SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Lui è una delle bandiere storiche della Samb. Forse – fra tutte, fra tante – la Samba che più tra le altre è impressa nel ricordo dei tifosi. Quella di Marino Bergamasco, della seconda promozione in Serie B, nel 1974. La coppia con lu bomber Chimenti è passata alla storia e, nei decenni seguenti, non è stata scalfita dal piedistallo. Lui è Maurizio Simonato, trevigiano, attaccante che nelle sue cinque stagioni alla Samb ha avuto anche modo di segnare una rete a Dino Zoff, in Coppa Italia. Nella rete della porta dello Stadio Fratelli Ballarin.

Perché è da lì che parte la nostra chiacchierata.

Mauri, per te il Ballarin, come si dice a Napoli, è nu piezz e’ core. Ma prima di tornare indietro con la memoria, parliamo del Ballarin come è ora. Perché negli ultimi anni l’hai frequentato e non poco.

“Sono responsabile della scuola calcio Vit 97 Samb Giovane da 18 anni. Praticamente in questo periodo io e i miei collaboratori abbiamo avuto modo di far crescere i giovani calciatori della Samb, fino alla prima squadra, tra l’altro in un periodo dove le difficoltà societarie non sono state poche e così abbiamo garantito una continuità per il settore giovanile anche quando questo, di fatto, è stato abbandonato a se stesso”.

Come si svolge l’attività della Vit Samb?

“Alleniamo i ragazzi fino all’età di 12 anni, quindi Esordienti. Parliamo di circa 130-140 bambini, che si allenano nel campetto del Dopo Lavoro ferroviario. Per esigenze di spazio quest’anno abbiamo anche affittato lo spazio del Ballarin, cercando di disputare qui qualche partita”.

Cercando? Perché?

“Non ce l’abbiamo sempre fatta, perché, nonostante il drenaggio del terreno sia decente, ad ogni pioggia il campo è di fatto inaccessibile. Addirittura la Figc a metà anno ci ha proibito di giocare al Ballarin le gare interne a causa delle condizioni igieniche e di sicurezza precarie della struttura e degli spogliatoi. I ragazzi del rugby hanno cercato di risolvere in qualche modo, e per un paio di mesi siamo riusciti a rimediare ma nell’ultimo mese, quando le piogge sono state più insistenti, abbiamo dovuto chiedere ai nostri avversari l’inversione del campo. Ovvero disputavamo in trasferta anche le gare casalinghe”.

Un colpo al cuore per chi, in quello stadio, ha trascorso gli anni più belli della sua carriera.

“Ma non è solo una questione sportiva. Il Ballarin si trova in una posizione strategica, è il biglietto di ingresso a nord della città di San Benedetto e si presenta in maniera incredibilmente malmessa. Qualche anno fa sono venuti a San Benedetto due miei ex giocatori del Montebelluna, e vedendo il vecchio stadio sono rimasti increduli, chiedendomi se davvero giocavo qui. Addirittura si dice che ci siano stati imprenditori in ambito turistico che venendo dal lungomare di Grottammare e vedendo il Ballarin hanno cancellato San Benedetto dalle ipotesi di investimento…”

Non è solo una questione di campi di allenamento e turistica, credo.

“Io ho una certa età, non so quanti anni ancora resterò nel mondo del calcio, quando mio nipote diventerà grande lascerò. Non è una questione personale, al Ballarin ho trascorso i cinque anni più belli della mia vita, dai 25 ai 30 anni. In quel periodo ho sposato una sambenedettese, ho avuto la prima figlia, sono diventato sambenedettese anche io. Questo stadio mi sta a cuore e quando alleno i bimbi mi viene un groppo in gola. Non è una questione politica né cerco una polemica fino a se stessa, ma è davvero una mancanza di civiltà. I sambenedettesi non possono lasciare così una struttura del genere: la riqualificazione del Ballarin è una priorità assoluta, un biglietto di ingresso da presentare. Come, ad esempio, deve esserlo l’Albula, ma non per abbattere i pini…”

Ti ho cercato per questa intervista dopo aver letto quanto hai scritto su Facebook.

“Per caso ho fatto due battute e su internet è venuto un putiferio, 11 mila visualizzazioni per un post e ho scoperto che c’è molta gente la pensa come me. Basta poco, ad esempio mi ha scritto Giuseppe Formentini ed è un progetto semplicissimo e poco costoso, ovvero abbattere le gradinate distinti e tribuna, allargare le strade con la pista ciclabile, e rimettere a posto gli spogliatoi e il prato, magari sintetico. Basterebbe poco per evitare che quella sia vista come una zona abbandonata. Da quando sono arrivato a San Benedetto, nel 1972, la situazione dei campi da gioco non è cambiata molto, gli spazi disponibili sono gli stessi di allora. Al Ballarin come è ora non ci si può più allenare, l’anno prossimo abbiamo stretto un accordo con il Torrione per allenarci sul loro campo sintetico”.

Torniamo ai tuoi ricordi con la Samb. Qual è, in assoluto, quello al quale sei più affezionato?

“Sicuramente il gol alla Juve, la rete del pareggio 2-2. Sicuramente è il gol della mia vita: ero simpatizzante per i bianconeri che vennero a San Benedetto con lo scudetto al petto. Segnai a Dino Zoff, un monumento del calcio italiano, futuro campione del mondo. Ma ci sono tanti ricordi indimenticabili: ad esempio quando arrivai a San Benedetto mi avevano parlato della passione della tifoseria. Ma il 13 di agosto disputammo la prima partita al Ballarin, un’amichevole con il settore giovanile, e dopo essere uscito dal tunnel vidi sulle tribune almeno tremila spettatori. Tornai a Treviso per Ferragosto e non parlavo d’altro, dicevo: ‘Ma vi rendete conto per un’amichevole con le giovanili quanta gente c’era? Questi sono matti!’ Ancora oggi mi vengono i brividi”.

E della Samb attuale?

“Purtroppo siamo sempre in mano a questioni umorali e poche idee, con una programmazione a vista. Moneti ha in mano le cose, vediamo cosa sarà. Nel calcio di oggi occorre fare affidamento sul settore giovanili, in una delle tante foto della Samb dei miei tempi dei 18 giocatori a disposizione di Bergamasco, Spinozzi e D’Isidori, sette venivano dal settore giovanile della Samb: Ripa, Valà, Castronaro che sono andati in Serie A, e poi Daleno, Pilone presi da Barletta e Penne ma da ragazzi, Romani, Pasquali. E quello che mi chiedo: ma come, oggi in Serie D non abbiamo calciatori di San Benedetto da dare alla Samb? Ma siamo pazzi?”

Sembra difficoltoso, da tanti anni, pescare dal settore giovanile rossoblu.

“Ma io posso fare subito almeno 10 nomi di under utili, una formazione con tre nati nel 1995, uno del 1992, e sette del 1996. Oggi giocano chi ad Ascoli, chi in Toscana. Ed altri giocatori sicuramente ci sono nelle squadre giovanili della zona, dal Ragnola al Porto d’Ascoli, al Mariner, Grottammare e via dicendo”.

Proviamo a fare qualche nome.

“Beni, un portiere fortissimo, del 1992. Dondoni, del 1995, Carminucci, del 1995, già protagonista nella Samb di Palladini; Vallorani del 1996, Voltattorni, che gioca nell’Ascoli, del 1996, Carboni anche lui all’Ascoli, del 1996, Croci, ala destra del Porto d’Ascoli del 1996, a sinistra Di Nicola (quattro anni all’Ascoli ora in Abruzzo) del 1996, Iovannisci svincolato dall’Atalanta del 1996, il centravanti Latini, del 1995, al Martinsicuro, 1996. Sto pensando di organizzare, in questi giorni, un’amichevole con questi ragazzi, passati tutti con la Vit Samb. Senza dimenticarne altri, come Ameli, che gioca in Abruzzo, 1995, Chiodi, anche lui in Abruzzo, 1995, Alessandrini, del 1997, alla Beretti dell’Aquila. Non dimentichiamo Vallorani, del 1995, con il campionato che ha fatto proprio alla Samb l’anno scorso”.

Effettivamente i nomi per avere almeno 8 under di qualità non sembra manchino.

“Occorre ripartire con tutta gente del posto. Questi ragazzi hanno tutti un cuore ultras, se segnano o se giocano danno il massimo”.

E come si fa per ripartire?

“Serve un campo di allenamento, magari un sintetico dietro all’Ipsia, ma sembra non lo vogliano fare, girano troppi progetti “super”, e non si cerca di fare il semplice.