SAN BENEDETTO DEL TRONTO- San Benedetto si prepara per mostrarsi al mondo, all’Expo, dove per tutto il mese di giugno sarà possibile assaggiare il tipico “brodetto”; e mentre si discute tra i puristi se la versione “pret-à-manger” e senza spine che proporrà lo chef Federico Palestini renda onore alla tradizione rivierasca, c’è un’altra San Benedetto che è già presente a Milano. Ed è presente da quasi un anno, ovvero dalle fasi di progettazione. Stiamo parlando dell’architetto Enzo Eusebi, sambenedettese che è il designer di Global Farm 2.0, il padiglione espositivo della Waa Conaf, l’associazione mondiale degli agronomi.

In un Expo, come quello 2015, in cui l’alimentazione e la nutrizione sono la chiave, va da sé che il padiglione dell’agronomia e in senso allargato anche dell’agricoltura ricopra un ruolo preminente, e il design scelto per “mostrare” tali, preminenti, contenuti di conseguenza si ritrova anch’esso ad essere un argomento degno di nota.  Dicevamo che a curare l’aspetto estetico del padiglione della Waa è stato Enzo Eusebi, che, per chi non lo conoscesse, tra i tanti progetti è  anche l’autore della struttura, che dal 2003 è andata a rinnovare l’aspetto esteriore dell’Istituto Alberghiero di San Benedetto, e proprio questa location è stata scelta, nella mattinata del 19 maggio per la presentazione del progetto padiglione. Il progetto di Eusebi si basa sui principi dell’architettura parametrica, che poggia le sue fondamenta sulle tecniche di modellazione di solidi in 3D utilizzando algoritmi e parametri numerici e secondo il designer “riducendo al minimo il protagonismo e l’ego dell’architetto”, insomma sempre secondo Eusebi, “il trionfo dell’oggettività dello spazio sulla soggettività”.

Il padiglione di Eusebi è uno spazio di 500 mq che lo stesso designer descrive come un “modello estetico che esprime il senso di una nuova tipologia edilizia, espressione di quel territorio globale che ibrida città e campagna e che attraverso gli algoritmi di Grasshopper per l’architettura generativa permette una innovativa gestione dei territori agro-silvo-pastorali nonché le tipologie della fattoria continentale”.

Ovviamente il punto di vista di Enzo Eusebi è puramente tecnico e traccia un sentiero leggermente impervio per i profani, di qui forse la sensazione che quella del 19 maggio sia stata una celebrazione della tecnica piuttosto che del contenuto accessibile a tutti laddove uno dei pochi spunti non didascalici concessi dal designer è stata la focalizzazione sul particolare di alcuni rivestimenti in sughero con contestuale richiamo all’italianità di questo materiale proveniente, nel caso specifico, dalla Sardegna. Forse un po’ poco per lavare via quell’alone di edonismo che si legge non solo tra le righe delle parole di Eusebi, che in verità ad essere edonista sarebbe anche autorizzato  vista la portata del suo progetto, ma che si legge soprattutto nell’opera di assurzione a panacea di tutti i mali che tante istituzioni in questi mesi hanno fatto intorno all’Expo 2015. Forse l’Expo di Milano è stato caricato di aspettative troppo grandi e forse il costume da “Deus ex Machina” cucitogli da tanti è un po’ illusorio e qualcuno direbbe che le priorità dell’Italia sono altre e di altra portata, ma resta il fatto che fare qualcosa è sempre meglio che non fare niente e, a patto che la sostanza e i contenuti non vengano dimenticati ma solo temporaneamente rimandati, possiamo, da cittadini consapevoli, provare a godere di questa vetrina, magari sentendoci un po’ più orgogliosi se all’Expo c’è anche una parte di San Benedetto.