
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Rimpianto per gli svaghi di una volta e non solo: “Un tempo la scuola era più severa, meno giocosa. Oggi ci sono pochi maestri e tante maestre che spesse volte si comportano da madri. Un po’ di durezza ci vorrebbe”.
Per Francesco Guccini è cambiato anche il peso delle elementari: “Una volta ti insegnavano a leggere, scrivere e far di conto. Se entravi alle medie dovevi conoscere l’analisi logica e grammaticale. Ora si arriva alle medie che non si sa scrivere. Gli insegnanti spieghino agli studenti l’uso dell’acca che a giocare ci pensano da soli”.
Tornato a San Benedetto dopo appena dodici mesi, il cantautore modenese abbraccia un auditorium comunale stracolmo che ascolta affascinato ricordi dell’infanzia contenuti nel “Piccolo manuale dei giochi di una volta”.
“Gli adulti non badavano ferocemente a noi – confida – eravamo sempre in mezzo alla strada, non c’erano troppe auto. Si giocava a pallone rigorosamente senza palla, ma con degli stracci arrotolati”.
Il passatempo più amato? Senza dubbio la cerbottana: “Si formava con dei tubi metallici, mentre le frecce si creavano con delle strisce di carta che venivano insalivate. Per proteggere gli occhi a volte si adattavano delle maschere antigas tedesche che però si appannavano dopo pochi minuti. Ci giocavamo d’estate nel primo pomeriggio, quasi per disturbare il riposo degli anziani”.
Guccini racconta che le regole erano tanto infantili, quanto feroci: “Non si sgarrava, tipo la conta per il nascondino”. Per non parlare della distinzione tra giochi maschili e femminili: “Le ragazzine si divertivano con la campana, noi con le gare di rutti o a chi pisciava più lontano. Uscivamo di casa con tre cose fondamentali: un coltellino, dei fiammiferi e del sale. Andavamo a rubare le patate, le facevamo bollire, spargevamo del sale e le mangiavamo. Ci divertivamo con niente”.
Nel terzo millennio cosa è rimasto di quelle distrazioni? Certamente le biglie, le bolle di sapone, i castelli di sabbia. Per il resto si urlerebbe al pericolo: “Eppure noi di robe pericolose ne avevamo viste davvero. Eravamo usciti dalla guerra, volevamo solo giocare”.
A Guccini verrà dedicato il Premio Tenco, in programma Sanremo dal 22 al 24 ottobre: “Andrò là per dire che sono ancora vivo – scherza – in genere certi riconoscimenti arrivano quando non ci sei più”. Un fan auspica che per l’occasione torni a cantare. “Non ci penso neanche”, replica l’artista.
Tra battute ed aneddoti, c’è spazio pure per una tirata d’orecchie ai suoi seguaci: “C’è la moda di fare foto ovunque e comunque. Una moda che mi rende poco sereno”. Il pubblico applaude. Lo stesso che pochi minuti dopo l’avrebbe circondato per immortalarsi con lui.
Lascia un commento
Invecchiat(issim)o
Sarà invecchiatissimo ma come sempre esprime i concetti di un adolescente un po’ radical chic e un po’ naive. Sarà per questo che piaceva a tutti noi da ragazzi ma ora cosa resta?
Ho provato forte pena per lui. Gli avrei urlato “cresci sei ancora in tempo”.
Non ero presente, non contesto neppure quel che ha detto. Mi sembra giusto un po’ moralista, boh ;)
pero c’ha raggione bisogna educare fin dalle elementari.
eppure i politici vecchi con le loro nere e rosse faccette ai tempi loro hanno fatto un culo rosso rosso al proletariato addormentati dai canti comunisti del cavolo che ci troviamo a fare la terza guerra mondiale , ma gucci la morale ai ragazzi ??? i tuoi comunisti si sono arricchiti di brutto.
C’ero prima, durante e dopo. Ci sono stati innumerevoli selfie e foto. Un ragazzo si e’ fatto fotografare mentre si faceva autografare addirittura la scarpa.
Il virgolettato è preciso, ovviamente preso in un contesto ampio. Al netto di moralismi e retorica, lo condivido in toto.