A San Benedetto torna immancabile a luglio il festival del pesce azzurro, autodefinitosi “Anghiò”, e come tutti gli anni conferma la pessima tradizione di scimmiottare  il dialetto sambenedettese sbagliando l’accento sul titolo, e non solo.
Si legge sul sito anghio.it, con gran pompa: “L’alice, anghiò in dialetto marchigiano (??), sarà regina della manifestazione…”; dopo diversi anni ormai, se errare è umano perseverare è diabolico.

Recita l’ottimo Gergo di F. Palestini pubblicato dal Circolo dei Sambenedettesi:
Anghió, alice (engraulis encrasicholus); e così anche ad Acquaviva, Monteprandone e Monsampolo. Anghinétte, alicetta. Cfr. franc. anchois, ingl. anchovy.

La dicitura giusta è chiaramente “Anghió” con l’accento acuto, oppure per ovviare alla mancanza della ó sulla tastiera (esce premendo Alt 1 6 2) si può usare anche l’apostrofo, Anghio’, ma mai l’accento grave “Anghiò” che induce in errore chi non è sambenedettese verace, portandolo a pronunciare con la “o” aperta (come farò, però, dirò). Chi è di estrazione marinara pronuncia correttamente con la “o” stretta (come cucceló, maccaró, pinót) perché conosce bene il termine, e non si fa influenzare da come è scritto, ma si tratta ormai di una minoranza e bisogna fare attenzione.

Senza scomodare le scuole alte, bastano le medie inferiori, è noto che l’accento grave si usa sulle vocali aperte, mentre quello acuto si usa sulle vocali con suono stretto, chiuso. Anche in italiano distinguiamo l’accento acuto quando scriviamo perché, benché, rispetto a cioè, caffè, che hanno suono aperto e accento grave…
Usare l’uno o l’altro accento non è indifferente, perché cambia il suono e il significato alla stessa parola.
Esempio: jé sóve=io salgo, jé sòve=io ero, ésse=lui, èsse=lei.

Ora, dopo che è stato detto e scritto, commentato sui media, sui social, confermato dal Circolo dei Sambenedettesi, mi aspetterei che una manifestazione che usufruisce di contributi pubblici del comune di San Benedetto del Tronto, debba essere rispettosa del dialetto che ha scelto di usare, e sia quindi capace di correggersi, ci vuole veramente poco; se è stato depositato il marchio sbagliato, si depositi la modifica, qual è il problema?

Quel titolo tra l’altro viene strombazzato dovunque e propaga l’errore su tutti i testi, gli articoli e i commenti sui media, compresi Riviera Oggi e la carta stampata; se andate a leggere, trovate quasi tutti anghiò, anghiò, anghiò…
Per capire i danni che si stanno facendo, basta una ricerca su google:
-anghió = 173 risultati (quello più giusto)
-anghio’ = 3390 risultati (quello accettabile)
-anghiò = 24700 risultati (quello più sbagliato, che è di gran lunga il più diffuso grazie al nostro festival)

Il dialetto va rispettato e adoperato bene, o per niente!
Lascio la chiosa a dei versi energici di Giovanni Quondamatteo:

Dà rètt’a mmè, se vu fà bella feóre,
vanne so lu porte a pijà ddù sóre…!

Ji cùcie arroste piane-piane, te jì magne,
e nen scuccie la ggènde nghe ssà lagne!!

O sennò, sìndete ddù canzenètte…
e nen stà a ‘mbastardé stu dijalètte!!

APPENDICE. Per la festa della Marina è stato programmato il varo di una lancetta restaurata, battezzato sul sito del comune s’apre na vele nghe na stella rosse. Poi dopo qualche giorno e segnalazioni su Facebook è stato corretto con “stella ròsce”.
Sul listino degli stand gastronomici al porto c’è tutt’ora scritto “Brodetto alla sanbenedettese” con la ENNE, invece che “sambenedettese” come è giusto e sacrosanto.

In generale c’è poca attenzione alle cose che attengono alla nostra tradizione, passano con troppa semplicità degli strafalcioni clamorosi: magari si potrebbe ricorrere maggiormente al Circolo dei Sambenedettesi per evitare il più possibile l’errore.
Un privato può anche permettersi di sbagliare, ma il massimo ente di governo locale ha il dovere di prestare massima attenzione nei testi ufficiali e di correggersi tempestivamente.