DA RIVIERA OGGI IN EDICOLA N. 1017 DEL 17 GENNAIO 2015

SAN BENEDETTO DEL TRONTO- Quando si parla di arti marziali, ma in generale di sport di combattimento, ci si accorge subito che l’opinione pubblica non ha di queste discipline una considerazione omogenea e pienamente formata, vuoi per comune diffidenza vuoi per mancanza di informazioni, fatto sta che questi sport “di contatto” vengono spesso collegati, con l’aiuto di una certa cinematografia e di immancabili luoghi comuni, alla violenza o comunque allo scontro fisico. Quando invece ci si avvicina con un occhio interessato si scoprono invece realtà ben diverse dai luoghi comuni, realtà dove regna una ferrea disciplina e le regole non sono imposte ma condivise, realtà dove l’amicizia e il senso di appartenenza sono nettamente più forti del desiderio di competere.

E’ un’atmosfera questa che anche noi di Riviera Oggi abbiamo respirato quando siamo andati a conoscere l’Asd Judo “Riviera delle Palme” associazione sportiva specializzata nel Judo attiva dal 2002 a San Benedetto e guidata dal maestro Giuseppe Solito. Il Judo, letteralmente in giapponese “via della cedevolezza” o anche “via della gentilezza” è tra le arti marziali una delle più particolari poiché abbandona ogni tipo di azione di attacco, tipiche ad esempio del Karate o del Kung Fu, visto che il judoka si adegua alla forza dell’avversario per controllarlo.

Ecco che quindi a ben vedere questa è una disciplina che ben si adatta ai più giovani “e ce ne sono tanti nella nostra palestra, i più piccoli hanno addirittura 4 anni” ci dice il maestro Solito che ci tiene a precisare come questo sport sia uno dei più propedeutici per iniziare una “educazione motoria in un bambino attraverso il nostro approccio che non è da subito tecnico ma ludico, i bambini con noi corrono, giocano a palla, si divertono e pian piano si tenta di inserire l’aspetto tecnico della disciplina all’interno di questi giochi”. A ben vedere più che un maestro di arti marziali, Giuseppe Solito sembra più un educatore quando tratta coi bambini del primo turno, quelli con un’età dai 4 ai 9 anni, e di fatti è lui stesso a dichiarare come questo sport “abbia una spiccata attitudine pedagogica poiché mira a disciplinare i bambini più irrequieti e a spronare i più  introversi” e inoltre, continua il maestro rivelando la nobile filosofia che si respira sul tatami “sono provati i benefici che questa disciplina porta ai bambini e addirittura a quelli con disabilità, i quali spesso se non rendono o se non si intravede in loro alte potenzialità vengono emarginati negli sport di squadra come il calcio ad esempio mentre qui si include e si dà la precedenza a tirare fuori gli uomini prima che i campioni, perché per costruire un campione c’è sempre tempo ma per forgiare una persona con dei valori è bene iniziare fin da subito.”

Diverso ma non troppo è il discorso quando si parla dei più grandi, dai 9 anni in sù, i ragazzi del secondo turno per intenderci i quali adottano un approccio più tecnico e che vengono, nel caso dei più promettenti, anche avviati alle gare locali e nazionali, senza dimenticare che il percorso di un judoka è lungo, “almeno dieci anni per arrivare ad essere cinture nere, e comunque non ci si arriva mai prima della maggiore età” precisa Solito, “perché il percorso deve essere graduale e consapevole, con esami che nelle prime fasi conduciamo noi della palestra mentre per l’ultimo step, la cintura nera, ci si avvale del giudizio di maestri di altissimo profilo e preparazione e in un percorso così lungo, conclude il maestro, le persone violente e mosse da uno spirito sbagliato si autoescludono perché sulla strada per imparare il judo si impara necessariamente anche a essere uomini”.