TORTORETO – Un’atleta che non ha bisogno di troppe presentazioni e la cui bacheca è ricca di medaglie importanti: due bronzi ai Mondiali di Budapest 2003; un argento alle Olimpiadi di Atene 2004; due bronzi agli Europei di Riesa 2003; un oro e due argenti ai Mondiali di Baku 2005; due argenti e un bronzo agli Europei di Mosca 2006; tre argenti ai Mondiali di Patrasso 2007; un oro, un argento e un bronzo agli Europei di Torino 2008.

Poi, la delusione dei Giochi olimpici di Pechino, dove, con un’evidente ingiustizia, l’Italia si classifica quarta nella ginnastica ritmica, dietro a Russia, Cina e Bielorussia. “Una rabbia che non avevo mai provato prima, ma che ormai il tempo ha placato – ricorda Fabrizia D’Ottavio – Ora vedo Pechino 2008 come una delle tante esperienze meravigliose che ho fatto”.

L’Olimpiade cinese ha segnato la fine della carriera agonistica della Farfalla teatina: “Era una decisione che avevo già preso. Certo, dopo Pechino c’era voglia di rivincita, ma su di essa è prevalsa la stanchezza”. Così, Fabrizia D’Ottavio ha detto addio alle competizioni in pedana e ha percorso nuove strade: esibizioni in tv, partecipazione a trasmissioni del piccolo schermo, spot pubblicitari, commento tecnico di importanti eventi internazionali, stage in tutta Italia, la collaborazione con il CSI regionale dell’Abruzzo e con quello nazionale.

Proprio in virtù di quest’ultimo connubio, l’ex Farfalla azzurra ha preso parte ai CSI Open Games, organizzati a Tortoreto dal Comitato Provinciale di Teramo del CSI e dal Comitato Regionale Abruzzo, dando visibilità alla ginnastica ritmica e regalando a tante bambine l’opportunità di apprendere non solo nozioni tecniche, ma anche e soprattutto lezioni di vita, le stesse che lo sport ha insegnato a lei e che hanno contribuito a renderla la donna che è oggi, ambasciatrice di valori sani e genuini, altruista e umile, nonostante la sua straordinaria carriera: una Campionessa a tutto tondo.

Fabrizia, cosa si prova vivere il sogno olimpico?

“Partecipare ad un’Olimpiade è un’esperienza meravigliosa ed è l’aspirazione di tutti gli atleti. Quelli di Pechino del 2008 sono stati i Giochi della maturità, se così si può dire, e li ho vissuti in maniera consapevole, mentre ad Atene 2004 ero più piccola: se potessi tornare indietro, rivivrei certi momenti con maggiore intensità. Ma, da un punto di vista del risultato, sicuramente Atene è stata più soddisfacente, dato che in Cina si è verificata un’ingiustizia palese e sotto gli occhi di tutti, competenti e non”.

Quali ragioni ti hanno spinta a dire basta all’agonismo?

“Era una scelta che avevo già ponderato prima delle Olimpiadi di Pechino e che ho confermato dopo, quando, nonostante la voglia di rivalsa, sono rientrata in palestra e ho sentito per la prima volta che quell’ambiente mi stava stretto. Diciamo che, quando giunge il momento di smettere, lo senti, anche se non è una decisione facile. Poi ero arrivata quasi a 24 anni, che per una ginnasta non sono pochi, e avevo voglia di provare cose nuove. Così, un anno dopo, mi sono congedata dall’Aeronautica Militare e ho intrapreso una serie di esperienze e avventure, da cui ho imparato molto”.

Come è nata la collaborazione con il CSI Abruzzo e con quello nazionale?

“È nata per caso. La società di ginnastica ritmica di Teramo, la CAM Ritmica Teramo, mi aveva invitata a una manifestazione di sport, nella quale venivano rappresentate tutte le discipline e a cui era presente anche Angelo De Marcellis, Presidente del CSI di Abruzzo e Teramo: abbiamo parlato e abbiamo dato inizio a questa intesa. Ho avuto l’opportunità di collaborare anche con il CSI nazionale in occasione dell’incontro con il Papa ed è stato davvero entusiasmante stare dietro le quinte ed entrare in contatto con tante squadre sportive diverse”.

Fai stage e partecipi ad eventi in tutta Italia, stando spesso a contatto con i ragazzi. Quale messaggio vuoi trasmettere loro?

“Vincere medaglie è certamente appagante, ma io voglio far capire che lo sport è soprattutto un modo per migliorare se stessi divertendosi e per stare insieme. Con talento, sacrificio e fortuna, magari i risultati arrivano, ma non bisogna vivere in funzione di questo, anche perché, per fare un esempio, sono poche le persone che riescono a partecipare alle Olimpiadi. Lo sport è prima di tutto una scuola di vita”.

Hai avuto dei modelli che ti hanno ispirata?

“Sono cresciuta con le foto di mio padre, che è stato giocatore di basket ad alti livelli e che mi ha trasmesso la passione per lo sport. Dopo aver iniziato a fare ginnastica, ammiravo soprattutto l’ucraina Anna Bessonova, per le emozioni che era in grado di trasmettere in pedana. Devo confessare però di non aver avuto un mito assoluto: da ogni sportivo prendevo qualcosa. Ancora oggi, stimo profondamente gli atleti svantaggiati fisicamente, ma così tanto determinati da fare delle loro mancanze i loro punti di forza”.