SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “Primarie sì, ma primarie vere”. A invocarle è Gianluca Pompei, ex segretario dei Giovani Democratici e outsider nel 2013 di Sabrina Gregori nella corsa alla direzione dell’Unione Comunale. “Si ritrovi unità nel Pd, ma non sia un mero esercizio retorico. Cerchiamo un percorso comune e se la mediazione non sarà possibile apriremo alle primarie, aperte a tutti i cittadini sambenedettesi. Fare ancora consultazioni da applausometro tra gli staff dei candidati mi pare non sia poi questo metro di giudizio affidabile. Possiamo guardare al futuro, possiamo farlo insieme. Serve coraggio, facciamolo adesso”.

Per Pompei, i due mandati di Gaspari sono stati al di sotto delle aspettative “anche a causa di situazioni contingenti”. Scenario che impone al partito “un segnale di rinnovamento, una discontinuità chiara di uomini e temi, come quella messa in campo a queste elezioni regionali, e che gli elettori hanno dimostrato di premiare. Serve il coraggio di proporre alla città un gruppo rinnovato per un progetto ambizioso – prosegue l’esponente democratico – occorre liberarsi da assembramenti fatti col manuale Cencelli più che con la politica. Serve un Pd che sia il Partito della Città e che non appalti più a liste minori parti integranti dei suoi tratti identitari. Serve farlo in un perso corso comune. La coalizione è il Pd. Sel, fuori dal territorio comunale, è ormai costantemente parte di raggruppamenti alternativi al Partito Democratico e tutti gli altri alleati a livello comunale sono stati di fatto cancellati dagli elettori nonostante l’espediente della “lista cartello” che li ricomprendeva tutti. Più che di forze alleate forse dovremmo cominciare a ragionare di debolezze alleate. E guardate non è questione di politicismi o tatticismi, è questione di orizzonti politici e di rispetto degli elettori del Pd”.

Sul caso Gregori e la possibile sfiducia nei confronti della segretaria, Pompei ne approfitta per togliersi qualche sassolino dalle scarpe ricordando come i suoi sostenitori dell’epoca fossero gli stessi che oggi ne chiedono la testa: “I renziani così come i consiglieri di Porto d’Ascoli hanno tutti sostenuto e contribuito all’affermazione della sua proposta, di cui ora dimostrano di vedere limiti e contraddizioni. Che il gruppo dirigente del Pd di San Benedetto sia in difficoltà è un’evidenza, non è necessario discuterne, basta prenderne atto. Atteggiamento necessario per superarle queste difficoltà. Ho detto il gruppo dirigente perché invece il partito, quello degli elettori, quello che si mobilita e sceglie è apparso in buona salute, si è mobilitato e ha scelto. E non è una questione di vincitori e vinti, come non lo era il giorno dopo le primarie, è una questione di sapere ascoltare le parole delle persone, ed anche il voto, che pure il voto è un modo di parlare, di parlare alla politica”.