Alzi la mano chi ama la birra artigianale. Bene. Posatela nuovamente sul mouse e leggete questo articolo. La prima delusione da darvi arriverà dal fatto che la parola “birra artigianale” non significa niente di specifico: non descrive la qualità di una birra e non ne descrive il metodo di produzione. Il termine nasce sostanzialmente per distinguere questa tipologia di birra da quella industriale prodotta da grandi gruppi.

Era il 1996 quando birrifici come Baladin e Lambrate aprirono in battenti iniziando a parlare di birra artigianale italiana. Oggi sono oltre 600 i microbirrifici italiani ed è sempre più difficile capire quale birra ordinare in questo mare di etichette senza regole codificate. Per fare chiarezza, ecco qualche punto fermo da cui partire.

La birra si produce a partire dal malto (in genere d’orzo ma anche di altri cereali), lievito, acqua, luppolo (esistono tante tipologie di luppolo diverse che apportano alla birra profumi e sapori diversi) e eventuali altri ingredienti che possano arricchire la bevanda (come il miele, le spezie, le erbe…).

Sono tre i tipi di fermentazione alcolica che portano alla produzione di una birra e in base ai quali può farsi una prima distinzione:

  1. alta fermentazione (Ale) – prende il nome dal fatto che i lieviti utilizzati per innescare la fermentazione iniziano ad agire ad alte temperature (tra i 15° e i 25°). Terminata la loro azione, i lieviti salgono a galla in alto nel tino. La maggior parte della birre definite artigianali sono prodotte con questo metodo che assicura una complessità aromatica più ricca e persistente. Le birre rifermentate in bottiglia fanno parte di questa categoria. Con questa dicitura si intende che, a fermentazione terminata, vengono aggiunti altri lieviti nella birra, direttamente in bottiglia, al fine di arricchirne ulteriormente corpo e profumi. Storicamente le birre belghe d’abbazia, le Ale inglesi, ma anche le weizen tedesche sono ad alta fermentazione, ma anche stili come Ipa, Apa, Stout, Belgian Ale, Imperial Ipa, Saison…
  2. bassa fermentazione (Lager) – è in assoluto il metodo più diffuso per la produzione di birra industriale, ma questo non significa che una birra a bassa fermentazione sia di bassa qualità. I lieviti utilizzati in questo caso entrano in azione a temperature più basse (tra i 6° e i 10°) e si depositano sul fondo del tino durante il processo di fermentazione. Solitamente queste birre si caratterizzano per aromi più delicati, una gradazione alcolica contenuta e un gusto più semplice e beverino. A bassa fermentazione sono prodotte le Peroni, le Moretti, le Heinken… molto diffuso in Italia, Germania, Austria e Repubblica Ceca. Pilsner, Lager, Bock, Dunkler Bock e tante altri sono gli stili iscritti in questa categoria
  3. fermentazione spontanea (Lambic) – il metodo più antico, non prevede l’aggiunta di lieviti per attivare la fermentazione, ma è basato sull’azione naturale degli stessi che si trovano nell’ambiente e attivano il processo di fermentazione. Questa tradizione è stata tenute viva in una zona particolare del Belgio nella quale il microclima è ideale per la produzione e la caratterizzazione organolettica di questa tipologie di birre dette lambic. La fermentazione spontanea porta nel calice sentori vinosi, agrumati evoluti, mentre nel gusto un’acidità spiccata. Oggi le birre acide sono prodotte in tutto il mondo e sono sempre di più i birrifici che scelgono di sperimentare le fermentazioni spontanee.

Prima di chiudere, un’altra delusione. Non esiste la birra cruda. So che site affezionati a questo termine e che in molti (birrifici compresi) fanno confusione. Con il termine birra cruda si intende un prodotto non pastorizzato che mantiene integro il suo gusto. Le birra ad alta fermentazione non sono pastorizzate.

Dopo questa piccola prima lezione, vi consiglio di fare un po’ di pratica in questa settimana da Hoppy Days, la festa delle birre di qualità che si tiene a San Benedetto (area ex Galoppatoio) dal 1° al 5 luglio. Chiedete consiglio ai BirrAmici (i giovani appassionati organizzatori) e sapranno guidarvi alla scoperta dell’unica cosa che conta: la birra di qualità, che sia artigianale, industriale, cruda o cotta.

Cheers!