne qui può farlo nessuno glielo impedisce. Nessuna chiusura. Mi pare che ce ne sono già diversi. Certo che a quattr’occhi è più facile capirsi e discutere.
Ne riparleremo di persona….