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MONTEPRANDONE-“Amate l’infanzia; favoritene i giochi, le gioie, le amabili inclinazioni. Chi di voi non ha rimpianto talvolta questa età in cui il riso non si spegne mai sulle labbra e l’anima è sempre serena?” Così scriveva nel 1762 Jean-Jacques Rousseau nel suo “Emilio o dell’educazione”, vero e proprio monumento e pietra miliare della pedagogia, talvolta sorella dimenticata della morale e della politica, perché se è vero che è l’educazione a forgiare l’uomo è anche vero che la misura di educazione che un uomo riceve, è essa stessa la misura dei suoi vizi e virtù. Se quindi consideriamo come pacifico il ruolo fondamentale di una buona educazione nella crescita dell’uomo, dobbiamo considerare anche che il “modus” con cui questa viene impartita è altrettanto fondamentale.

Votate a questo assioma sono sicuramente Clelia Spotorno e Linda Quinzi, che a Centobuchi portano avanti, con un metodo innovativo, un programma di educazione combinato al gioco che proprio nel suo “modus”, nuovo e per certi versi “rivoluzionario”, si differenzia dagli altri. “C’era una volta” è il nome della società sportiva di cui le due ragazze sono fondatrici e promotrici e il metodo che seguono “si ispira alle idee di Luca Nardi, piemontese di Ivrea che ha ideato un particolare metodo educativo che combina gioco e introduzione ai valori etici nei bambini” ci spiega Clelia Spotorno, presidentessa dell’associazione “C’era una volta”. Il percorso è semplice e si dispiega in un trittico, in tre fasi tutte importanti per la riuscita del programma. Nella fase uno denominata “i giochi del cuore” i bambini, “una decina in tutto con un’età che oscilla dai 4 ai 6 anni” ricorda Linda Quinzi, vengono introdotti al gioco e allo stesso tempo a valori etici importanti quali “la gentilezza e il rispetto degli altri” ci spiega invece Clelia Spotorno “poiché una delle regole fondamentali dei giochi che facciamo è evitare la competizione e impedire che i bambini si misurino in termini di abilità fra loro, onde evitare scompensi di autostima che in tenera età possono risultare dannosi in un’ottica futura e lungimirante”. Il programma, pensato come un doposcuola per i bambini, prosegue poi con una parte creativa, dei veri e propri laboratori di creatività dove i piccoli allievi danno prova di sé stessi attraverso piccole opere e manufatti di loro creazione. In questa fase le due responsabili, Linda e Clelia, non mettono “mano” per così dire, ovvero non intervengono didatticamente per correggere tecniche e approcci col fine, spiega ancora Clelia Spotorno, “di insegnare loro a guardare i propri limiti come una possibilità di crescita in un ambiente sereno e non competitivo”.

Il programma vive poi la sua terza fase con i cosiddetti “metto in scena”, delle vere e proprie recite, ovviamente senza un rigido copione data la tenera età dei partecipanti, in cui i bambini mettono in scena una particolare storia “a cui cerchiamo di abbinare un messaggio etico che a seconda delle occasioni può essere l’accettazione di sé stessi, il rispetto verso gli altri o la solidarietà ad esempio” ci spiega invece Linda Quinzi, entusiasta responsabile di questa fase, vista la sua ultradecennale esperienza in campo teatrale con diverse compagnie locali.

Le attività di “C’era una volta” si pongono in definitiva come una valida alternativa o un elemento sussidiario ai tradizionali doposcuola come il calcio, la danza o le lezioni di musica, con un aspetto fondamentale di differenziazione, ovvero la marcata matrice ambientale permeata dalla non competitività che mira a crescere persone più consapevoli dei propri mezzi, più serene e indipendenti nelle relazioni sociali. “Un intento che ha colpito anche l’amministrazione comunale di Monteprandone” – ci spiega la presidentessa Spotorno- “visto il patrocinio e le lezioni introduttive negli istituti scolastici che sia il Sindaco Stefano Stracci che la professoressa Daniela Morelli, consigliere delegato all’istruzione, ci hanno voluto accordare”.  Un riconoscimento formale per un programma nuovo e le cui finalità sono sicuramente rilevanti, non solo da un punto di vista puramente pedagogico, ma anche da un punto di vista strettamente umano.