SAN BENEDETTO DEL TRONTO – La squadra sbandierata da tutti come la più forte del campionato – superiore alla “fortunata” Maceratese e al Fano – sta finendo il campionato al terzo posto, spogliata dalla propria maglia e sgridata da qualche centinaio di tifosi indemoniati. I passi che l’hanno trascinata dalle deliranti ipotesi di rimonta alla contestazione di oggi si possono racchiudere nella partita contro il Chieti.
Il nuovo modulo – Baldinini ala, un mediano in meno e una seconda punta in più – ha portato qualche punto, all’inizio, ma nella partite più difficili ha palesato la manifesta incapacità di difendere adeguatamente la squadra. E così, in perfetta linea con le ultime settimane, la Samb mostra i suoi due volti. Buon inizio, con la squadra che gioca pazientemente palla alla ricerca del pertugio giusto: dopo un paio di belle azioni, arriva il vantaggio di Napolano, su calcio di rigore. Sembra una partita in discesa, ma bastano dieci minuti per far venire a galla i problemi.
Quando il Chieti inizia a giocare, la Samb inizia a mostrare falle da tutte le parti. Agli abruzzesi bastano pochi minuti per capire i problemi dei rossoblu: proprio come la Vis, i chietini iniziano a sfruttare le fasce, sventagliando la sfera da una parte all’altra del campo. La Samb – imbeccata da Paolucci, che teme Esposito – fa molta densità in mezzo, ma non riesce mai a scalare coi tempi giusti: il lato debole dei rossoblu è sempre troppo scoperto, e – quando cambiano fronte – i rossoblu sono lenti e scoordinati.
Il Chieti fa due cambi di gioco, e segna due gol: al 20′ Giron riceve palla sulla sinistra e crossa in mezzo, seminando il panico. Borghetti – invece di attaccare la sfera – lascia scorrere, Lobosco (posizionato male) si perde Orlando, che ha tutto il tempo di controllare e servire a Broso l’assist dell’1 a 1; al 25′ altro cambio di gioco, stavolta dalla sinistra: la palla arriva al solissimo Orlando, che stoppa e appoggia per la conclusione di Sbardella – tiro a palombella e Fulop (immobile) che si fa scavalcare dal pallone: due a uno.
Da qui in poi la partita perde le sue sembianze agonistiche, e diventa uno psicodramma tutto rossoblu: Lobosco (responsabile in entrambi i gol) perde completamente la bussola e – prima di essere sostituito, al 37esimo – rischia di propiziare altri due gol del Chieti, mentre i compagni restano a guardare. L’arretramento di Baldini a sinistra (con l’ingresso di Emili sull’ala) colma temporaneamente la falla, almeno fino al 45esimo.
Nella ripresa Paolucci mischia ulteriormente le carte, schierando una specie di 4-2-1-3 super offensivo, con Emili trequartista e le due ali (Napolano e D’Angelo) molto più vicine a Tozzi Borsoi. L’intento è chiaro: aumentare il peso offensivo e costringere gli esterni del Chieti a stare più bassi; il risultato è impietoso: il Chieti, che prima sfondava sulle fasce, ora imperversa dappertutto. Franco e Carteri vedono maglie neroverdi che gli trottolano intorno, e i terzini sono in costante inferiorità numerica.
Se prima Esposito aveva avuto pochi spazi, ora ha tutta la libertà del mondo: dopo solo 6 minuti il fantasista neroverde riceve sulla sinistra, salta Botticini e spara in porta – trovando un intervento goffo di Fulop e la rete del 3 a 1.
La risposta dei rossoblu è convulsa: bello spunto tra Napolano e D’Angelo, con quest’ultimo buttato a terra da Rapino (che era già ammonito). Il mancato fischio dell’arbitro sancisce il definitivo crollo dei rossoblu: si passa dall’avere un uomo in più (e una punizione da posizione interessante) al poker del Chieti. Sull’angolo successivo, il Chieti punisce i rossoblu in contropiede, con Esposito che – lasciato solissimo – ha tutto il tempo per saltare Fulop e mettere dentro la sua doppietta.
Il 4 a 1 fa esplodere tutto lo stadio, diviso tra applausi ironici e velenose contestazioni. La Samb non c’è quasi più, e – benché ci provi, soprattutto con i nuovi entrati – nessuno sembra interessarsene. Nel finale il gol di Tozzi Borsoi viene applaudito meno dell’uscita dal campo di Esposito, e i tifosi restano allo stadio solo per un confronto post partita.
Il “confronto”, se così vogliamo chiamarlo, arriva. La squadra – che all’inizio stava tirando dritta negli spogliatoi – si dà in pasto sotto la Curva, ricevendo insulti e improperi. Mentre in tribuna un paio di tifosi iniziano a inveire contro i presidenti, i giocatori si spogliano delle proprie maglie per poi tornare a petto nudo verso il tunnel degli spogliatoi: uno scenario desolante, che palesa – ancora di più – le caratteristiche di una piazza capace di amore e di morte.
Oggi si è mostrato il lato peggiore del mondo-Samb, una società legata in maniera simbiotica col proprio tifo, ma incapace di appartenergli. I tifosi non hanno mai sentito pienamente loro, questa squadra, e ora questa disconnessione sta deflagrando.
Finché la squadra ha mantenuto le aspettative i tifosi hanno dato tutto loro stessi, e la squadra ne ha beneficiato; ma quando le cose hanno iniziato a prendere la piega sbagliata, si è visto uno scollamento sempre maggiore: dall’equivoco Tozzi Borsoi (leader della squadra, contestatissimo dai tifosi) ai problemi con allenatore e giocatori – additati ora come mercenari, ora come inadeguati. I giocatori sentono la fiducia abbandonarli, e ne soffrono.
Ad inizio campionato bastava vedere la curva, per rincuorarsi: ora devono mettersi un un capanello, per isolarsi e farsi forza l’un l’altro.
La realtà è semplice, e crudele: nonostante i tentativi della Società (l’apertura a NoiSamb, gli acquisti di Napolano e Carteri), la pancia del tifo non ha mai fatto sua questa squadra. C’è il tifo, ci sono i giocatori: un tempo erano un’entità unica. Tozzi Borsoi e Paolucci non sono mai stati come Pazzi e Palladini, e a Pepe non sarà mai perdonato quello che è stato perdonato a Ianni. Problemi di appartenenza, ma non solo: i giocatori di quella Samb erano visti come giocatori della Samb, questi sembrano solo un tramite per arrivare in serie C.
Giusto o sbagliato che sia, questo ha generato un’ansia da prestazione incredibile: società, mister e giocatori sembrano ossessionati dal compiacere i tifosi, sempre esigenti. Ne viene fuori un circolo vizioso: la società fa scelte impulsive, dettate dalle pressioni del momento, la squadra – incapace di strappare applausi, anche dopo 4 vittorie di fila – soffre il disamore dei tifosi, e crolla al primo errore.
Con le maglie tolte a Tozzi Borsoi e compagni, i tifosi hanno simbolicamenten spogliato la propria squadra di quell’alone di invincibilità che fu – quando bastava un boato della Curva per far partire la rimonta. Quella Samb è scomparsa, ormai. Ora resta una Curva rancorosa, che tifa solo per delle maglie vuote. Una squadra senza tifo è una squadra perdente, ma un tifo senza squadra perde la sua ragione di esistere.
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