SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Benedette primarie. Per i giornalisti, che hanno tanto da scrivere, da raccontare, da svelare. L’appuntamento in salsa Pd, originariamente nato per aumentare la partecipazione tra gli iscritti e dar voce al proprio elettorato, si è trasformato negli anni in una parentesi agguerrita e rancorosa.

C’è chi grida al complotto, al nemico nero che, come si sa, sta bene su tutto. La Destra sarebbe entrata in scena nella competizione del 1 marzo scorso, che ha visto trionfare Luca Ceriscioli. Una destra che si precipita ai seggi, una destra che fa la fila, una destra che versa 2 euro, una destra che falsa i risultati. Non si sa bene per quale fine. Chi ci crede?

La storia, quella vera, racconta altro. Ossia di un Pd che spesso e volentieri ha rivisto e interpretato il regolamento a proprio piacimento, che ha aperto le porte a rom e cinesi e che ha persino respinto al seggio la novantenne Margherita Hack perché non pre-registrata. Era il 2012 e l’astrofisica aveva annunciato il proprio appoggio a Matteo Renzi, candidato gradito pure ai non tesserati e per questo mal visto dalla nomenclatura del partito. Nomenclatura che manco a dirlo sarebbe ben presto salita sul carro renziano all’indomani del disastro elettorale del 2013, nel rispetto della migliore tradizione trasformista.

Nemmeno San Benedetto è stata da meno. Un anno e mezzo fa, durante il congresso comunale, la fazione sconfitta denunciò l’affollamento nelle varie sezioni di truppe cammellate, oltre all’estensione dell’orario di voto fino alle 21 a Porto d’Ascoli, nonostante gli accordi iniziali avessero fissato il limite alle 18.

Prove muscolari, spacciate per referendum cittadini. Un film tutto a firma Pd, che ha visto la destra sempre nel ruolo di spettatrice.