DA RIVIERA OGGI IN EDICOLA N. 1018 DEL 24 GENNAIO 2015

SAN BENEDETTO DEL TRONTO- Il binomio sport e disabilità potrebbe sembrare a prima occhiata una caratteristica esclusiva dei più moderni stati di diritto, quei modelli, sempre più teorici di welfare state che sulla carta dovrebbero tendere all’eliminazione delle disuguaglianze sociali e quindi, giocoforza, inquadrando in questa fattispecie anche le disuguaglianze che nascono da una condizione di diversità data da una disabilità psichica o motoria.

In realtà le relazioni tra sport e disabilità hanno una storia piuttosto lunga che parte dal lontano 1924, anno in cui si svolsero a Parigi i primi “Giochi Silenziosi” organizzati dal Comitato internazionale degli Sport dei Sordi. Figura importante in questo ambito fu poi il medico inglese ma tedesco di nascita Ludwig Guttmann, il quale, dal 1948 e partendo dal suo ambito (già dal ’44 era infatti a capo del “Centro Nazionale di ricerca sulle lesioni del midollo spinale”) decise di promuovere fin dall’inizio lo sport come metodo principale di terapia, utilizzandolo per plasmare e riplasmare i suoi pazienti con un fisico forte e soprattutto con un forte rispetto di sé, contribuendo così alla moderna espansione degli sport paralimpici.

Anche a San Benedetto ci sono realtà che seguono l’archetipo di Guttmann e una di queste realtà è l’associazione sportiva di nuoto “Cavalluccio Marino”, nata nel 1987, affiliata amministrativamente alla Cogese e presieduta da Diego Unterhuber che da trent’anni si occupa di sport come mezzo di integrazione sociale. Non è certamente un compito facile il suo, ma il presidente dell’associazione sa bene l’importanza del suo lavoro, un mezzo unico, a suo dire “per l’educazione, il riconoscimento e l’inserimento sociali di persone con disabilità” e in effetti le interazioni positive e terapeutiche dello sport su soggetti affetti da patologie menomanti è facilmente intuibile, ma in questo caso si va oltre. E il perché ce lo spiega lo stesso Unterhuber il quale precisa come “dopo una iniziale introduzione al nuoto, i ragazzi disabili, per la maggior parte ragazzi down o con ritardi mentali, vengono introdotti alle gare vere e proprie con tanto di giudici, punteggi e squalifiche laddove servano” un trattamento da adulti quindi e “soprattutto da persone normali” continua il presidente “aspetto molto importante che contribuisce, insieme alla normale soddisfazione per un risultato sportivo, a rendere le loro gare del tutto similari a quelle dei normodotati e a far sentire questi ragazzi un po’ meno diversi dagli altri”.

Un aspetto altrettanto importante, insieme all’integrazione, è però anche la sensibilità con cui ci si deve approcciare a questi ragazzi, “ragion per cui i nostri allenatori e i nostri tecnici sono appositamente formati per interagire con i disabili” ci spiega ancora il presidente “e ragion per cui dividiamo le gare in due categorie, quelle “promozionali”, in cui tutti vanno a medaglia anche solo partecipando e quelle “agonistiche” dove c’è una vera classifica e il trattamento degli atleti non è dissimile dal mondo dei normodotati, tenendo  ben presente però che non possiamo fare errori di valutazione in quanto introdurre all’agonismo chi non è psicologicamente pronto potrebbe portare a delusioni cocenti e quindi a danni di un certo rilievo nell’ambito del percorso di inserimento sociale dei ragazzi”.

Quando le cose vanno per il verso giusto però si riescono anche ad avere delle soddisfazioni di un certo peso, soddisfazioni che alleviano le sofferenze e le difficoltà di vite che sono oggettivamente più in salita delle altre, sia per gli atleti che per le famiglie.

Uno di questi casi è quello di Francesco Fiscaletti, atleta paralimpico sambenedettese affetto dalla Sindrome di Down che, ci spiega di nuovo Unterhuber “ha partecipato a tantissime gare nazionali e internazionali riuscendo anche a portare a casa l’oro agli europei di Coimbra (Portogallo) nel 2011 nella specialità della staffetta 4×50 mista dopo che, nel 2010, ai mondiali in Cina era riuscito ad assicurarsi un argento e un bronzo sempre nella staffetta”. 

Un vero fiore all’occhiello per la Cavalluccio Marino Francesco Fiscaletti, una bellissima storia di riscatto e integrazione di un ragazzo che va definito non per la sindrome di cui è affetto ma per quello che è: un campione.