SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ricomporre i cocci per non sbandare alle prossime amministrative. E’ l’obiettivo di Fabio Urbinati, intenzionato ad avviare un percorso di riappacificazione nel Partito Democratico: “Sono stato eletto in Regione, ma non mi sento esterno al Pd – dichiara a Riviera Oggi – vorrei impegnarmi in un lavoro di ricompattamento del Pd e vorrei farlo insieme alla segretaria, al sindaco, a tutti. Dobbiamo rimettere insieme i pezzi e assumerci le nostre responsabilità”.

La missione non può che partire da una mano tesa verso Claudio Benigni, il grande sconfitto delle ultime elezioni: “Possiamo trovare una via maestra, va aperta una fase nuova riempita di contenuti. Dal congresso ad oggi non si è mai formata la direzione del partito, che è il vero organo esecutivo. La segreteria in realtà è un organo tecnico. La direzione, per statuto, è rappresentazione degli equilibri del congresso e contiene tutte le componenti e anime del movimento”.

La mossa di Urbinati stupisce e va in controtendenza rispetto alla corrente portodascolana. Gianluca Pasqualini è pronto a raccogliere le firme per la sfiducia di Sabrina Gregori. Improbabile a questo punto che trovi una stampella nella frangia renziana.

Cosa servirà per rivincere nel 2016?

“Prima di tutto un progetto per la città, le candidature verranno dopo. In campagna elettorale ho notato che i cittadini chiedono cambiamento e discontinuità. La città immaginata nel 2006 è diversa da quella di oggi e in un contesto diverso”.

 Qual è stato il più grande errore di Gaspari in questo secondo mandato?

“L’amministrazione ha forse peccato nella comunicazione e nel coinvolgimento dei sambenedettesi in determinate scelte, vedi manutenzione della città o tributi. Abbiamo una tassazione che è una delle più innovative della Regione e pesa meno di altri territori, soprattutto sulle fasce deboli e le attività produttive. Non ci siamo pubblicizzati bene”.

Ma se il problema è stato solo di comunicazione perché pretendere la discontinuità?

“Ammetto che questa amministrazione, di cui i sono frutto e prodotto, non ha fatto ciò che la città si aspettava. Certo, le giustificazioni sono molteplici. Abbiamo governato nel periodo più difficile dal dopoguerra ad oggi. Abbiamo lavorato tanto e investito risorse, mantenendo l’assistenza sociale pari al periodo pre-crisi e investendo sulle scuole pubbliche come mai è stato fatto in passato”.

Sono le stesse critiche che la Emili e Curzi espressero all’interno della maggioranza. Eppure al momento delle epurazioni nessuno li difese.

“Nel loro caso non c’era più condivisione del percorso politico, la mia scelta di dimettermi è stata invece una decisione di principio. Allora condividevo quel percorso amministrativo e lo condivido tuttora”.

Le sue dimissioni l’hanno avvantaggiata nel distaccarsi da una giunta mai così impopolare. Apparire come il candidato non appoggiato dal sindaco non è stato poi tutto questo sacrificio.

“Sì, riconosco che distaccarmi dall’amministrazione è stato un vantaggio. Però non mi dimisi con questo scopo. Credo che chi si candida non può ricoprire un ruolo esecutivo; non può ricevere il pubblico la mattina e fare campagna elettorale la sera”.

Tornando alle future Comunali, i renziani ritengono che il prossimo candidato sindaco non possa essere un esponente dell’attuale maggioranza, come la Sorge. E’ d’accordo?

“Io non escludo che chi è stato in amministrazione possa incarnare quel progetto di rinnovamento che predichiamo”.

Si riparla di Paolo Perazzoli. Nel caso l’ex sindaco decidesse di ripresentarsi, sareste pronti a sostenerlo? In fondo voi eravate quelli della rottamazione.

“Ribadisco: il candidato è l’ultimo dei pensieri in questo momento, occorre un progetto. Perazzoli sceglierà autonomamente, ancora nessuno si è dichiarato. In politica ci può stare tutto, ancora non mi sono posto la questione. Le porte non sono chiuse a nessuno. Magari fossimo nella fase dell’individuazione del candidato. Vorrebbe dire aver già compiuto un lungo percorso assieme”.

C’è un tema che da consigliere regionale considera prioritario?

“Gli argomenti a me cari sono tanti. Penso comunque che sia fondamentale riuscire a rendere fruibili e facilmente spendibili i fondi europei. Ad oggi sono l’unica possibilità per finanziare la pesca, l’artigianato, l’agricoltura, il turismo e la blue-economy”.

Chiudiamo con la vicenda Liberati. In una situazione dove persino il Ministero degli Esteri ha grandi difficoltà di intervento in Gambia, sarebbe ingiusto e paradossale scaricare le responsabilità su consiglieri comunali e regionali, sindaci e assessori. Perché quindi utilizzare il suo nome in campagna elettorale?

“Respingo qualsiasi accusa di strumentalizzazione. Anzi, è stato un vantaggio poter approfittare delle elezioni, abbiamo messo in luce il problema. La mia battaglia l’ho fatta sempre, in tempi non sospetti. Non mollo; in tanti stanno lavorando, ci sono punti delicati da affrontare. Le autorità del Gambia leggono la stampa italiana e locale, sono attente a quello che si dice. Bisogna stare attenti. Sono a favore degli degli appelli ma sono certo che l’Ambasciata stia lavorando sodo”.