Un problema reale. Il titolo è relativo al fatto che io ritengo il “Riviera delle Palme” la struttura che ha permesso alla Samb di continuare a pensare in grande, altri invece la ritengono l’origine di tutti i mali.

Mettere la parola fine alla questione dello stadio è oggi più che mai un’esigenza indispensabile. O meglio lo sarebbe stato già giovedì scorso se la Samb fosse passata in Lega Pro. Pare infatti che la mancata ‘promozione’ abbia fatto tirare un sospiro di sollievo al sindaco e in particolar modo alle casse comunali. In una settimana l’impianto di illuminazione doveva essere messo a norma per una spesa di oltre centomila euro. Per non rendere inutili tutti gli sforzi fatti da Franco Fedeli per arrivarci.

Scampato il “pericolo” riteniamo che esaminare bene e definitivamente la questione con tutte le parti in causa sia doveroso, visto che di tempo per sistemare le cose adesso ce n’è in abbondanza. Partiamo da Sergio Spina che il problema lo conosce dalle fondamenta oltre ad essere stato il fautore principale dell’impianto attuale.

Se vorranno, altri potranno smentire l’ex presidente della Samb o dargli ragione, noi ci mettiamo a disposizione.

Sergio Spina: “Quando ho preso io la Sambenedettese nel 2009, lo stadio aveva una capienza di 7000 posti ma l’organo di controllo lo portò a 4500. Cosa che penalizzava la città in quanto la squadra stava lottando per restare tra i professionisti o per tornarci in tempi brevi.

In quell’anno scadeva anche la verifica dello stato fisico, nel senso che lo stadio non sarebbe stato più a norma per la struttura statica. Insomma un grave problema che andava risolto e l’occasione del fotovoltaico, molto di moda in quel periodo, sembrò la cosa migliore per risolverlo. Nel 2010 il fotovoltaico aveva un valore di 2,42 euro per ogni kw. Io e Cinciripini (abbiamo a cuore da sempre le sorti della Samb), dopo aver fatto due conti, ritenemmo che, se realizzavamo la copertura dello stadio, avremmo ricavato un Megawatt mettendoci sopra i relativi pannelli fotovoltaici. Significava che, se si trovava una ditta che faceva la copertura, il costo della realizzazione veniva ammortizzava completamente dagli incentivi”

Qualcosa del genere è stato fatto a Ferrara…

“No, il primo stadio che ne ha usufruito è stato il “Bentegodi” di Verona. Noi per fare la stessa cosa pensammo ad una ditta svizzera che era interessata a realizzare la struttura secondo le nostre richieste. Successe però che per metterla totalmente a posto, affinché potesse essere utile per il calcio e per molto altro, non bastava la copertura ma occorrevano altri interventi importanti. Cioè la recinsione a norma, i tornelli e quant’altro. Spese che non venivano coperte con il progetto del fotovoltaico. Insomma non c’erano i soldi per farlo ”

Aspetto da voi non previsto prima di iniziare i lavori di copertura?

“Con i dovuti incentivi l’impianto attuale doveva essere terminato entro dicembre 2010. In quel momento il problema venne alla luce e servivano un milione e seicento mila euro per i restanti lavori, che avrebbe dovuto tirar fuori il comune di San Benedetto del Tronto, proprietario dell’immobile. 1.500.000 euro pubblici che, però, non aveva”

Quindi…

“Se nessuno li metteva, lo stadio non avrebbe potuto contenere più di 4500 spettatori e non solo. Stavano per scadere i tempi relativi alla staticità della struttura dopo di che la Samb avrebbe dovuto giocare in uno stadio limitrofo. A quel punto abbiamo pensato che portare lo stadio a 14-15 mila posti avrebbe permesso di ammortizzare i costi con concerti, partite amichevoli e altre manifestazioni remunerative. Un auto sostentamento per la stessa società sportivo, il mio sogno. Non ci dormivo la notte.”

È vero ma c’era anche un impegno economico non indifferente da anticipare che poteva rappresentare un azzardo…

“Appunto per questo motivo mi recai subito dal sindaco per dirgli che io e l’ingegner Cinciripini ci saremmo sobbarcati la spesa ricorrendo alla vendita di licenze fotovoltaiche. Eravamo disponibili a venderne sei per mettere totalmente a norma lo stadio al posto del comune, un aspetto che vorrei venisse sottolineato. Per una cifra di un milione e cinquecento mila euro che tirammo concretamente fuori noi”

A quel punto ricordo che ci fu una storia di mancate fidejussioni, sbaglio?

“Tutte cavolate. In molti non capirono che la fidejussione non doveva essere chiesta a me bensì al Comune perché ero io che avevo tirato fuori i soldi non il contrario. Ma c’è una cosa ancora più importante: le ditte che hanno fatto i lavori allo stadio non hanno stipulato contratti con me, Cinciripini e Pignotti ma non a valori di appalto, andando a trattare con il fondo svizzero. Infatti la Rdp non eravamo noi ma la società elvetica”

Un aspetto finora sconosciuto, almeno per me,,,

“Ecco perché: a quel punto ci si mettono di mezzo funzionari del Comune di San Benedetto del Tronto, in collaborazione con un assessore. In pratica ci misero i bastoni tra le ruote. Non ho mai capito bene perché anche se credo abbia influito il fatto che i lavori di ingegneria e i relativi progetti non erano partoriti dai soliti dipendenti comunali che lavorano anche a percentuale ma gratuitamente dall’ingegner Cinciripini.

Parole grosse…

“Questa è la verità: ci chiedono di fare una convenzione nella quale viene scritto che, in qualsiasi momento, il Comune poteva riprendersi lo stadio. A quel punto la banca che finanziava la ditta svizzera si risentì dicendo che se la struttura era proprietà pubblica e il suolo anche, a chi si sarebbe dovuto rivolgere per il prestito concesso? Chiedemmo quindi al sindaco che l’articolo non andava inserito perché a quel punto la tariffa non sarebbe più stata di 0,42 al Kw e quindi i costi necessari non sarebbero stati più sopportabili venendo a mancare le garanzie bancarie. E saremmo rimasti tutti con il cerino in mano. Ne seguirono litigate a non finire con la Brancadoro e con il segretario”

E il sindaco?

“Non proferì parola. Avrebbe dovuto intervenire dicendo che ‘si due deficenti’ hanno cacciato 1.550.000 euro di tasca loro, andiamogli incontro. Niente di niente, ci lasciarono soli non cambiando l’articolo 32 che stava bloccando tutto. Per cui non solo la banca ritirò i finanziamenti, il fotovoltaico non fu allacciato e, essendo passo troppo tempo per l’eventuale connessione, la tariffa cambiò e tutto il castello franò, compresa l’impossibilità di finire a pagare i lavori per una cifra che ammontava a 900 mila euro circa. A quel punto io e Cinciripini fummo costretti a comprarci le quote”

Non erano un milione e mezzo…

“No perché, ad un certo punto, la ditta di Troiani e Ciarrocchi ci diede 500 mila euro per lo sfruttamento del fotovoltaico, altri 200 mila li mettiamo noi e rimase un buco di circa 900 mila euro”

Il Comune cosa avrebbe dovuto fare?

“Dire semplicemente che, nel momento in cui richiedeva la proprietà, avrebbe rimborsato la Sambenedettese Calcio che aveva fatto lavori per mettere a norma un bene non suo. Una specie di indennizzo. Bastava questa piccola variazione per sistemare tutto fino a quando i costi non fossero stati ammortizzati dall’utilizzo in seguito alle migliorie eseguite. Cosa che è stata poi fatta a Troiani e Ciarrocchi.

Non potevate chiedere un utilizzo a termine?

“Sì ma per questo l’ostacolo fu la scrittura con la quale l’ente pubblico poteva riprendersi lo stadio in qualsiasi momento. La banca disse: se succede a chi chiedo poi i soldi da noi investiti? L’indennizzo di 500 mila euro arrivò in ritardo, a maggio, quando la banca aveva chiuso i ‘rubinetti’. Da lì lo scoperto di circa un milione di euro”

Il mezzo milione che vi arrivò che destinazione prese?

“Ci pagammo, con relative fatture, i fornitori e gli esecutori dei lavori. Oltre a quel milione da noi perso non va dimenticata la somma di 1.600.000 mila che ho tirato fuori per mettere a norma la struttura (tornelli ecc.), come ho accennato all’inizio dell’intervista. Soldi messi da me al posto del Comune, altro che le cavolate che sento in giro, la realtà è questa e voglio che la città ne venga a conoscenza con la massima chiarezza”

È tutto dimostrabile quello che dice?

“La recinsione e i tornelli sono davanti agli occhi di tutti. Dimostrasse il Comune che sono stati pagati da loro. Mi sono anche stufato di sentire tante cavolate sulla mia cessione della Samb. Nel 2010, la presero Pignotti e Bartolomei per fare disastri nel 2011. Invece continuo a leggere che i colpevoli sono Spina, Pignotti e Bartolomei non solo loro due. Se io ero fuori perché inserire anche il mio cognome tra i responsabili? Si dice anche che colpa dei 900 mila euro mancanti è mia. Non è giusto, la verità deve venire a galla”

Non mancano però errori nel suo tragitto, come dimenticarli. Per esempio quando disse nel momento in cui cedeva la Samb che avrebbe continuato a sponsorizzarla con una bella cifra…

“Ti ringrazio per la domanda e riconosco l’errore ma c’è anche una spiegazione che voglio gridare a gran voce: in quel periodo il mio amico Mezzaroma, Antonio Conte che allenava il Siena ed un altro vennero a trovarmi. Il presidente del Siena mi disse che avrebbe voluto far diventare la Samb una sua succursale ma soltanto se rimanevo io alla guida della società. Sapeva che io, Pignotti e Bartolomei non andavamo più d’accordo. All’uopo chiesi un incontro in sede a Bartolomei, c’erano anche Cinciripini, Pignotti e Spadoni. Dissi a Claudio queste parole: vedo che noi due non possiamo più convivere e visto che in due è difficile comandare ti propongo due soluzioni, prendi tu le redini ed io mi tiro indietro ma continuo ad appoggiarti dall’esterno, so infatti che hai già allacciato accordi con una cordata sambenedettese che non gradisce la mia presenza oppure esci tu e mi appoggi dall’esterno. Non sapeva che sarei stato aiutato da Massimo Mezzaroma. Ci prendiamo sette giorni di tempo e quando ci rivediamo mi dice che la cordata sambenedettese (Ledda, Bianchini, Bocci e altri) l’avrebbero sostenuto per cui poteva prendere lui in mano la società rossoblu”

Quindi?

“Il giorno dopo feci la conferenza stampa nella quale davo le mie dimissioni con presidente Pignotti che si era proposto come garante delle parti. Con lui controfirmai una scrittura nella quale veniva detto che le quote gliele cedevo gratis ma che le avrebbe pagate in caso di cessione della società. Dopo un po’ capii che Pignotti non era più il garante che mi aspettavo. Così che, quando si trovarono in difficoltà economiche (Pignotti in particolare), iniziarono a cercami 200 mila euro, richiesta alla quale risposi che c’era una scrittura privata tra me e lui che purtroppo non si trova più”

In casi simili si usa fare fotocopie…

“Non le facemmo ma io ho prove inoppugnabili di altro tipo che possono testimoniare quell’accordo”

Concluda

“Mi sono stufato di essere sempre messo in mezzo per problemi della Samb che non mi riguardavano, voglio che venga riconosciuto che io ho cacciato dalle mie tasche ben un milione e mezzo di euro per la struttura, altrettanti per la copertura (ne ho recuperati appena 500 mila) per far sì che lo stadio sia quello che tutti oggi potete ammirare. Sfido chiunque a smontare le mie verità. Se qualcuno può lo faccia. Chiudo con l’invito al sindaco di San Benedetto del Tronto di mettere subito a norma almeno l’illuminazione dopo che la città si ritrova con uno stadio coperto e agibile senza che sia uscito un euro dalle casse comunali. (l’intervista è precedente alla non ammissione della Samb in Lega Pro. Ndd)”

Concludo io con una notizia che riguarda il Chieti Calcio: un imprenditore laziale ha acquistato dal Comune lo stadio “Angelini” dopo che gli amministratori pubblici teatini avevano ammesso che la struttura serve sono per giocarci a pallone. In pratica ha detto “Vendetemela, ci penso io a farla diventare produttiva”. Chiaramente ci saranno state anche clausole di varia natura.

Magari una mattina Franco Fedeli si sveglia e gli viene in mente la stessa cosa.

Mi scuso anticipatamente con il presidente della Samb per il riferimento, se lo riterrà inopportuno.