SAN BENEDETTO DEL TRONTO – La candidatura di Margherita Sorge fa arrabbiare mezzo Pd. L’annuncio ufficiale è infatti arrivato nemmeno ventiquattr’ore dopo la presentazione del nuovo direttivo che dovrà condurre il partito verso i prossimi appuntamenti elettorali.

Che l’assessore avesse ambizioni da sindaco si sapeva da mesi. Ma la questione è di principio: così facendo, la Sorge ha bruciato le tappe ed il lavoro della neonata squadra. Eppure i patti erano chiari: prima il programma di mandato, poi le alleanze e solo alla fine l’individuazione del candidato.

Al contrario, il passo avanti della Sorge spariglia le carte, rendendo certe primarie che si sarebbero potute persino evitare qualora fosse stata individuata una figura di garanzia capace di ricompattare il movimento.

A questo punto esce di scena Antimo Di Francesco. Il segretario provinciale difficilmente accetterà di prestarsi al duello col medico sambenedettese, considerando che la Sorge e l’ex vicesindaco hanno portato avanti assieme diverse battaglie politiche.

La situazione rimarrà in stand-by fino a settembre, quando Paolo Perazzoli comunicherà le proprie intenzioni. Tutto dipenderà dall’esito del sondaggio telefonico che farà commissionare.

Fino a quel giorno i renziani non si sbilanceranno: se Perazzoli si ricandidasse i rottamatori opterebbero per un’alleanza strategica. Se invece rinunciasse, si spalancherebbero le porte per una scelta interna che potrebbe confluire sul segretario del circolo nord Andrea Manfroni.

Da valutare anche il metodo di svolgimento delle primarie. La stessa Sorge invoca “un regolamento preciso per disciplinarne lo svolgimento”. La maggioranza del Pd (renziani più minoranza) spingerà per aprire le porte ai non iscritti, visto che si voterà per l’individuazione di un candidato sindaco e non per l’elezione del segretario di partito.