SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Si è svolto nel pomeriggio di sabato 20 giugno a Roma l’incontro promosso dal comitato “Difendiamo i nostri figli”, di cui è stato portavoce il neuropsichiatra Massimo Gandolfini, e a cui hanno aderito alcune associazioni cattoliche tra cui tantissime comunità del cammino neocatecumenale, con l’intervento anche di esponenti di altre religioni, come il rappresentante dei cristiani evangelici italiani, il rabbino capo della comunità ebraica di Roma, l’imam della moschea di Centocelle a Roma.

Anche dalla Riviera sono partiti manifestanti in pullman e in auto sin dalla prima mattinata. Tra questi le comunità delle parrocchie di San Filippo Neri di Zona Ascolani e dell’Annunziata di Porto d’Ascoli, oltre a Sant’Antonio e San Pio V di Grottammare.

La manifestazione ha voluto sensibilizzare l’opinione pubblica, attraverso la presenza di una folla composta da interi gruppi familiari, con nonni, genitori e anche molti bambini, provenienti da ogni parte d’Italia, contro alcuni progetti di legge che vorrebbero introdurre l’educazione sessuale nelle scuole a partire dalle classi della materna. Educazione secondo le nuove teorie del Gender, in base alle quali non esistono soltanto maschi e femmine ma ben 56 tipi di identità sessuali, tra cui omosessualità e transessualità.

In base a questi nuovi programmi verrebbe insegnato ai piccolissimi che la famiglia naturale non è formata da una mamma, un papà e dai figli ma che ognuno nel corso della vita può cambiare il proprio orientamento sessuale in qualsiasi momento voglia e che possono anche esserci bambini, magari adottati, di due mamme insieme o di due papà, che hanno avuto il loro figlio tramite la fecondazione assistita in laboratorio e poi tenuto in pancia in un’utero in affitto.

Molto è stato scritto e detto sui giornali di questo evento, contestato perché vuole rimanere fermo alla visione tradizionale della famiglia, per molti ormai superata, fino ad arrivare all’accusa di essere stata una manifestazione omofoba.

Anche all’interno della Chiesa sono emerse posizioni diverse, non tanto sui contenuti anti-gender, quanto sulla scelta di scendere in piazza per prendere posizioni forti su temi molto delicati e complessi. Di qui la non adesione della Cei, Conferenza dei Vescovi Italiani, come invece accadde per il Family Day del 2007, quando il Presidente della Cei Cardinal Ruini volle radunare insieme l’intero mondo cattolico per fermare l’approvazione della legge sulle unioni civili.

Fin qui le discussioni su temi da sempre considerati “ovvi”, e cioè che la famiglia nasce dall’amore tra un uomo e una donna, messi in discussione oggi da forti cambiamenti storici che porteranno nei prossimi anni ad un società molto diversa da quella conosciuta fino ad ora.

Al di là delle posizioni di ognuno, la presenza in piazza di una folla così numerosa è stata un momento di forte impatto e di commovente coraggio, soprattutto quando si è scatenato per più di un’ora un violento temporale che ha costretto tutti, dai più anziani ai bambini nelle carrozzine, a trovare ripari molto precari sotto ombrelli e pensiline in attesa di poter comunque testimoniare che, nonostante tutto, formare una famiglia resta una delle esperienze più belle ed importanti della vita. Nessuno ha lasciato la piazza.

Resta un punto cruciale su cui i politici dovranno trovare una giusta risposta, sia morale che a livello legislativo, e cioè come garantire a qualsiasi persona omosessuale il pieno rispetto e la piena dignità necessari senza per questo distruggere la famiglia tradizionale basata sull’unione di due persone di sesso diverso difesa anche dalla nostra Costituzione. Al posto di una discutibile e pericolosa educazione sessuale obbligatoria nelle scuole non sarebbe meglio lasciare alle famiglie il compito e la libertà di crescere i loro figli secondo i loro valori e la sensibilità dei genitori?