SAN BENEDETTO DEL TRONTO –  Quanti anni aveva quando ha iniziato a lavorare in mare? Come mai ha scelto di fare questo mestiere?

 “Iniziai molto presto, durante le vacanze estive, a nove anni. Aiutavo mio padre che aveva una lancette, ma iniziai a lavorare in maniera regolare dopo il diploma all’istituto avviamento marinaro.

Il mio primo imbarco effettivo avvenne sul motopeschereccio “nuovo San Gabriele”, imbarcazione in legno, costruita da mio padre. Mio papà Domenico (detto “bombolo”) proveniva da una famiglia molto numerosa, infatti era il primo di quattordici figli, era un grande lavoratore che si è sempre prodigato per il benessere familiare.

Il “nuovo San Gabriele” effettuava la pesca a strascico in Adriatico e vi lavorai fino al mio ventiquattresimo compleanno.

Con i miei fratelli Dante e Diomede costruimmo un’imbarcazione denominata “San Diego”, una barca di ventuno metri, progettata a San Benedetto, nei cantieri navali Latini, nel 1960. Effettuavamo la pesca in Mediterraneo, durante il periodo estivo, tra la Sardegna e la Tunisia mentre durante l’inverno praticavamo la pesca locale.

Nel 1970 io ed i miei fratelli costruimmo il “Domenico Guidotti”, imbarcazione che aveva una potenza di 300 cavalli. Effettuavamo la pesca tra la Sardegna e la Tunisia, lavorando, soprattutto, per la pesca del gambero rosso.

Quest’esperienza fu l’ultima che feci con i miei fratelli, perché in seguito sciolsi la società con loro; da quel momento in poi ognuno lavorava per conto proprio.

Acquistai un’imbarcazione usata, in legno, che denominai “Eliana Guidotti”, per rendere omaggio a mia figlia.

Nel 1992 varai il “Pegaso”, primo motopeschereccio interamente costruito in acciaio inox, presso i cantieri navali Piergallini di San Benedetto. Lavorai soprattutto per la pesca adriatica. Nel 1996, mentre ero al comando del suddetto moto pesca, e mi trovavo in acque internazionali, venni catturato da una motovedetta croata. I militari salirono a bordo e mi sequestrarono l’imbarcazione (costruita solo quattro anni prima), oltre a farmi una multa molto salata. Dovetti subire un processo che portò all’effettiva confisca dell’imbarcazione e la successiva messa all’asta. Il governo italiano non mi aiutò in nessun modo a farmi riprendere il natante, anzi, mi fece un’ulteriore ammenda. All’asta la mia famiglia non fu ammessa.

Mi ripresi molto tempo dopo da questo tremendo shock e il 13 febbraio 2000 varai il motopeschereccio “Nunne Pocce”, costruito a Giulianova. Grazie a questo moto pesca terminai la mia carriera di marinaio; attualmente ho ceduto l’imbarcazione a mio figlio Pier Domenico, che continua il mio mestiere”.

Secondo lei la pesca negli ultimi anni è cambiata?

“Sì, è cambiata perché stiamo mettendo molto ferro in mare ed abbiamo distrutto l’habitat naturale del pescato. Secondo me molte specie di pesce stanno scomparendo perché c’è un uso massiccio di attrezzature di ferro”.

Secondo lei è diminuito il pescato? Ed il numero dei pescatori?

“Sì, sono diminuiti entrambi. Il numero dei pescatori è calato perché non c’è il ricambio generazionale”.

Consiglierebbe la vita del pescatore alle nuove generazioni?

“No, perché i giovani d’oggi non hanno la passione per questo mestiere. L’amore per il mare mi ha spinto ad investire tanto capitale economico nella costruzione dei miei motopescherecci”.

Ora che è in pensione, come trascorre le sue giornate?

“Amo molto stare all’aria aperta, quindi mi dedico al giardinaggio e a fare lunghe passeggiate al porto”.