Ma cosa pensano i vecchi di quello che sta accadendo in Italia? Cosa pensano di questo paese, della sua politica, del governo, dei giovani?

Capita di parlare con pensionati con retribuzioni a volte meno che dignitose, per vari motivi. A volte con pensioni che sono superiori agli stipendi del 90% degli under 40. La maggior parte degli anziani pensa che i giovani siano sfaticati, non desiderosi di lavorare, preferiscano l’assistenza dei genitori alla durezza del vivere. Credono che il miracolo economico del dopoguerra e i benefici connessi siano stati opera esclusivamente della loro propensione al sacrificio, al risparmio, al lavoro anche duro, anche non tutelato.

Indipendentemente dall’orientamento politico, vi è una cultura diffusa di tipo puramente reazionario: se le cose vanno male, pensano, il motivo principale è nella rilassatezza dei costumi, nel benessere che ha corrotto l’indole forte dei padri, nell’eccesso di spesa e poca parsimonia: “Hanno il telefono con internet, vanno a mangiare la pizza, escono, fanno l’aperitivo”.

Naturalmente la “rilassatezza dei costumi, il benessere che corrompe, la pigrizia” si connettono immediatamente con il ruolo negativo dello Stato, che a partire dagli anni ’80 avrebbe iniziato a spendere a dismisura, provocando il debito pubblico, che sarebbe il tumore italiano. Quindi lo Stato spende troppo (o, ma questo non lo dicono ovviamente, tasserebbe poco) e dovrebbe limitare la sua azione.

Così ragiona la maggior parte degli anziani con i quali mi capita di parlare. Il neoliberismo, su una cultura popolare che concorda su questi punti, scorre come un fiume sul più comodo dei letti. I giovani – mediamente, perché generalizzare è sempre scorretto – non hanno risposto in maniera compatta sradicando i punti fondamentali della reazione economica, sociale e culturale (avviata tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80), che sono: a) il mito del debito pubblico come grave peso per lo Stato; b) il mito delle “tutele decrescenti” in ambito lavorativo; c) il mito della spesa pubblica come grave ostacolo posto alle imprese private.

Tutte questioni e argomenti privi di realismo, ma diventati l’idea dominante. E quando una idea è dominante il mondo reale si conforma ad essa, quand’anche questa idea non provocasse benessere diffuso ma, al contrario, povertà e dominio.